Il pizzino che ha tradito Messina Denaro era nascosto nel piede di una sedia
Cultura | 2 settembre 2023
Un racconto intenso, che rievoca i tanti passaggi ancora inediti di un’indagine complessa condotta dai carabinieri del Ros, la svolta è avvenuta nel dicembre scorso, con il ritrovamento del pizzino a casa di Rosalia Messina Denaro. «Era nascosto nel piede di una sedia - ricorda il procuratore - lì dove i nostri investigatori volevano piazzare una microspia. Invece, hanno trovato il diario clinico del latitante. Ma c'è voluta la banca dati del ministero della Salute per scoprire dove si curava il capomafia che si spacciava per un anonimo geometra di Campobello».
Così l’ultimo padrino delle stragi è finito in carcere: «Ma la lotta alla mafia non può fermarsi, istituzioni e società civile devono continuare ad impegnarsi», dice ancora de Lucia. «Ecco il perchè di questo racconto. Per non dimenticare che Messina Denaro conserva tanti segreti, legati al passaggio di Cosa nostra dalla stagione delle bombe a quella degli affari, un dato che non possiamo sottovalutare, considerato il momento assai delicato che viviamo, per l’arrivo dei fondi del Pnrr, un’occasione unica di sviluppo che va difesa dai rischi di infiltrazione criminale».
«L'indagine che ha portato all’arresto di Matteo Messina Denaro è stata parecchio movimentata sino alla fine, nulla era scontato, abbiamo anche rischiato di fallire - racconta il procuratore Maurizio de Lucia - le prime ricerche nel registro dei tumori, per provare a interpretare il pizzino ritrovato a casa della sorella del latitante, non avevano infatti portato proprio a nulla. E sembrava non ci fossero altre strade». I retroscena dell’arresto del padrino delle stragi, avvenuto il 16 gennaio scorso dopo 30 anni di latitanza, diventano un libro edito da Feltrinelli. Si intitola: «La cattura - i misteri di Matteo Messina Denaro e la mafia che cambia». A firmarlo, il procuratore capo di Palermo Maurizio de Lucia e l’inviato di Repubblica Salvo Palazzolo.
Ora, Matteo Messina Denaro è rinchiuso nel carcere dell’Aquila. Il boss condannato per le stragi del '92 e del '93, per il rapimento e l’uccisione del piccolo Di Matteo, per il delitto dell’agente della polizia penitenziaria Montalto, continua ad essere un irriducibile. Negli interrogatori fatti con i magistrati di Palermo, ha accettato di rispondere, ma a modo suo. Sfidando chi aveva davanti. «La prima volta che ci siamo trovati faccia a faccia, poche ore dopo la cattura, ha detto: «Con voi parlo, ma non collaborerò mai» - racconta ancora il procuratore de Lucia -. Gli ho risposto: 'Ma io le ho chiesto di collaborare? Sono venuto qui solo per sapere come è stato trattato e poi, siccome sappiamo che lei è malato, voglio assicurarle che lo Stato le offrirà tutto ciò che è necessario per far fronte alle sue condizioni di salutè».
Il libro «La cattura» scritto da Maurizio de Lucia e Salvo Palazzolo intreccia l’attualità con la storia di Messina Denaro. E diventa una riflessione sulla mafia di oggi. «Io ho sempre avuto la mentalità di fare soldi», ha detto il padrino dopo l’arresto, durante uno dei suoi interrogatori. Un’altra espressione di sfida, che conferma quanto emerge sull'ormai ex latitante e sull'organizzazione mafiosa da una lunga stagione di indagini. «Messina Denaro ha continuato a ritenere strategica per la sua leadership l’infiltrazione nel mondo degli appalti - scrive nel libro il procuratore di Palermo -. Anche perchè il contatto con gli imprenditori è il percorso che porta a dialogare con la politica. Storia antica, che conviene tenere ben presente per provare a scoprire i segreti di quello che era diventato il più imprenditore dei mafiosi».
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