Il potere di mimesi delle mafie nella società sempre più permeabile
Ecco le riflessioni degli studenti del Liceo Pacinotti di Fondi sulla videoconferenza del Centro Pio La Torre dedicata all'evoluzione delle mafie nel XXI° secolo dopo la fase stragista del Novecento. Insegnante Doriana D'Ettorre
III B INF ( Agostini, Bonelli, Carroccia, Curcio, Di Trocchio, Zolofra)
La mafia nacque come braccio armato della nobiltà feudale per la repressione delle rivendicazioni dei contadini. A fine ‘800 si strinsero i legami tra mafia e politica, con l’ascesa di mafiosi al potere locale e l’affermarsi della prassi dello scambio di voti e favori, mentre si consolidava un rapporto di dominio-protezione della mafia sul territorio in cui operava. Il salto di qualità coincise con l’emigrazione meridionale negli USA agli inizi del 20° secolo. Essa assunse un ruolo importante nell’immigrazione clandestina, imponendo il proprio controllo sulla forza-lavoro. Negli anni 1920 la domanda contadina di terra e le misure governative per la formazione di nuove proprietà permisero alla mafia di porsi come intermediario tra latifondisti e cooperative contadine. In passato, il fenomeno mafioso è stato considerato frutto di strutture economico-sociali arretrate, di un universo sociale composto da poveri contadini, grandi latifondisti e grandi affittuari, i cosiddetti gabellotti, dai cui ranghi provenivano molti capimafia.
Adesso parliamo del progetto Pio La Torre avvenuto il 18 febbraio ’22:
il tema di questo progetto è l’evoluzione della mafia dopo gli avvenimenti delle stragi, e del fatto che non ci siano ai giorni di oggi questi grandi episodi. La mafia è un’organizzazione segreta clandestina la quale entrano in contatto con le persone per bene. Essa si serve degli uomini dell’istituzione; la mafia si credeva che fosse invincibile ma grazie ai magistrati e forze dell’ordine si rivelò tutt’altro. I due magistrati più importanti sono Giovanni Falcone che fu vittima di un attentato nell’autostrada A29 e Paolo Borsellino, vittima a pochi metri da casa della mamma.
Il primo relatore, il professore Alberto Vannucci, si concentrò sul fenomeno della corruzione della mafia attuale, dicendo che uno dei tanti eventi che cambiò le prospettive e la storia dell’Italia fu accaduto il 17 Febbraio del 1992, l’inizio dell’inchiesta di MANI PULITE e in quel periodo venne arrestato un amministratore di un ente pubblico. Tutto ciò portò alla scomparsa di quasi tutti i partiti politici, ma con il passare del tempo si attuò l’evoluzione tra criminalità e sfera politica che iniziò ad imporre regole di adattamento alle organizzazioni criminali. Per la prima volta queste associazioni, tra cui Cosa Nostra, hanno avuto a che fare con delle leggi emanate dello Stato. Il magistrato Giovanni Falcone diceva che la mafia non si impegna con le attività politiche e che i problemi politici non le interessano più di tanto, fino a quando non viene minacciata nel suo potere e nelle fonti di guadagno.
Il secondo relatore mette in evidenza la modernità di una nuova mafia e la capacità di adattarsi a tecniche e strategie legate alla società. Le mafie incominciarono ad espandersi dopo l’Unità d’Italia. Esse mostrarono molte capacità di adattamento in tutti i campi, in genere i cambiamenti che operavano erano dettati da due condizioni:
1. La necessità di adeguarsi alle repressioni degli organi di sicurezza
2. Delle opportunità che si presentano.
Nel mentre mette a confronto i due tipi di violenza, quella mafiosa e altre forme di violenza che si sono succedute.
Il terzo relatore, il professore Lupo, come il secondo relatore sostenne che la mafia non fu sempre esistita, ma si sviluppò dopo un certo momento. Questo relatore parlò molto delle morti avvenute in un certo periodo e delle catastrofi successe nell’andare avanti nel tempo paragonandoli a dei terroristi, però questi avvenimenti non sono successi molto in Calabria e Sicilia ma bensì nel Lazio e altre parti dell’Italia.
Francesca Abbate, 5 C LSA.
