Il valore degli immigrati in Italia
Gli immigrati in Italia producono l'8,8% della ricchezza nazionale, per una cifra complessiva di oltre 123 miliardi di euro. A livello territoriale la Lombardia, il Lazio, l'Emilia Romagna e il Veneto producono oltre il 60% della ricchezza totale. Quasi la metà dei 123 miliardi di "PIL dell'immigrazione" deriva dal settore dei servizi (46,6%), ovvero il settore in cui si concentra quasi la metà degli occupati stranieri (45,8%). E poi c'è l'apporto economico che si traduce anche in impulso all'imprenditoria: nel 2013 sono oltre 600 mila gli imprenditori nati all'estero, alla conduzione di quasi 500 mila imprese. Spostandosi sull'apporto fiscale dell'immigrazione, i contribuenti nati all'estero nel 2013 sono oltre 3,5 milioni, pari all'8,5% del totale (+9,3% rispetto al 2008). Contemporaneamente, la presenza di contribuenti stranieri si traduce in un introito per le casse dello stato: l'Irpef versata dai contribuenti nati all'estero nel 2013 ha apportato un gettito complessivo di 6,7 miliardi di euro, pari al 4,4% del totale. Infine c'è il bilancio dei costi e benefici dell'immigrazione da un saldo in attivo di quasi 4 miliardi di euro, dovuto alla struttura demografica degli stranieri che pesano meno a livello sanitario e pensionistico rispetto agli italiani.
Cercando di capire quale sia il ruolo della carta stampata italiana sul tema dell'immigrazione e qual è il ruolo che ricopre nella costruzione dell'immagine degli immigrati nell'opinione pubblica, la Fondazione Leone Moressa con il sostegno di Open Society Foundations, nel volume "Il valore dell'immigrazione" ha analizzato il rapporto tra comunicazione e stereotipi sull'immigrazione. Lo spaccato che ne viene fuori pone in evidenza un'attenzione dei giornali focalizzata soprattutto sui fatti di cronaca e sugli sbarchi, trascurando il contributo economico dell'immigrazione al nostro sistema nazionale. Eppure in Italia lavorano oltre 2 milioni e 400 mila stranieri (dato aggiornato ai primi 9 mesi del 2014), con un tasso di occupazione pari al 57,1 (rispetto al 41,8 degli italiani). Gli stranieri rappresentano il 10,8% dei lavoratori totali e rispetto allo stesso periodo del 2010 registrano una crescita di 367 mila unità, nonostante la crisi abbia portato il tasso di occupazione ad una perdita di 5 punti percentuali.
Il lavoro della Fondazione Leone Moressa è stato sintetizzato in 9 raccomandazioni rivolte a operatori del settore e giornalisti, con l'obiettivo di agevolare la narrazione dei fenomeni e promuovere un'immagine dell'immigrazione più vicina alla realtà e libera dagli stereotipi. Non si può considerare il fenomeno migratorio, infatti, solo come un'emergenza e quindi come un elemento provvisorio e temporaneo, ma come parte della società italiana. In Italia, come nel resto d'Europa, l'immigrazione è da anni un fenomeno strutturale. Sono 4,9 milioni i residenti stranieri, 8,1% della popolazione residente (Istat, 1 gennaio 2014); 77 mila i nati stranieri, 15,1% delle nascite (Istat, 2013); 802 mila gli alunni stranieri, 9,0% del totale (MIUR, a.s. 2013/2014); 2,4 milioni gli occupati stranieri, 10,5% del totale (Istat, 2013); 600 mila gli imprenditori stranieri, 7,8% del totale (Infocamere, 2013). Tra le raccomandazioni si legge che è essenziale raccontare la complessità dei fenomeni. La realtà, solitamente, presenta sfaccettature che intersecano diversi ambiti (politico, economico e sociale) e pertanto ogni problematica non può prescindere da un approccio olistico. Le migrazioni, qualunque sia la ragione che spinge a partire, sono il frutto di innumerevoli aspetti sociologici, antropologici, economici e politici. Ridurre la trattazione dell'immigrazione ai soli fatti di cronaca rappresenta una sottovalutazione della complessità del fenomeno. Una reale conoscenza della "geografia umana" dell'immigrazione e delle sue dinamiche nel territorio italiano e un'analisi approfondita dei dati a essa riferiti permettono una lettura più corretta del fenomeno migratorio in termini di complessità e di riduzione degli stereotipi. Nel racconto delle storie degli immigrati, dunque, è importante approfondire anche il contesto di riferimento, illustrando le cause degli eventi e le interconnessioni con altri fenomeni nonché raccontare modelli positivi di integrazione. In Italia, ad esempio, sono sorte dal basso esperienze di integrazione positive, promosse da istituti scolastici, imprese, associazioni, comitati di quartiere, parrocchie. In questi casi si è potuto assistere ad esperienze di convivenza e multiculturalità ancora oggi presenti in molte realtà.
