Il ruolo educativo e la presenza delle scuole dell’infanzia
L’aver frequentato la scuola dell’infanzia, come emerso anche dalle indagini internazionali che confrontano i diversi paesi, ha un effetto positivo sugli apprendimenti anche tenendo conto del background socio-economico-culturale degli studenti. La frequenza della scuola dell’infanzia rappresenta quindi un momento di formazione fondamentale per tutti i bambini soprattutto per quelli nati in famiglie in difficoltà. Ciò al fine di ridurre il bagaglio di disuguaglianze che spesso si portano dietro. Tale svantaggio non è solo teorico, ma è testimoniato dai risultati dei test Invalsi. Alcuni paesi europei, proprio per avvalorare ciò, hanno deciso di rendere l’istruzione pre-primaria obbligatoria, anticipando l’obbligo scolastico prima dei 6 anni al fine di garantire a tutti i bambini l’accesso alla scuola dell’infanzia ed evitare che si arrivi in prima elementare con divari troppo profondi. C’è un obiettivo europeo a cui tutti i paesi membri devono tendere: nel consiglio di Barcellona del 2002, infatti, furono fissati due target in termini di offerta di servizi per i bambini in età prescolare. Gli obiettivi europei di Barcellona riguardano la diffusione di asili nido, servizi e scuole per l’infanzia. Questi devono essere offerti almeno al 33% dei bambini sotto i tre anni e al 90% dei bambini tra i 3 e i 5 anni. Su quest’ultimo target l’Italia è ancora indietro: rientra, infatti, tra i paesi virtuosi per la cura della fascia d’età compresa tra 3 anni e la scuola dell’obbligo.
Nella classifica europea- secondo il rapporto di Openpolis- l'Italia è nona, e con il 92,6% di bambini tra 3 e 5 anni accolti in scuole d'infanzia supera pienamente il traguardo. Ai primi posti spiccano Belgio (con una percentuale prossima al 99%), Svezia (96,6%) e Danimarca (95,9%). Agli ultimi posti, con il 60% o meno di bambini accolti in strutture pre-primarie, la Grecia e alcuni paesi dell'est (Polonia, Romania, Croazia). Questi dati riguardano solo il 2016, ma il raggiungimento dell'obiettivo da parte dell'Italia non è episodico. Da diversi anni oltre il 90% dei bambini frequenta le scuole per l'infanzia. Allo stesso tempo però, pur in presenza di un dato ancora elevato, non mancano i segnali di un possibile arretramento. È stato rilevato nell'ultimo rapporto sul benessere equo e sostenibile, pubblicato lo scorso dicembre.
La frequenza della scuola dell’infanzia, nell’anno scolastico 2016/2017, si attesta su livelli molto elevati, anche se nel contesto di una tendenza negativa avviatasi nell’a.s. 2012/2013. L’indicatore usato nel rapporto bes, a differenza di quello Eurostat, calcola la percentuale di iscritti alle scuole dell'infanzia solo tra i bambini di 4 e 5 anni. Al netto di questa precisazione, tuttavia, i due indicatori vanno nella stessa direzione: l'Italia supera il 90%. Ma i dati rilasciati nel rapporto presentato dall'istituto di statistica in dicembre segnalano una tendenza alla contrazione dal 2012. Fino all'anno 2011/12, la quota di bambini iscritti oscillava attorno al 95%. Negli anni successivi questa percentuale si è progressivamente contratta, fino al 91,1% rilevabile con gli ultimi dati disponibili. Una percentuale ancora alta quindi, ma con una sensibile tendenza al calo.
Le poche regioni al di sotto del 90% si avvicinano molto a quella soglia, e alcune di fatto la raggiungono, ad esempio Molise (89,7%) e Calabria (89,6%). Ma anche gap non eccessivi fanno emergere comunque una specificità del centro-sud: tutte le regioni al di sotto della media italiana (escluse Lazio e Lombardia) si trovano nel Mezzogiorno. Tra le regioni annoverate da Istat nel "Mezzogiorno" solo Abruzzo (93,4%) e Sardegna (93,6%) si collocano al di sopra della media nazionale. Si assiste ad un calo dei bambini in età da scuola dell’infanzia nel Mezzogiorno.
Nel periodo 2010/2014 il numero di bambini in età da scuola dell'infanzia è diminuito nel sud e nelle isole, mentre è aumentato nel centro-nord. Una tendenza che ovviamente si ripercuote sul numero di iscritti anche a livello provinciale. In conseguenza del trend demografico troviamo meno iscritti nelle scuole dell’infanzia al sud. Tra il 2010 e il 2014, il numero di iscritti nelle scuole dell'infanzia è, infatti, aumentato o è rimasto stabile nella maggior parte delle province del centro-nord. Nel Mezzogiorno, si segnala la crescita di iscritti in alcune province sarde, in particolare Medio Campidano (+4,7%) e Olbia Tempio (+3%). Ma nella maggior parte delle province del sud il dato decresce in modo consistente. Così come in alcune realtà della Liguria, del Veneto e nelle province di Sondrio, Biella, Verbano-Cusio-Ossola. Sul decremento incide sicuramente il trend demografico segnalato, con la diminuzione dei bambini al sud. Un calo così localizzato da far emergere una chiara spaccatura tra centro-nord e mezzogiorno.
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