Nonostante il passare del tempo, la mafia non ha mai smesso di diffondersi. Nella IV conferenza del Centro studi Pio La Torre si è parlato dell’evoluzione delle mafie nel XXI secolo dopo la fase stragista del Novecento. La mafia è diventata sempre più compatta e per questo è importante intervenire fino in fondo per scoprire e contrastare i suoi meccanismi, con il lavoro di intelligence degli apparati dello Stato. Le indagini della magistratura confermano l’evoluzione delle organizzazioni mafiose per sviluppare una fitta rete di relazioni e infiltrarsi nella realtà politica ed economica utilizzando la violenza. La mafia investe capitali in soggetti economici deboli: in quelle persone che non possono accedere al credito bancario per la crisi. La criminalità organizzata non ha bisogno di far firmare atti o documenti ma fa azioni illegali nei confronti dei soggetti “sani” ed entra, in questa maniera, nel mercato dell’economia legale. Il codice antimafia prevede delle misure per impedire lo svolgimento di attività economiche da parte della criminalità organizzata, infatti viene richiesta la certificazione antimafia anche per i contratti e i contributi di limitato importo. Sono state anche istituite le “White List” in cui devono iscriversi le aziende: in questo modo possono essere individuati i possibili collegamenti tra imprese e criminalità organizzata. Un ruolo importante è svolto dalla direzione investigativa antimafia (DIA, creata circa trent’anni fa da Giovanni Falcone) che effettua il monitoraggio costante degli appalti. La mafia nasce su un territorio specifico per poi proiettarsi altrove e controllare tutti i possedimenti con l’uso della forza. Per contrastare le organizzazioni criminali è necessario attivare tutti gli strumenti previsti dalla normativa antimafia. Vengono in questi casi applicati dei controlli sull’attività dell’impresa per recuperarne la legalità da quando fu coinvolta in fenomeni di infiltrazione mafiosa. In questo periodo verrà certificata la concreta applicazione di questa normativa per verificare la piena funzionalità dei diversi strumenti nel codice antimafia. La mafia è pronta a saltare qualsiasi ostacolo pur di guadagnare denaro illecitamente e si modernizza anche essa con l’evolversi della società.
Leonardo Iudicone 5 C Lsa
L’evoluzione delle mafie nel XXI secolo
Tra mafia e politica c’è sempre stata una forte intercorrelazione nel corso degli anni. Giovanni Falcone disse: ”La mafia non si impegna volentieri nell’attività politica finché non si sente minacciata nel suo potere e nelle sue fonti di guadagno”. Sia l’organizzazione mafiosa, sia la classe politica che ne entra a far parte, traggono da questa collaborazione molti vantaggi in termini, ad esempio, di appalti pubblici o nella gestione di organizzazioni da parte di persone in contatto con le organizzazioni mafiose. Basti pensare a tutti quegli omicidi che sono stati effettuati senza che lo Stato abbia intrapreso una vera e propria azione di natura repressiva.
Mafia e politica sono due poteri che vivono sotto il controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo.
Il 17 febbraio 1992, il fenomeno di Mani Pulite, porta alla distruzione al rinnovamento di molti partiti politici e ad una nuova “mafia”. A partire da allora, lo Stato ha iniziato in modo più rigoroso a fare la guerra alle mafie. Il fatto che non ci siano più stragi eclatanti, come quelle accadute nel secolo scorso, non vuol dire che essa sia stata estinta ma solo si è evoluta in un’altra maniera: il fenomeno corruttivo è una delle espressioni dell’attuale organizzazione mafiosa.
Negli anni lo scambio tra mafia e politica non si è interrotto ma ha cambiato modalità, si sono creati nuovi equilibri che hanno portato a una ridefinizione dei ruoli. Le mafie reagiscono e si adattano ricorrendo meno a strumenti di violenza e intimidazione e dando più importanza ad un’azione di controllo e condizionamento dei mercati legali e illegali: più attenzione agli affari, meno al territorio. Si mettono in atto atteggiamenti di cooperazione e coordinamento anche verso le altre organizzazioni criminali. Si creano dei gruppi, anche variabili, per gestire determinati affari. All’intimidazione si preferiscono usare strategie di corruzione e “monitoraggio” dei voti.
Ultimamente la mafia ha autorizzato strategie di espansione verso territori di non tradizionale insediamento, come la propensione a delocalizzare all’estero alcune attività.
Storicamente si fa risalire la nascita della mafia all’inizio dell’800, per poi espandersi dopo l’Unità d’Italia. Si è modificata nel tempo ma è sopravvissuta ad ogni regime politico.
I mafiosi non sono criminali comuni ma hanno una loro criminalità particolare, con i propri riti e le proprie ideologie.
Il fatto che le organizzazioni mafiose siano sempre esistite non vuol dire che siano invincibili. La loro caratteristica vincente non è né la forza militare, né il consenso, ma è il rapporto con coloro che avrebbero dovuto eliminarle. La loro sorte è legata al tipo di contrasto che incontrano e, se non viene sufficientemente ostacolata, non sarà mai sconfitta. Le mafie sono la prima forma di violenza popolare che ha rapporti con i rappresentanti delle istituzioni.
Essa è divenuta più forte grazie ad un’accumulazione dovuta al controllo della produzione, soprattutto, al commercio delle droghe. Non si può consentire alle organizzazioni mafiose di avere il monopolio di un traffico, come quello delle sostanze stupefacenti, che si basa sulla domanda e sull’offerta.
L’uso della parola “mafia” al singolare non basta più: esistono le mafie. Ciò comporta il riconoscere che esse si riproducono in diversi contesti.
A noi viene chiesto di avere una coscienza, di capire quali sono i comportamenti illeciti e di prendere posizione in modo che la società e lo Stato siano incoraggiati ad agire.
Secondo il mio parere, per prevenire le azioni illecite delle organizzazioni mafiose all’interno dello Stato, bisogna avere una politica chiara. I cittadini devono far notare alle istituzioni le situazioni illegali che accadono all’interno dei comuni. E’ necessario sensibilizzare tutti, giovani e bambini, che la legalità è e sarà sempre possibile.
