Il ruolo della scuola nella nuova prospettiva dei giovani

Società | 2 marzo 2021
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Si è già avuto modo di sottolineare che il vecchio itinerario di un giovane fatto di scuola –lavoro-matrimonio-figli-carriera-pensione non è più sicuro e che bisogna prepararsi ad una società in cui ci saranno meno lavoro dipendente e più attività in proprio. Ora, se si è d’accordo su tale prospettiva, per altro suffragata dall’alta percentuale di giovani disoccupati e di giovani che né studiano e né lavorano, appare necessario che anche la scuola, non solo quella dei mestieri, si ponga il problema del suo adeguamento alla nuova prospettiva non solo dal punto di vista individuale, degli studenti, ma anche dal punto di vista della politica economica, dello sviluppo delle attività economiche.

Non è concepibile che una persona che non trova lavoro o che ha una vocazione diversa esca dalla scuola senza sapere come organizzare un’attività, un servizio, senza conoscere l’importanza dell’economicità e dell’autonomia finanziaria come condizione per la loro sopravvivenza. Non è logico formare una persona da inserire in una economia di mercato senza dotarlo di una pur minima sensibilità economico-finanziaria, senza che ad esempio sappia distinguere un’azione da una obbligazione, ciò tanto più che siamo famosi come risparmiatori.

Non si tratta ovviamente di fare degli specialisti del risparmio, degli investimenti o dell’amministrazione ma, date le circostanze citate in premessa, d’inserire nei piani di studio , prima della conclusione del curriculum scolastico, alcune nozioni utili per l’organizzazione di una professione, di un servizio, di un’azienda oltre che per la gestione consapevole del proprio risparmio. Ciò non solo nell’interesse del singolo professionista, del singolo operatore, ma anche della collettività In fondo fare impresa con successo, svolgere bene un’attività professionale, saper fare investimenti redditizi, non giova solo a colui che la pone in essere ma è utile anche per lo Stato e la società in quanto cresce il prodotto interno lordo, aumentano le entrate tributarie, si creano posti di lavoro, aumenta la domanda globale col maggiore potere d’acquisto distribuito, aumenta il benessere collettivo oltre che quello individuale.

Il problema nel caso italiano è come realizzare l’obiettivo predetto .

La prima esigenza è far prendere coscienza agli studenti, ai loro genitori, ai docenti, agli stessi imprenditori, delle ragioni di opportunità di cui si è detto. partendo dal presupposto che abilità come l’intraprendenza, la capacità organizzativa, la razionalità nell’uso delle risorse non servono solo nel campo economico ma costituiscono vere e proprie esigenze umane della vita concreta.

Poi è necessario un cambiamento di mentalità, soprattutto una rivoluzione nel metodo : specialmente nelle scuole medie superiori bisogna prevedere nei programmi e nella formazione in genere spazi notevoli riservati a testimonianze ed esperienze su casi pratici, limitare lo spazio delle “lezioni frontali” a vantaggio di tecniche didattiche, come il problem solving, più adatte a far percepire la complessità ed il dinamismo delle situazioni pratiche, a far comprendere il travaglio ed il rischio delle decisioni, a far capire l’importanza delle informazioni per la razionalità delle scelte, a far cogliere il rilievo dell’innovazione e dell’intraprendenza nella gestione degli affari.

In ultimo, ma non per ultimo, occorre che ogni scuola superiore sia dotata di un servizio –“orientamento” che in modo professionale aiuti il giovane a scegliere il suo itinerario formativo tenendo conto delle esigenze del mercato del lavoro allo scopo di evitare l’attuale scollamento tra la domanda e l’offerta di lavoro.





 di Diego Lana

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