Il Sud in frenata: dopo quattro anni torna la recessione

28 dicembre 2019
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Dopo quattro anni di crescita l’economia meridionale è nuovamente in calo rispetto al 2018. La pausa natalizia non ha fugato i problemi generati dalla grande crisi finanziaria internazionale, non ha fatto scomparire i drammi dell’oggi, non ha esorcizzato le ombre che gravano sul nostro futuro.

È quanto ci ricorda uno studio che valuta i risultati preliminari dell’economia del Mezzogiorno nel corso del 2019. Elaborato dal Centro studi Confindustria e da SRM (branch per la ricerca sul Sud del think-tank di Intesa Sanpaolo) il rapporto scatta una fotografia nell’ultimo scorcio dell’anno, cristallizzandola in un indicatore sintetico che riassume e utilizza ciò che c’è già sul tappeto: il rapporto Svimez, gli indicatori territoriali di Bankitalia, i dati Istat, Inps, Cerved e Movimprese. E, in questo modo, consente di visualizzare la circostanza che, dopo quattro anni di crescita, l’economia meridionale mostrerà nuovamente un calo rispetto al 2018.

A certificare questo arretramento contribuiscono cinque variabili: la dinamica del Prodotto interno lordo (Pil), quella degli investimenti, la situazione delle imprese, l’andamento dell’export e dell’occupazione. E dai dati emerge un rischio concreto che il Sud si avviti in una spirale recessiva, destinata ad allargare ancor di più il solco con il resto d’Italia.

Se si prende come primo anno di riferimento il 2008, anno in cui i problemi di una banca americana di medie dimensioni sono divenuti guai estremamente grossi per tutto il mondo, i numeri parlano da soli. E dicono inequivocabilmente che l’indice sintetico dell’economia meridionale, dopo alcuni anni nei quali ha tentato un recupero, è tornato a calare, attestandosi ben 30 punti al di sotto dei livelli pre-crisi.

Tra i singoli indicatori considerati nello studio Confindustria-SRM, il Pil evidenzia una mini-recessione (-0,2 per cento quest’anno, secondo Svimez), confermata dall’indicatore trimestrale sull’economia regionale della Banca d’Italia, che nella seconda parte dell’anno segnala un indebolimento più intenso proprio al Sud rispetto al resto d’Italia. Inoltre, il clima di fiducia delle imprese, specie quelle manifatturiere, torna a calare; si arresta la nascita di nuove aziende; gli investimenti si bloccano ad un -32,3% dal picco registrato nel 2008.

L’emergenza occupazione giovanile, inoltre, non accenna a ridursi, e lavora meno di un giovane su quattro. Infine, l’export, che negli anni scorsi era la componente della domanda che aveva sostenuto l’economia meridionale, mostra un andamento altalenante.

L’euro, come si vede dai numeri, non c’entra proprio niente. E restano agli atti della storia sia il dato di fatto che il “Whatever It Takes” di Mario Draghi ha bloccato il rischio di una rottura dell’euro, sia il dato, altrettanto concreto, che le soglie dimensionali delle banche popolari, fissate a dieci in Italia per effetto di una direttiva dalla Commissaria europea alla Concorrenza, Margrethe Vestager, (che questo portafoglio ancora detiene) imponevano e impongono una risposta rapida, prima che ne derivino danni irreparabili ai correntisti delle banche; possibilmente, quindi, senza provocare degli altri autogol per il nostro Paese.

Il Pil, in particolare, appare quest’anno destinato a flettere nel Mezzogiorno o a vedere crescere il divario con le regioni del Nord; ma perfino l’export, che nell’ultima parte dell’anno segnala una timida risalita, risulta in diminuzione rispetto al 2018(-2,8% nei primi nove mesi del 2019 rispetto allo stesso periodo del 2018).

E difficilmente le cose andranno meglio nel 2019. Anche perché, rimarca il rapporto, a partire dal secondo trimestre dell’anno ha cominciato a deteriorarsi il clima di fiducia delle imprese, elemento che, a sua volta, è rinforzato dalla riduzione delle imprese attive, il cui saldo è risultato in diminuzione nel terzo trimestre 2019.

Il trend positivo del credito d’imposta per gli investimenti al Sud (crediti compensati per un valore di 674 milioni di euro nel corso del 2019) ha certamente permesso di limitare i danni, ma i livelli pre-crisi finanziaria del 2008 restano lontani, torna a sottolineare il rapporto Csc-Srm. E un ragionamento analogo viene svolto per gli investimenti pubblici: anche per questi si amplia il divario con il resto del paese nel 2019, mentre persiste la debolezza degli investimenti privati. In definitiva, conclude il rapporto, la legge di bilancio appena approvata, con il pacchetto di misure dedicate al Mezzogiorno, costituisce una prima importante risposta a tale rischio, ma il rafforzamento strutturale della capacità competitiva dei territori meridionali resta un obiettivo di medio periodo imprescindibile.

Come dire: governare è difficile e non lo si può fare, mai, guardando solo al giorno dopo.(Il Sole 24 Ore)

Rossella Bocciarelli



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