Francesco Maria Anselmo 4b Lsa
La quarta videoconferenza del Centro Studi Pio La Torre tenutasi venerdì 18 Febbraio, ha presentato come tematica principale l’evoluzione delle mafie nel XXI secolo dopo la fase stragista del Novecento. Abbiamo inizialmente ascoltato le opinioni del docente UNIPI Alberto Vannucci che analizza i rapporti tra politica ed organizzazioni criminali ed afferma che la mafia si impegna nella politica solo se si sente minacciata da essa o se deve stipulare accordi per guadagnare soldi. Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio e, testimoniano tali cose, le confessioni di molti collaboratori di giustizia. In Sicilia i rapporti tra mafia e politica venivano chiamati “ i meccanismi a tavolino” perchè mafia e politici si spartivano appalti, lavori pubblici ed altro. A partire dal 1992 lo stato ha iniziato a fare la guerra alle mafie ed ha cominciato ad esercitare una repressione sulle organizzazioni criminali. Le associazioni mafiose si sono adattate ricorrendo meno alla violenza ma puntando sul territorio (Mafia Capitale) ed assumendo una forma reticolare o puntando all’estero. Le mafie esercitano, oggi, rapporti con la politica sporcandosi poco le mani di sangue, preferiscono mettersi al servizio della stessa per ottenere favori o altro ne è esempio lampante di questi giorni la frode del bonus fiscale per l’ edilizia. Sono i colletti bianchi, oggi, a stringere attività di scambio con le organizzazioni mafiose: essi rappresentano in pieno il nuovo volto della mafia contemporanea. L’intervento del professor Isaia Sales chiarisce la data di inizio delle mafie: esse sarebbero nate agli inizi dell’ Ottocento, non risalgono alla notte dei tempi, non sono invincibili perché come hanno avuto un inizio possono avere una fine. Le mafie sono forti nel tempo non per la forza militare, né per il consenso; esse sono forti per il rapporto con i rappresentanti delle istituzione. Oggi le mafie sopravvivono nonostante numerosi molti loro affiliati siano stati arrestati e condannati: perché? Perchè le mafie si sono espanse oltre il loro territorio d’origine e sono proiettate verso affari economici e commerciali nazionali ed internazionali. Le mafie hanno potere economico e non solo per il traffico di droga ,infatti, nel Nord Italia le mafie si sono introdotte nell’economia e solo uno Stato serio potrebbe bloccare questo fenomeno, se volesse e non avesse rapporti con le stesse.
Il professor Lupo riafferma che la mafia non è sempre esistita ma da quando è apparsa, per molti anni, ha lasciato sulle strade molte vittime ed anche “ vittime illustri” ma, questa scia di morte non ha portato a nessun risultato positivo per essa. Oggi il terrorismo mafioso è finito, la fase corleonese sembra conclusa, niente morti, poche violenze, ma continua ad esistere! E va contrastata perché illecita! Esistono le mafie e sono frutto della società moderne, di stati moderni e favoriscono sempre qualcuno, alimentano circuiti economici danneggiando più persone di quelle che favoriscono. Per contrastare le mafie noi dobbiamo avere una coscienza, essere educati alla legalità. La conferenza continua con le risposte dei Docenti alle domande dei partecipanti e si conclude con l’ intervento del professor Lupo sui diritti civili anche per i detenuti che vanno rispettati e rieducati alla convivenza sociale .
Toma Cosmina Narcisa 4b Lsa
L’ultima conferenza del progetto educativo “Pio La Torre”, tenutasi il 18/02/2022, ha avuto come tema la storia della mafia e i rapporti che le permettono tutt’oggi di esistere. Innanzitutto si è detto che la mafia non è sempre esistita e le sue origini sono collocate intorno alla fine dell’800, ovvero dopo l’unità d’Italia. La caratteristica principale delle mafie è la forza di sopravvivenza nonostante i vari regimi politici, questo perché le organizzazioni di stampo mafioso non mirano a conflitti con coloro che dovrebbero reprimerle, ovvero lo Stato, esse tendono invece a creare rapporti, legami con questi ultimi.
Infatti si è anche notato che questo è l’unico punto di forza delle mafie, che non hanno il fondamento di forza nelle armi, nella violenza o nel consenso popolare. Quindi per combattere e sconfiggere definitivamente le mafie si dovrebbero cercare attentamente questi punti di contatto tra loro e i membri dello Stato per poterli successivamente rompere. Il problema è che la corruzione è molto presente nella politica, negli affari e nella giustizia dei nostri tempi, infatti le organizzazioni mafiose hanno relazioni di tutti i tipi, come ad esempio politiche, sociali e soprattutto economiche. Mi soffermo su quest’ultima affermazione per poter parlare di un argomento che mi ha stupito e di cui non ero a conoscenza fino all'intervento del professore Isaia Sales durante la conferenza; sappiamo bene che le mafie si muovono più velocemente lì dove c’è poca democrazia, quindi nelle zone più arretrate. Sappiamo anche che il principale capitale delle mafie è dato dal commercio di droga che è oggi al secondo posto al mondo.
