Il mercato di Vittoria in crisi, strategie per una nuova rinascita

Economia | 14 dicembre 2018
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La gestione commissariale dell’amministrazione comunale di Vittoria, sciolta per mafia, diventa l’occasione per recuperare lo spirito democratico che ha pervaso quella cittadina sin dalla sua fondazione. Non per caso, ai primi del Novecento, 1905, vi fu aperta la prima Camera del Lavoro della Sicilia. Il fascismo sciolse e represse, anche uccidendo, l’amministrazione rossa negli anni ’20, la quale nel dopoguerra risorse, sostenendo nell’era del boom economico lo sviluppo agricolo della zona con la coltivazione in serra dei prodotti orticoli e successivamente dei fiori e dei frutti tropicali. Una forte tradizione orgogliosa e contadina fattasi imprenditrice, associatasi in cooperative che però non hanno saputo far fronte ai processi di globalizzazione del mercato.

Il mercato alla produzione di Vittoria, uno dei più grandi d’Italia e di Europa assieme a quelli di Fondi e Verona ha fatto conoscere all’Europa la qualità della produzione orticola della Sicilia. Ma allentato il controllo democratico, prima per la crisi politica e culturale della sinistra che ha ceduto alla destra il governo comunale, si sono infittite le penetrazioni della mafia nella filiera agroalimentare e nel Comune arrivando al suo scioglimento per mafia. Nel frattempo nel corso di questi anni si sono intrecciati il lavoro nero, lo schiavismo dei migranti e dei lavoratori più deboli e meno sindacalizzati.

La denuncia del sindacato, delle organizzazioni professionali, delle forze politiche progressiste, accompagnate da un giornalismo d’inchiesta che seppur minacciato ha prodotto un efficace intervento repressivo delle forze dell’ordine e della magistratura, hanno messo in luce la trama degli affari, la presenza di varie organizzazioni mafiose e le collusioni con la politica e le multinazionali della Grande Distribuzione Organizzata (GDO).

I processi penali svoltisi a seguito di minacce, di incendi intimidatori, di uccisioni, hanno fatto luce sul malefico incontro e intreccio tra il capolarato che organizza il lavoro nero e lo schiavismo dei migranti, tra coloro che controllano il monopolio della produzione e della forniture di cassette e packaging, del trasporto su ruota della produzione orticola verso l’Italia e l’Europa, sino alla formazione del prezzo del prodotto pagato al produttore, allo smaltimento della plastica di copertura delle serre e alla guardiania imposta ai proprietari di serre.

In questo quadro riemerge la gestione non sempre trasparente del mercato di Vittoria (il cui consiglio di amministrazione è nominato dal Comune) con le infiltrazioni di tipo mafioso mascherata nella gestione di alcuni box di commissionari ma soprattutto capace di controllare la formazione del prezzo al produttore, di utilizzare contraffazioni e di esercitare in modo camuffato la doppia funzione (incompatibile) di commerciante con quella di commissionario.

Ma ciò che è stato conclamato è il patto d’intesa della Stidda (organizzazione mafiosa) di Vittoria con la ‘ndrangheta, la camorra, i Casalesi, che ha creato un corridoio buio tra Vittoria, Fondi, Milano attraverso il quale viaggiano quei 150 camion giornalieri che dalla zona attraversano lo Stretto per trasportare i prodotti agroalimentari ma, sembra, anche la droga controllata dalla ‘ndrangheta che da Gioia Tauro, posto di sbarco, usano, in accordo con la Stidda, Vittoria come base di commercio della droga.

Una filiera agroalimentare la cui parte apicale appartiene alla GDO che senza alcuna eticità, guarda solo al massimo profitto e finge di non sapere della presenza della mafia. Il commissariamento del Comune è una buona occasione per ripulire tutto il contesto dalle infiltrazioni mafiose, restituendo alle forze produttive oneste di quella zona, dai lavoratori ai produttori, ai commercianti, ai trasformatori, ai trasportatori attraverso la trasparenza e la tracciabilità del prodotto, del processo commerciale e della formazione del prezzo, tutta l’onorabilità che meritano per la fatica quotidiana e per la loro dignità di cittadini onesti.

Intanto i commissari hanno annunciato come dare trasparenza alla riassegnazione dei box ai commissionari (immagino senza che abbiano alcun conflitto di interesse con le loro aziende serricole e commerciali) secondo un trasparente protocollo concordato con l’Anac. Essi potranno e dovranno azzerare il Consiglio d’amministrazione del Mercato nominato dal precedente Consiglio Comunale, sciolto per mafia, sostituendolo con uno qualificato per competenza, obbiettività e capacità di controllo della formazione dei prezzi e di contrasto alle contraffazioni per potenziare il marchio virtuale della qualità della produzione vittoriese.

In concomitanza rafforzare la lotta al caporalato, applicando la legge varata qualche anno fa grazie all’impegno dei sindacati dei lavoratori, tra cui ha primeggiato l’impegno della Cgil. La legge prevede il riconoscimento della “Rete del Lavoro Agricolo di Qualità” che sindacati, organizzazione dei produttori, commercianti, trasformatori industriali, organizzazioni artigiane e del trasporto potranno organizzare per accrescere l’eccellenza dell’ortofrutta e della filiera agroalimentare di Vittoria.

Ciò darebbe una possibilità in più di negoziare con la GDO evitando l’intermediazione. Ma i produttori debbono recuperare la loro capacità storica di associarsi imitando, adattandosi al XXI secolo, quegli umili uomini come Gentile che negli anni ’60 del secolo scorso seppero dare corpo a una grande forza associata della produzione vittoriese.

È quanto abbiamo modestamente voluto sostenere nella recente iniziativa promossa a Vittoria qualche giorno fa, dall’associazione Cento Passi alla quale il Centro Studi Pio La Torre è stato invitato in quanto sostenitore della tesi che l’antimafia si fa con la lotta per il cambiamento economico e sociale e non con la ritualità.

 di Vito Lo Monaco

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