Immigrazione, troppi minorenni vittime di abusi

Società | 25 agosto 2015
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«Dalle testimonianze che raccogliamo ogni giorno nei porti dove sbarcano i migranti soccorsi nel Canale di Sicilia da parte di minori, spesso non accompagnati, abbiamo purtroppo la conferma di abusi e maltrattamenti di ogni tipo subiti in Libia prima della loro partenza». Lo afferma Giovanna Di Benedetto, portavoce di Save the children, commentando la morte del ragazzo somalo deceduto a bordo della nave Dignity di Medici senza Frontiere in seguito alle percosse e ai maltrattamenti avvenuti in Libia, dove sarebbe stato costretto a lavorare senza cibo nè acqua.«Purtroppo - osserva la portavoce dell'organizzazione - il caso di questo ragazzo somalo non è isolato. In questi mesi abbiamo ascoltato i racconti di tantissimi minori e tutti ci hanno parlato delle condizioni atroci in cui sono stati costretti a vivere, nei centri di detenzione libici o nei luoghi dove i trafficanti concentrano i migranti prima di imbarcarli.Proprio i minori e le donne sono vittime del numero maggiore di abusi, perchè sono le persone più deboli e vulnerabili».<WC1> Nel corso del viaggi dai paesi di origine, e poi in Libia - rende noto Save the Children - la necessità di reperire il denaro per la traversata verso l'Europa espone i minori soli, a volte anche molto piccoli, di 11, 12 o 13 anni, ad ogni tipo di violenza, sfruttamento e abuso, come raccontano le testimonianze raccolte dagli operatori dell'organizzazione.A., 16 anni, è partito dal Senegal e attraverso Mali, Burkina Faso e Niger, ha raggiunto la Libia, dove ha lavorato per sei mesi: «Nei campi ero costretto a raccogliere per tutto il giorno una pianta spinosa che mi ha lasciato ferite ovunque nelle mani e nelle braccia. La notte eravamo richiusi e ci picchiavano perchè non scappassimo, mi hanno picchiato così forte che mi hanno rotto un braccio». Anche I.B., 16 anni, è del Senegal, e arrivato in Libia è stato subito arrestato e rinchiuso; in prigione lo picchiavano bastonandogli i piedi due volte al giorno e volevano un riscatto di 1000 dinari per liberarlo. M., 15 anni, del Gambia, lavorava in un magazzino in Libia ma quando ha chiesto i soldi della paga gli hanno frantumato due dita con un martello ed è dovuto scappare, come ha fatto anche D., 15 anni, della Costa d'Avorio, che faceva il muratore con orari massacranti ma non è stato mai pagato.«È indispensabile innanzitutto tutto che questi minori vengano accolti, assistiti e protetti con la massima attenzione e ricevano il supporto necessario per essere curati, per ristabilirsi e superare i gravi traumi subiti per mesi o anni durante il loro terribile viaggio. Ma è altrettanto urgente che l'Europa attivi al più presto, ed espanda ulteriormente, il programma di re-insediamento, per consentire, in particolare ai più vulnerabili tra i profughi in fuga da guerre e violenze, di raggiungere i paesi di destinazione senza essere costretti a consegnarsi nelle mani di trafficanti e sfruttatori capaci di ogni efferatezza». 


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