Nonostante la mafia cerchi zone più lontane dalla democrazia e quindi ci aspetteremmo di trovarla principalmente nel sud, la Lombardia è la quinta regione in Italia per omicidi mafiosi; infatti tra il centro e il nord Italia ci sono più di 180 clan mafiosi che ultimamente hanno cambiato modo di agire. Paolo Borsellino, vittima di Cosa nostra, affermava che la politica e la mafia sono due poteri che vivono sullo stesso territorio, quindi o si fanno la guerra o si mettono d’accordo; sembra che i mafiosi abbiamo ascoltato questa sua affermazione poiché al giorno d’oggi si spartiscono pacificamente le gare di appalto con lo Stato; inoltre è presente una certa simbiosi tra alcune componenti della politica e le associazioni mafiose.
Si è poi parlato di “terrorismo” e della principale differenza tra esso e le mafie, ovvero che il primo tende ad attaccare frontalmente lo Stato, la seconda invece cerca relazioni con quest’ultimo, quindi si parla di un attacco più moderato. In aggiunta bisogna dire che la mafia è anche diversa dalla criminalità organizzata. Per questo non viene più utilizzato il termine “mafia” ma è stato sostituito con “mafie” poiché sono talmente tante le attività di cui si occupano.
Per combattere quindi le organizzazioni mafiose è necessaria la presenza di due fronti d’azione, quello etico, di cui facciamo parte tutti noi, e quello politico, di cui dovrebbe occuparsene lo Stato. Negli ultimi anni ci sono stati molti arresti e sono state confiscate molte proprietà appartenenti a membri dei clan mafiosi, questo per dire che è possibile sconfiggere le mafie, bisogna solo lottare contro di esse e non sostenerle, altrimenti sarà una storia che non finirà mai.
Marco Brizzi classe 4 A LSA
Il tema principale della quarta conferenza del Progetto educativo antimafia del Centro Studi Pio La Torre, tenutasi il 18 febbraio ’22, è stato quello dell’evoluzione delle mafie negli ultimi decenni e del cambiamento dopo la fase stragista degli anni 80 e 90.
I relatori coinvolti nella conferenza sono stati: Alberto Vannucci, professore di Scienza politica presso l’Università di Pisa, Isaia Sales, docente dell’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli e Salvatore Lupo, storico e docente dell’Università di Palermo.
L’intervento che più mi ha colpito è stato quello di Isaia Sales, in quanto ha risposto in maniera esaustiva alle domande che mi ero posto prima di assistere alla conferenza.
Il professore inizia il suo intervento parlando dell’origine delle mafie, la quale è databile intorno all’inizio dell’ottocento. La caratteristica più importante delle organizzazioni mafiose, evidenziabile sin dagli albori della loro esistenza, è quella dell’adattamento: le mafie infatti, sopravvissero all’Unità di Italia e a tutte le diverse forme di Governo che sopraggiunsero senza risultare danneggiata.
Adattarsi vuol dire cambiare, mutare, ma che cos’è, parlando più precisamente, che causa il cambiamento nel modo di agire mafioso? Sales individua le cause di queste evoluzioni nell’oppressione statale, la quale genera un’inevitabile mutazione nelle azioni dei mafiosi per motivi di “sopravvivenza”. Altra motivazione delle evoluzioni consiste nella disponibilità di opportunità che continuamente si presentano in alternativa a quelle negate.
Punto importante del discorso del docente è il seguente: le mafie non sono sempre esistite, di conseguenza non sono invincibili, sono nate e possono avere una fine. Proprio in appoggio a questa sua convinzione, Sales fa esempi di altre organizzazioni criminali che sono nate e si sono estinte nel corso della storia, come ad esempio quella dei briganti o quella dei pirati. Allo stesso tempo, però, non è possibile, continua il docente, considerare queste organizzazioni simili o contrastabili con gli stessi mezzi. È infatti necessario differenziare la violenza mafiosa dalle altre forme criminali.
Ad esempio, un luogo comune inerente alle mafie è quello riguardante la loro forza: le mafie hanno anche un’organizzazione di tipo militare, ma non è questa la motivazione della loro potenza. Paradossalmente, briganti e pirati, che da tempo sono stati sconfitti, erano molto più armati delle organizzazioni mafiose odierne, basti pensare ai cannoni presenti sulle navi dei pirati. Altra affermazione comune, ma errata, riguarda il presunto consenso popolare che hanno i mafiosi. Pirati e briganti erano molto più appoggiati dal popolo, magari per motivazioni riguardanti i loro differenti metodi di violenza oppure per la loro continua opposizione alle istituzioni, eppure sono stati sconfitti.
Ma allora la domanda sorge spontanea: se non è la forza, se non sono le armi, se non è il consenso popolare, In che cosa consiste il potere delle mafie? Consiste nella violenza di relazione. Per “relazione” si intende l’insieme dei rapporti che il mondo mafioso riesce a stringere con le istituzioni, con lo stato, con l’economia, riuscendo a trarne un grande vantaggio. La mafia, dunque, è la prima forma di violenza che ha rapporti con i rappresentanti delle istituzioni, cosa che le organizzazioni precedenti non avevano. I mafiosi vivono all’interno delle istituzioni, non in contrapposizione, mentre tutte le altre forme di criminalità (presenti e passate) si oppongono alle forme di autorità dello stato, tentando di evadere dal loro controllo.
