Il meraviglioso giuoco di Enrico Brizzi

Cultura | 4 marzo 2015
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Edoardo Bosio, un nome che alla gran parte degli italiani dirà poco. Eppure, anche se la gran parte degli italiani non lo sanno, è una persona cui loro stessi devono molto. Pare sia stato lui, sul finire dell'Ottocento, a rientrare nel Belpaese dall'Inghilterra con dei palloni di cuoio, importando di fatto le regole e i vezzi del football, del calcio che col passare degli anni, proprio in Italia, sarebbe diventato sport nazionalpopolare per eccellenza.
Sarà che la maggioranza degli italiani cui si faceva riferimento ha poco interesse per la memoria storica in generale, tanto più che alcune politiche sciagurate negli ultimi vent'anni hanno emarginato gli studi storici alle periferie di ciò che "è opportuno sapere" (ricordate la riforma scolastica che doveva essere incentrata sulle "tre i", internet, inglese, impresa?); sarà anche che ormai parlare di calcio, nell'accezione mediatico-giornalistica, è parlare di calciomercato, di miliardi, di fallimenti o tutt'al più di gossip.
Insomma, sarà anche perché ci siamo abituati a tutto ciò, che quando spuntano fuori casi letterari come Il meraviglioso giuoco. Pionieri ed eroi del calcio italiano 1887-1926 (Laterza, pp. 285, euro 19), ultimo lavoro di Enrico Brizzi, ci si rende conto che il calcio è anche altro. O forse è soprattutto altro: è cultura, immaginario, è un pezzo rilevante della storia del nostro Paese, alla pari del cinema e delle guerre.
Edoardo Bosio, nello specifico, è uno dei protagonisti di questa storia. Ragioniere, fotografo, regista cinematografico: un canottiere di Torino che, a fine Ottocento, partì per un periodo d'aggiornamento presso la ditta Thomas & Adams di Nottingham e in Inghilterra contrasse una "febbre" nuova. Poi ci sono anche Herbert Kilpin, fondatore del Milan nel 1899, il Duca degli Abruzzi, le città italiane che, quasi in una sorta di trasposizione della tradizione comunale medievale, a ogni gonfalone faranno corrispondere una o più squadre. C'è questo e altro nel lavoro di Brizzi. L'autore, bolognese classe 1974, si è fatto conoscere giovanissimo col romanzo d'esordio Jack Frusciante è uscito dal gruppo, seguito da Bastogne. Tuttavia, chi ha attentamente la sua produzione letteraria sa che il calcio ha sempre giocato un ruolo di prim'ordine nel suo immaginario. Al punto di dedicare al pallone ampi spazi nella storia ucronica raccolta nella "trilogia fantastorica italiana": l'Italia vittoriosa nella seconda guerra mondiale, con Mussolini che farneticava a letto, in un punto di morte, nel 1960, mentre si giocava la "Serie Africa" nei territori annessi all'Impero ne L'inattesa piega degli eventi; il Grande Torino che sopravviveva alla tragedia di Superga in Lorenzo Pellegrini e le donne e altro ancora.
Stavolta Brizzi si confronta con una storia vera, quella de Il meraviglioso giuoco del calcio e dei suoi eroi-pionieri. Volume in cui c'è tanto anche di meridionale e più esplicitamente siciliano. Diversi i passaggi in cui si rende giustizia alla nascita del movimento calcistico al Sud: "Il calcio arrivò in Sicilia negli stessi anni in cui, al Nord, si giocavano campionati a quattro squadre che si esaurivano in una o due giornate e venivano vinti regolarmente dal Genoa. Il merito dell'importazione va condiviso fra due giovani siciliani (…) Alfredo Marangolo, rampollo dell'alta borghesia messinese, e Ignazio Majo Pagano, di illustre famiglia palermitana". Da qui si passa alla narrazione della fondazione dell'Anglo-Panormitan Athletic and Football Club e del Messina Football Club, dall'epopea dei Whitaker, al campo "Pantanu", ai trionfi palermitani in Coppa Lipton e via discorrendo.
Rispetto agli altri saggi sul calcio, compresi quelli di taglio accademico Il Meraviglioso giuoco ha una marcia in più: racconta una storia vera, con la gradevolezza di un romanzo.
Ed è un merito grande, tanto più che un libro del genere, edito da Laterza, mancava. Va registrato in tal senso anche l'interesse della casa editrice rispetto alla materia, forse trascurata troppo a lungo dalla grande cultura e dalla grande editoria italiana. Torna sempre emblematico quanto denunciato alcuni anni fa da Matteo Marani, direttore del Guerin Sportivo, la più antica e autorevole rivista di "critica e politica sportiva, fondata nel 1912" rispetto alla latitanza della "Storia del calcio" dagli insegnamenti universitari.
Non è detto, specie in tempi come i nostri, che il sapere debba passare gioco forza dalle università. L'auspicio, tuttavia, è che Il meraviglioso giuoco, contestualmente a quello che può fare un libro, colmi un vuoto. E che magari se ne interessino i tanti che potranno apprendere che il calcio no, non è solo una questione di soldi o gossip.
 di Giovanni Tarantino

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