Tra le raccomandazioni c'è anche quella di dar voce ai protagonisti. Riconoscere il valore dell'immigrazione significa, infatti, dare spazio e voce ai diretti interessati. Un principio che potrebbe essere adottato è certamente quello di guardare al fenomeno dell'immigrazione anche "dalla parte dell'altro", dalla parte cioè delle popolazioni immigrate, considerando queste ultime come un insieme di soggetti portatori di bisogni e aspirazioni, desiderosi, inoltre, di emancipazione sociale. Bisogna poi cambiare il concetto di diversità e darne una visione più ampia e non solo negativa rispetto alla cultura autoctona. Per evitare di contribuire a forme di discriminazione o esclusione, è dunque opportuno rinunciare ad utilizzare la propria cultura di appartenenza come metro di giudizio assoluto nei confronti di tutte le altre, aprendosi invece al confronto con la diversità e valutando le opportunità derivanti da una società multietnica. Oltre ad un discorso prettamente "morale" sul valore della diversità, va considerato l'apporto dell'immigrazione all'economia dei paesi riceventi. Si pensi ad esempio al ruolo di ingegneri cinesi o indiani nelle imprese più innovative della Silicon Valley. La realtà dell'imprenditoria straniera, fatta di quasi 500 mila imprese in Italia e 85 miliardi di euro annui di valore aggiunto, non può limitarsi agli episodi negativi: è un fenomeno in espansione che può rappresentare un'opportunità di crescita (economica, culturale e sociale) che generi interazioni e sinergie anziché competizione tra italiani e stranieri. C'è da considerare poi che l'immigrazione non fa abbassare i salari e non toglie lavoro agli Italiani. Anzi, con la crisi la condizione degli stranieri è peggiorata più di quella degli italiani (-9,0 punti di tasso di occupazione contro -2,8). Nel redigere un articolo bisogna valutare la situazione reale dell'occupazione straniera per non dare adito a stereotipi comuni. Dai dati OCSE emerge che le famiglie immigrate contribuiscono maggiormente al bilancio pubblico, a causa degli alti tassi di occupazione e della diversa struttura demografica. L'8,5% dei contribuenti totali in Italia è nato all'estero ed il 63,5% di questi paga l'imposta netta. Nel parlare di immigrazione non bisogna dimenticare l'importanza che questa componente potrebbe avere anche a livello di fiscalità italiana. Pur considerando che non tutti gli aspetti legati all'economia dell'immigrazione sono monetizzabili (si pensi ad esempio al ruolo svolto dalle badanti straniere nel sistema di welfare), si è dimostrato come gli introiti derivanti dall'immigrazione sotto forma di contributi previdenziali, gettito Irpef e altre imposte siano di gran lunga superiori alla spesa pubblica per l'immigrazione. La Fondazione Leone Moressa invita infine a spostare l'attenzione mediatica sull'immigrazione e sui temi reali, cominciando a vedere gli stranieri come attori economici e sociali ormai radicati nel nostro paese, non più riducibili a presenza transitoria o marginale.
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