Successivamente a queste analisi necessarie a comprendere a pieno le motivazioni del potere mafioso, Isaia Sales decide di parlare dell’ambito economico.
Le relazioni economiche, specialmente negli ultimi decenni, sono diventate un campo aperto e facilmente espugnabile per le mafie, una strada nuova per il loro radicamento. Anche grazie allo sviluppo economico, il raggio d’azione delle mafie si è espanso ancora di più, facendo cadere un altro luogo comune presente nella mentalità popolare, cioè la debolezza delle mafie al di fuori delle loro basi nel sud Italia. Tramite l’esposizione di dati certi, il professore smonta quest’idea comune spiegando come nel centro-nord Italia siano diffusi più di 180 clan mafiosi provenienti da varie regioni del sud. Sales continua affermando che la Lombardia è la 5^ ragione per crimini di origine mafiose. Secondo altri studi che calcolano l’Indice di presenza mafiosa in base a reati e illeciti riconducibili a questo tipo di criminalità, si evidenziano 10 province del nord fra le prime trentasei dell’elenco. Ecco che, tramite questi dati, Sales afferma che le mafie si radicano ovunque trovino delle buone condizioni. Altro importantissimo pregiudizio che, alla luce di questi dati risulta essere errato, è quello che vede la mafia presente solo in zone arretrate culturalmente, dove la popolazione è più facilmente manipolabile o dove la partecipazione democratica è minima.
Considerando tutti i dati precedenti, il professore definisce la mafia “una violenza che diventa potere stabile”, la quale può esistere anche fuori dal proprio territorio e che ci costringe ad indagare anche e soprattutto sul piano economico, negli ultimi anni molto più di prima.
Per dare valore a quest’ultima affermazione è necessario aprire una piccola parentesi storica: se facciamo una piccola ricerca nella storia dei decenni passati, si può ben notare che Pio La Torre, agli inizi degli anni ottanta, fu il primo ad intuire in maniera geniale che, se l’ambito economico e patrimoniale era la forza maggiore delle organizzazioni mafiose, allora poteva diventare anche il loro tallone d’Achille. Nel 1982 infatti, grazie alla legge Rognoni-La Torre, venne introdotto nel codice penale italiano il reato di “associazione di tipo mafioso” e la conseguente possibilità di intaccare i beni patrimoniali ed economici dei soggetti imputati.
Per concludere l’intervento, il professore parla di sproporzioni fra le leggi dello stato e le leggi dell’economia. Ad esempio, dal 2014 conteggiamo nel bilancio nazionale la ricchezza di tre attività che sono in parte legate alla mafia. Il fatto che lo stato conferma la loro illegalità, ma poi le conteggia nel bilancio nazionale è una palese contraddizione. Per eliminare la mafia dalla nostra esistenza è dunque necessario un cambiamento radicale nell’approccio ai crimini mafiosi.
L’accurata descrizione del docente, fornita anche di precisi dati statistici, permette di comprendere il fenomeno mafioso nella sua interezza. Più si conosce il loro modo di agire e più si ha un’idea completa dei loro movimenti, più diventerà semplice batterli.
Sicuramente il fenomeno mafioso è un problema di lunga durata, che muta, ha caratteristiche diverse e pericolose, ma che tramite lo studio e la conoscenza, può essere battuto.
ALESSIA DI TROCCHIO - IV A LSA
Relazione IV videoconferenza Pio La Torre
Venerdì 18 febbraio 2022 si è tenuta la IV videoconferenza presso il centro studi Pio La Torre, alla quale hanno partecipato più di 600 scuole italiane.
Il tema portato avanti durante questo dibattito è stato l’evoluzione delle mafie nel XXI secolo dopo la fase stragista del Novecento.
Alla discussione, moderata da Rita Barbera, vicepresidente del Centro Studi Pio La Torre, hanno preso parte:
- Salvatore Lupo, storico e docente UNIPA
- Isaia Sales, docente all’ Università Suor Orsola Benincasa di Napoli
- Alberto Vannucci, docente UNIPI
In particolare Isaia Sales si è soffermato sulla straordinaria capacità di adattamento delle mafie. Ha paragonato queste ai briganti, facendo notare che, come quest’ultimi, anche le associazioni mafiose possono scomparire ma, a differenza dei briganti, continuano ancora ad esistere; allora perché tutte le forme criminali che hanno contrapposto il loro potere armato allo Stato moderno sono state sconfitte, mentre le associazioni mafiose no?
Per esempio l'Italia post unitaria sradicò il brigantaggio in meno di un decennio. Nel secondo dopoguerra ha debellato il terrorismo etnico in Alto Adige, il separatismo siciliano e il terrorismo politico delle Brigate Rosse e dei neofascisti, ma le mafie no.
Qual è la loro forza? Primo fra tutti il consenso popolare, l’omertà delle persone che per paura non denunciano ciò che vedono e subiscono ma si assoggettano alla criminalità, in secondo luogo la loro forza consiste nel rapporto instaurato, sempre di più dopo la fase stragista del Novecento, con le istituzioni, le stesse che avrebbero dovuto reprimerle.
