Il Teatro Biondo porta in scena Plauto, il Massimo esalta Beethoven
Il Teatro Massimo di Palermo, invece, ha riaperto i cancelli ieri sera per la prima volta, dopo il lockdown, con uno spettacolo che è un inno alla pietà umana, un programma particolarmente adatto a ciò che il mondo intero sta vivendo e che l’Italia ha affrontato. Persino la monumentale scalinata si è animata con un video mapping che raffigura cascate d’acqua, lame di fuoco, mani che si stringono e infine la maschera dionosiaca che accompagna il pubblico in un teatro del tutto diverso. Tutti si fermano davanti al termoscanner, temperatura presa, mascherina e su nei palchi per una visione circolare dello spettacolo. In platea l’orchestra distanziata ( e suonare così è più difficile), con Omer Meir Wellber sul podio a dirigere una composizione a lui stesso dedicata. «L'eterno straniero». Al centro dell’orchestra un letto d’ottone, simbolo esplicito del sogno di Beethoven che ispira il melologo per attore e orchestra di Ella Milch-Sheriff, accorata composizione dedicata a chi è costretto a vivere nell’isolamento, nella sofferta solitudine, nell’incomprensione. Dedicata a Beethoven, tanto quanto agli stranieri in fuga. Risuonano sonorità mediorientali, cellule armoniche che strizzano l’occhio a Malher, mentre il bravissimo Eli Danker recita il testo di Joshua Sobol. La regia di Roberto Andò è volutamente lieve, lascia spazio alla commozione della musica e sul tulle che copre il coro viene proiettato un filmato di Luca Scarzella sul deserto del sud d’Israele, il cielo stellato e ancora una volta la maschera del teatro greco lascia il posto al passaggio fluido alla Messa meravigliosa del genio di Bonn. La direzione di Omer Meir Wellber è vigorosa, puntualissima, attenta ai pianissimo e alla dolente magnificenza del Sanctus. Applausi generosi per tutti, per i solisti Marianna Pizzolato e Laura Giordano, per Luis Gomes e Evan Hughes. Perché una Messa? Perché finisce con l'unica preghiera che ci interessi: Dona nobis pacem. Si replica stasera.
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