In calo i fondi europei destinati al sostegno dei Paesi meno avanzati

Economia | 30 ottobre 2018
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I fondi europei destinati alla cooperazione allo sviluppo dei paesi meno avanzati sono diminuiti negli ultimi anni, raggiungendo il valore minimo di 14 miliardi di euro nel 2017. Il che, tradotto in termini percentuali, significa il 19% del bilancio totale degli aiuti dell’Unione europea. L’ammontare dei finanziamenti comunitari a favore dei paesi in via di sviluppo ha registrato un trend decrescente dal 2012. Basti pensare che, ad esempio, nel 2016 i fondi per la cooperazione hanno rappresentato il 22% del budget comunitario, per un ammontare di 16,4 miliardi. Dunque, nell’arco di un anno, sono stati destinati al settore in esame 2,4 miliardi in meno. Tale contrazione è da ricondurre al calo delle spese per l’accoglienza dei rifugiati nei paesi dell’Unione (-10%) e a quelle per la riduzione del debito nei paesi in via di sviluppo (-82%), come riportato nell’ultimo rapporto AidWatch 2018 di Concord Europa, una confederazione di 2600 Ong dei 28 paesi dell’Unione europea. 

Paradossalmente, infatti, nella voce di spesa “cooperazione” vengono conteggiate risorse che non sono concretamente trasferite ai paesi in via di sviluppo. Si parla, dunque, di “aiuto gonfiato” dal momento che i fondi destinati alla cooperazione sono utilizzati per finalità diverse allo sviluppo, ovvero si tratta di risorse che rimangono nei paesi donatori. In particolare, tali finanziamenti sono distratti per le spese connesse all’accoglienza dei richiedenti asilo politico, per la riduzione o riscadenzamento del debito dei paesi meno avanzati, per pagare gli interessi sul debito, per sostenere i costi per gli studenti dei paesi in via di sviluppo in Europa e per gli aiuti legati, cioè assegnati ai paesi poveri solo a condizione che vengano usati per fare acquisti nei paesi donatori. In altre parole, ciò significa che l’aiuto “genuino”, rivolto ai progetti di cooperazione in senso stretto, ha un peso secondario. A titolo esemplificativo, focalizzandoci sul nostro paese, il 78,75% degli aiuti del governo italiano verso i governi in via di sviluppo previsti per il 2016 non è mai arrivato a destinazione. Infatti, solo 496 milioni degli oltre 2,3 miliardi dei fondi bilaterali hanno rappresentato un aiuto genuino, sono cioè stati impegnati per costruire scuole, ospedali e altre strutture volte allo sviluppo economico e sociale in Africa, Asia e America Latina.

Tra le spese conteggiate nella cooperazione allo sviluppo vi sono, paradossalmente, anche quelle per la sicurezza, ossia quelle per l'addestramento di militari che verranno coinvolti in attività di sviluppo e di aiuti umanitari. La legittimazione delle spese militari sotto la voce cooperazione allo sviluppo giunge dal comitato Dac dell’Ocse che, nel 2016, si è fatto portavoce del bisogno degli stati e degli investitori dell’UE di avere maggiore sicurezza nei paesi in via di sviluppo. La Commissione europea, infatti, ha creato meccanismi di finanza mista - che combinano fondi pubblici agevolati con finanziamenti privati non agevolati - per favorire il coinvolgimento del settore privato nella promozione dello sviluppo. In particolare, nel 2017 l'Ue ha promosso il piano europeo per gli investimenti esterni (Eip) e il Fondo europeo per lo sviluppo sostenibile (EFSD) per proteggere gli investitori privati che operano in ambienti difficili. Anche numerosi stati membri dell'Ue hanno dato vita a meccanismi che agevolano il cosiddetto "blending", finanziamenti misti che di fatto consentono l’accesso del settore privato profit alle risorse Aps. 

Così, al timore che nei programmi di cooperazione vengano inclusi quelli per il finanziamento di programmi di controinsurrezione o di sovvenzioni all'aggressione militare – timore tutt’altro che infondato dal momento che, negli ultimi tre anni, la maggior parte degli Stati membri dell'Unione ha aumentato i fondi per il settore “pace e sicurezza” - si aggiunge quello che i donatori possano concedere aiuti ai paesi in via di sviluppo solo a condizione che vengano impiegati a favore delle imprese europee.

 di Alida Federico

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