Il prof. Sales ha sottolineato che la presenza delle mafie non è un problema irrisolvibile per uno Stato che vuole fare lo Stato fino in fondo, ma occorre liberarsi di una serie di luoghi comuni; non è vero che le mafie sono sempre esistite e che sono un fenomeno tipico delle aree arretrate. Sales ha portato avanti la sua tesi appoggiandosi ad una serie di dati rilevati; al giorno d’oggi si sono instaurati più di 180 clan al Centro - Nord italiano, la Lombardia è la quinta regione per numero di omicidi mafiosi e se guardiamo all'indice di presenza mafiosa, nelle prime 36 province italiane, ce ne sono ben 10 del Centro-Nord.
Tutto ciò dimostra come sia un altro luogo comune considerare le mafie come dei pesci fuor d'acqua fuori dai loro territori in quanto queste hanno una capacità eccezionale di adeguamento; infatti, le mafie sono state in grado di sopravvivere ad ogni regime politico e hanno mantenuto una loro forza sia quando lo Stato ne ha garantito loro una forma di impunità, sia quando lo Stato ha mostrato il suo volto repressivo.
Tali cambiamenti sono dettati da due condizioni: la necessità di adeguarsi alla repressione degli organi di sicurezza e le opportunità che si presentano davanti a loro.
Dunque le mafie sono sempre esistite? Sostenere che le mafie sono sempre esistite vuol dire che sono invincibili, invece la loro sconfitta o il loro ridimensionamento è alla nostra portata, alla portata di un mondo politico, economico e istituzionale serio.
La domanda dunque sorge spontanea: perché lo stato non è ancora riuscito a reprimere definitivamente le associazioni mafiose? Se lo stato, finora, non è riuscito a reprimerle non è perché le mafie sono state troppo forti, ma perché la risposta non è stata adeguata.
Lo stato reagisce ogni qual volta la mafia, attraverso i suoi attentati, fa rumore. Infatti, il potere attuale delle associazioni mafiose è l’economia, riescono ad aggirare il sistema economico e a trarne un profitto provento senza che lo stato riesca a reagire adeguatamente.
Oggi in tanti richiamano l'attenzione sul pericolo che le mafie possano diventare protagoniste della complicata fase economica che si è aperta con la pandemia.
Ma c'è stato un lungo periodo storico in cui non pochi studiosi, diversi esponenti politici e addirittura una parte consistente della magistratura, ritenevano che le mafie non esistessero come organizzazioni strutturate e che tutt' al più fossero solo espressione di un carattere bollente degli abitanti di alcune regioni meridionali, di una loro arcaica e personale concezione della giustizia.
E quando a partire dalla seconda metà degli anni ottanta del Novecento è entrata sulla scena politico - giudiziaria l'antimafia, cioè una risposta finalmente adeguata sul piano legislativo e repressivo, essa è stata sempre guardata con sospetto e diffidenza da ampi settori della politica, della stessa magistratura e anche della pubblica opinione. Non è stato facile, e non lo è ancora oggi, far capire che le mafie non sono forme criminali fisiologiche come ce ne sono state nel passato e ce ne saranno nel futuro. Quando si analizzano le cifre di questo originale fenomeno criminale, si resta impressionati dallo stretto rapporto con la società circostante, con la politica nazionale e locale con le forze dell'ordine e spesso con uomini di chiesa.
I mafiosi sono i primi criminali nella storia che hanno trasformato la loro violenza in potere stabile e duraturo attraverso le relazioni intrecciate con coloro che avrebbero dovuto isolarli, contrastarli e reprimerli.
Dunque la loro storia non può essere affatto separata dalla storia delle classi dirigenti del nostro Paese. Semplici organizzazioni criminali, infatti, non sarebbero riuscite a durare tanto a lungo né tantomeno a raggiungere un tale potere se non nel quadro di reciproche relazioni con il mondo politico - istituzionale che ad esse si sarebbe dovuto contrapporre.
La mafia attuale non fa più rumore, è silenziosa ma è pericolosa allo stesso modo, se non di più. Durante il suo intervento, Alberto Vannucci ha affermato: “Le organizzazioni mafiose sono come i serpenti che cambiano pelle per adattarsi”. Oggi le mafie fanno meno ricorso all'intimidazione e più alla corruzione.
Gianmarco Pannozzo classe 5 A LSA
L’evoluzione delle mafie nel XXI° secolo dopo la fase stragista del Novecento
Venerdì 18 febbraio 2022 si è tenuta la penultima conferenza del Progetto Educativo Antimafia promosso dal Centro Studi Pio La Torre. Essa ha visto come relatori Salvatore Lupo, storico e docente UNIPA, Isaia Sales, docente all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, e Alberto Vannucci, docente UNIPI.
L’obiettivo che il tema trattato si pone, ossia l’evoluzione delle mafie dopo il periodo delle stragi, è quello di dare una definizione delle nuove mafie e farci riflettere sul fatto che non ci siano più azioni di mafia violente ed eclatanti come quelli degli anni ottanta, e ciò può essere interpretato come un motivo per poter prevedere la sconfitta della mafia o come un’evoluzione dell’organizzazione mafiosa.
