Il rating di legalità piace alle imprese, boom di richieste

Economia | 28 dicembre 2015
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  È boom di richieste per il Rating di legalità, il riconoscimento attribuito dall'Antitrust alle imprese virtuose. Nel 2015 le richieste sono triplicate, passando da 441 del 2014 a 1.514 (+243%), mentre i casi chiusi dagli Uffici dell'Autorità garante della Concorrenza e del Mercato sono quasi quintuplicati: da 251 a 1.382 (+450%). Lo rende noto l'Antitrust, sottolineando che »evidentemente, all'insegna della trasparenza e del contrasto alla corruzione, i benefici connessi a questo strumento sul piano economico, finanziario e anche reputazionale, inducono sempre più le aziende a rivolgersi all'Agcm per ottenere un 'bollino di qualita«». Più in dettaglio, aggiunge l'Authority, contro i 183 rating attribuiti nel 2014, quest'anno i riconoscimenti sono saliti a 1.083. In parallelo, anche i dinieghi sono aumentati da 6 a 66 e così pure le conferme, passate da 15 a 28. Sono state cinque infine le revoche, rispetto a nessuna nell'anno precedente.Approvato dal Parlamento alla fine del 2012 su pressioni di Confindustria e del movimento antiamfia ed entrato in vigore con il Regolamento dell'Agcm nel 2013, il Rating di legalità è lo strumento »premiale« con cui è stato affidato all'Antitrust il compito di attribuire un punteggio, da una a tre »stellette«, alle imprese virtuose con un fatturato di oltre due milioni di euro annui che corrispondono a una serie di requisiti giuridici, spiega l'Antitrust. Per ottenere una »stelletta«, il titolare dell'azienda e gli altri dirigenti non devono avere precedenti penali o tributari. Oltre a non essere stata condannata nel biennio precedente per illeciti antitrust, l'impresa deve effettuare pagamenti e transazioni finanziarie oltre i mille euro esclusivamente con strumenti tracciabili. Per ottenere un punteggio più alto, il Regolamento indica altri sei requisiti: due »stellette« se ne vengono rispettati la metà, tre »stellette« se vengono rispettati tutti.  Del Rating assegnato dall'Agcm, secondo quanto prevede la legge, »si tiene conto in sede di concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, nonchè in sede di accesso al credito bancario«. In forza della stessa normativa, »gli istituti di credito che omettono di tener conto del rating attribuito in sede di concessione dei finanziamenti alle imprese sono tenuti a trasmettere alla Banca d'Italia una dettagliata relazione sulle ragioni della decisione assunta».


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