Il mortale sostegno dei boss agli imprenditori in crisi
“Le mafie sono pronte ad offrire il loro denaro agli imprenditori in difficoltà, soprattutto in questo momento di crisi. In mancanza del sostegno degli Stati, esse intervengono non solo acquisendo le attività economiche deboli, ma lasciando entrare fiumi di denaro, attraverso false documentazioni, fino a quando quelle attività economiche potranno farlo. Così, quello stesso soggetto economico finisce per essere ostaggio della criminalità organizzata”.
A descrivere il meccanismo di infiltrazione delle mafie nel tessuto economico imprenditoriale messo in ginocchio dalla crisi economica causata dalla pandemia da Covid 19 è il Procuratore nazionale antimafia della Repubblica Italiana, Federico Cafiero de Raho, intervenuto alla conferenza online dal titolo “L'impatto economico della criminalità organizzata e del riciclaggio – In che modo la crisi del COVID-19 aggrava i problemi?” promossa dal Comitato Economico e Sociale Europeo.
Tra i settori maggiormente esposti alle lusinghe mafiose in questa fase critica vi è quello della ristorazione. Bar e ristoranti, tra l’altro, costituiscono anche quelle attività attraverso le quali le mafie “si inseriscono” nei nuovi territori dove “ricevono accoglienza e poi si allargano”. Tali attività, infatti, “consentono un rapporto diretto” tra il proprietario e i soggetti che hanno un certo ruolo sotto il profilo sociale-economico-politico: “quel rapporto di simpatia si trasforma in una relazione sociale su cui vengono imbastite le relazioni economico-imprenditoriali”. A conferma del meccanismo di ‘accoglienza ed espansione’, il magistrato riporta quanto accaduto in Olanda, dove gli ‘ndranghetisti hanno aperto un’agenzia immobiliare che, per logica, può essere gestita solo da chi conosce bene il territorio.
Le mafie, che a partire dagli anni ’70 sono entrate nella struttura economico-imprenditoriale - inizialmente nel settore delle costruzioni e poi anche in altri, come quello dei rifiuti – hanno dato vita, alla fine degli anni ’80, al sistema dei consorzi per ottenere il controllo degli appalti. Tale sistema annovera anche “soggetti di varia identità, ma guidati da una chiara regia mafiosa. E questo oggi è l’aspetto più preoccupante”. Sempre con uno sguardo al presente, il Procuratore Nazionale chiosa che “le mafie non si riconoscono. Scelgono la forma delle società di capitali per mascherarsi e infiltrarsi nell’economia ed è sempre più difficile individuarle”. L’infiltrazione dei capitali illeciti nell’economia legale richiede un sistema antiriciclaggio efficace che, secondo Cafiero de Raho, è molto avanzato in Europa in risposta alle direttive n. 4 e 5. “Ma alcuni paesi non si sono adeguati a quelle forme di maggiore monitoraggio che l’Europa ha richiesto - denuncia il Procuratore nazionale.
Anche in Europa ci sono paradisi normativi e fiscali”. In alcuni paesi "si sono costituite delle centrali finanziarie che agiscono come veri e propri paesi off-shore, che favoriscono il riciclaggio e l’accumulo di capitale illecito". “È necessario – continua - realizzare un corpus normativo con immediata efficacia anche in questi paesi”. Apprezzamento è stato espresso anche per il lavoro di coordinamento svolto da Eurojust e Europol. Tuttavia, per il magistrato è necessario “l’abbattimento delle frontiere anche per quanto riguarda l’accertamento penale e quindi le indagini, nel rapporto tra polizie giudiziarie e autorità giudiziarie”. “Il quadro attuale – ha concluso - determina l’esigenza di intervenire come se l’Europa fosse un unico paese, con la stessa rapidità con cui i mafiosi dispongono del trasferimento di un carico di cocaina”.
All’incontro è intervenuto anche Ernesto Savona, direttore del centro ricerche Transcrime dell'Università Cattolica di Milano. Il Professore ha individuato tre sfide principali.
La prima è quella trovare una metodologia per prevedere i problemi, attraverso un’analisi del rischio, e trovare i giusti rimedi. La seconda è rappresentata dall’uso diffuso dell'intelligenza artificiale e dei big data per la raccolta di dati reali. Infine, il monitoraggio dell'impatto della criminalità organizzata, il cosiddetto crime proofing, prendendo in considerazione le conseguenze delle normative. “Non si può costruire burocrazia senza valutare l’effetto della legge che produciamo”, ha detto, facendo un chiaro riferimento al nuovo Patto europeo per la migrazione e al rischio di “conseguenze indesiderabili come favorire il traffico di esseri umani”.
Sven Giegold, deputato al Parlamento Europeo con i Verdi, ha sottolineato lo sforzo della Commissione europea di fare di più in materia di riciclaggio, trasformando il quadro normativo con il passaggio da direttive a regolamenti, e creando un Garante europeo contro il riciclaggio. Una risposta a questa proposta è pervenuta da Floriana Sipala, capo unità nella direzione generale della Migrazione e degli affari interni (HOME) della Commissione europea. La Sipala ha anticipato la pubblicazione, ad aprile, di un Documento strategico per affrontare la criminalità organizzata in Europa. Ha sottolineato tre aspetti cruciali della strategia della Commissione: agire contro le strutture delle associazioni di stampo mafioso, per smantellarle e ridurre il numero e la pericolosità dei singoli reati; concentrarsi sulla capacità delle organizzazioni criminose di infiltrarsi nell’economia legale per ripulire i proventi del reato; potenziare le capacità degli stati membri nelle indagini finanziarie.
Hanno partecipato al dibattito anche Anja Korenblik, dell’Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine (UNODC); Karel Lannoo, direttore del think tank CEPS (Centre for European Policy Studies); Gilbert Berk, esperto di crimini economici e finanziari dell'Ufficio europeo di polizia (Europol) e Javier Doz Orrit, già relatore del parere del CESE sulla Lotta contro la frode fiscale, l’elusione fiscale e il riciclaggio di denaro.
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