L’intervento su cui intendo focalizzarmi è quello del professor Isaia Sales, che si è concentrato principalmente sulla definizione delle mafie e sui punti di forza che hanno permesso loro di perdurare nel tempo. Egli afferma che sul piano storico è importante riconoscere un inizio delle mafie, e non dobbiamo assolutamente pensare che siano sempre esistite. Queste infatti sono iniziate circa nell'Ottocento ed hanno goduto di una capacità di espansione, specialmente dopo l'unità d’Italia, sopravvivendo ad ogni regime politico. Quindi queste organizzazioni mostrano una straordinaria capacità di adattamento ai tempi, nonostante siano soggette a dei cambiamenti. In genere questi sono sempre dettati da due condizioni: la necessità di adeguarsi alla repressione degli organi di sicurezza della magistratura, e le opportunità che di volta in volta gli si presentano davanti. La necessità dunque di stabilire un inizio è utile per rompere una serie di luoghi comuni in quanto, se diciamo che le mafie sono sempre esistite, in qualche modo affermiamo il fatto che esse siano invincibili. Bisogna invece ricordare che la sconfitta o il ridimensionamento delle mafie è alla nostra portata. Giovanni Falcone ricordava infatti che esse hanno avuto origine in un periodo storico preciso e possono avere una fine.
Se ciò è vero la cosa importante è capire le differenze fondamentali tra la violenza mafiosa e le varie forme di violenza che nella storia si sono succedute e sono state combattute (banditismo, brigantaggio, pirateria). Non è vero che le mafie hanno avuto successo perché hanno una straordinaria forza militare e che questa sia il capitale fondamentale che le rende così forti nel tempo, tant’è che i briganti e i pirati erano molto più armati eppure il loro è un fenomeno che si è spento nel corso della storia. Non è neanche il consenso a renderle vincenti, perché è vero che ogni forma violenta che ruota intorno all'economia in genere da consenso, ma i briganti avevano comunque più consenso delle mafie. Allora in cosa consiste la loro forza? Essa si concentra in un elemento che le altre forme criminali non avevano: il rapporto con coloro che dovevano reprimerle, ossia i rappresentanti delle istituzioni. La violenza che si afferma e resiste è quindi quella di relazione, che oggi, oltre ad assumere un valore politico, istituzionale e sociale, abbraccia anche un aspetto economico.
Negli ultimi anni si è concentrata una reazione contro le mafie che non c'è mai stata in tutta la storia precedente. Queste però sono in grado di resistere sia quando lo stato non agisce, sia quando le reprime. Infatti migliaia di mafiosi sono stati arrestati e condannati negli ultimi tempi, sono stati requisiti loro i beni illeciti, ma nonostante questa fortissima inibizione le mafie sopravvivono, anche se non tutte nelle stesse modalità di prima. Si può parlare in questa fase storica di un ridimensionamento della mafia siciliana, non una neutralizzazione o una sconfitta. Ma mentre è stata ridimensionata la mafia siciliana, c'è stata una fortissima espansione di quella calabrese, della camorra napoletana, e negli ultimi tempi anche di quella foggiana. Le mafie si sono mosse dal loro territorio di origine e hanno cominciato a radicarsi in luoghi non tradizionali. Ad esempio oggi ci sono più di 180 clan tra il centro e il nord del paese, una cosa così non si era mai verificata prima. Ciò indica che non è vero che le mafie hanno un rapporto strettissimo con il loro territorio e che fuori di esse si sentirebbero spaesate. Ci sono determinate condizioni economiche di altri territori che possono permettere un radicamento delle mafie altrettanto forte. Non è l'arretratezza economica la caratteristica fondamentale delle organizzazioni mafiose, si sono sempre mosse, anche nel sud arretrato, attorno alla ricchezza che si produceva.
Altro luogo comune è che le mafie agiscono dove c'è una forte arretratezza civile, anzi esse si insediano dove c'è una forte partecipazione democratica. Forse bisognerebbe cambiare anche la terminologia e stabilire cos'è la mafia: una violenza che diventa potere saldo, accumulazione della ricchezza stabile. Ciò che negli ultimi decenni l’ha reso un problema sempre più grave è sicuramente la grandissima accumulazione dovuta alle attività nel controllo della produzione e del commercio delle droghe. Non è sicuramente solo questa la loro unica fonte di ricchezza, ma indubbiamente ha dato alle mafie un potere economico e una forza finanziaria che non avevano mai avuto prima, perché parliamo di uno dei commerci più importanti al mondo. E’ fondamentale ritenere che non si può consentire alle mafie di avere il monopolio di questa ricchezza, che inoltre permette loro di controllare in parte anche i paradisi fiscali.
Possiamo quindi affermare che sta avvenendo in alcune parti d'Italia un incontro tra la violenza e l'economia, e sta accadendo in maniera del tutto particolare perché questa violenza tende sempre più a concludere affari, a introdursi nell'economia non più con il condizionamento della prepotenza, ma solo con l'accompagnamento di questa. La mafia sembra quindi seguire di più la logica dell'impresa che la tipica logica predatoria o dell'intimidazione.
A mio parere la mutabilità di queste organizzazioni costituisce un punto di forza non da sottovalutare. Non basta quindi una semplice rincorsa al colpevole, bisogna invece studiare il fenomeno in modo tale da prevederne le mosse future e le nuove gerarchie. Ho trovato molto interessante l’intervento del professor Sales in quanto è andato ad abbattere molti dei luoghi comuni che ci tengono ancorati ad un’idea di mafia che non è quella attuale. Una collettività informata e in grado di definire le mafie, è una collettività che difficilmente permetterà loro di radicarsi nel proprio territorio, e sarà capace di denunciare qualsiasi forma di azione illecita, contribuendo alla repressione già messa in atto dalle istituzioni statali.
Sebbene a volte i servizi offerti dalle mafie appaiano come strade piu’ semplici a livello economico, togliere il proprio contributo ad esse è un vero e proprio investimento per il nostro futuro e quello del paese.
ARIANNA SARCINA
IV CONFERENZA DEL PROGETTO EDUCATIVO ANTIMAFIA PIO LA TORRE.
Venerdì 18 febbraio 2022 dalle ore 9:00 alle ore 11:30, presso la sede del Centro Studi Pio La Torre a Palermo, si è tenuta la conferenza del progetto Educativo Antimafia promosso dal centro Studi Pio La Torre.
Il tema della conferenza è stato: “L’evoluzione delle mafie nel XXI° secolo dopo la fase stragista del Novecento”.
Sono intervenuti molti relatori, tra cui Salvatore Lupo, storico e docente universitario, Isaia Sales, docente universitario e Alberto Vannucci, docente universitario.
Il relatore Isaia Sales ha spiegato che tutti noi spesso commettiamo un errore affermando che la mafia sia sempre esistita e che, quindi, non potrà essere sconfitta.
Le mafie in realtà, hanno avuto inizio nei primi anni dell’Ottocento ed hanno avuto una fortissima capacità d’espansione dopo l’Unità d’Italia, poiché esse hanno una grande capacità di adattamento ai tempi.
I cambiamenti che operano le mafie sono dettati da due condizioni, ovvero la necessità di adeguarsi alla repressione degli organi di sicurezza della Magistratura ed infine le opportunità che si presentano davanti ad esse. Ciò è accaduto dalla fine del Feudalesimo fino ai tempi nostri.
Falcone prima del 1942 ha esposto un suo pensiero riguardante il rapporto tra mafia e politica:” La mafia non si impegna volentieri nell’attività politica; i problemi politici non le interessano più di tanto fino a quando non si sente direttamente minacciata nel potere o nelle sue fonti di guadagno”. Infatti, sia le organizzazioni criminali che i politici che accettano di entrare in una relazione di scambio, ne traggono un vantaggio.
La politica e la mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo. Nella maggior parte dei casi però, si mettono d’accordo per ottenere appalti, affari o consensi, quindi per rafforzarsi.
Le mafie sono diverse dalle altre forme criminali che le hanno precedute, come il brigantaggio e la pirateria, poiché hanno un’organizzazione militare, ma questa non è la caratteristica vincente, infatti i briganti all’ epoca erano molto più armati di mafiosi.
La caratteristica fondamentale delle mafie non è nemmeno il consenso, perché i briganti e i pirati avevano molto più consenso di esse. La forza delle mafie consiste in un fatto che le altre forme criminali non avevano, cioè il rapporto con coloro che dovevano reprimere o con i rappresentanti delle istituzioni; i mafiosi vivono all’interno dello Stato, ma non in contrapposizione.
Nelle mafie di oggi c’è stato un cambio di gerarchia, ad esempio la mafia siciliana è stata ridimensionata ma c’è stata un’espansione delle mafie calabresi e della camorra napoletana, quindi si può ben capire che si sono mosse dal loro territorio di origine arrivando ad oggi che abbiamo più di 180 clan tra il Nord e il centro del Paese.
Non è vero che le mafie si muovono solo dove c’è un’arretratezza civile, ma esse sono violenze che diventano potere stabile e hanno un’accumulazione dovuta ad un’attività di controllo soprattutto della produzione e del commercio delle droghe. Il traffico delle droghe ha attribuito alle organizzazioni mafiose un potere economico e una forza finanziaria che non hanno mai avuto nel corso della loro storia. La cosa fondamentale è non consentire ad esse di avere il monopolio su questa ricchezza.
La mafia ha cinque caratteristiche: la prima è di origine politico, riguarda gli accordi che esse provano a stabilire con coloro che dovrebbero reprimerli o contrastarli; la seconda è di ordine economico, in riferimento al fatto che essa è parassitaria e in parte predatoria, poiché i mafiosi provano a rinvestire quello che accumulano e sono caratterizzati dal tenere contemporaneamente i piedi su due mercati, quello legale e quello illegale; la terza caratteristica è di ordine ideologico, riguardante il fatto che i mafiosi hanno una loro ideologia, cioè trasformano i loro interessi in “valori”; la quarta è una caratteristica ordinamentale, cioè che le mafie hanno delle loro norme o leggi che rispettano e possiedono una tassazione che è il pizzo ed infine l’ultima caratteristica è il consenso.
La mafia non è onnipotente o invincibile, perciò dobbiamo continuare a combattere. Secondo me, la sconfitta o il loro ridimensionamento è alla portata di uno Stato serio e di organismi istituzionali altrettanto seri, tutti noi possiamo farcela con la collaborazione.
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