Il killer di Rosario Livatino chiede perdono al Papa
Società | 20 aprile 2016
Domenico Pace, killer del giudice Rosario Livatino, ha scritto al Papa
chiedendo perdono per il suo gesto criminale di quasi 26 anni fa. Dal
carcere di Sulmona, dove sta scontando l’ergastolo, l’ex pastore di
Palma di Montechiaro «nell’anno della misericordia» chiede perdono a
Dio. «Non alla giustizia, che sta facendo il suo corso, non ai giudici,
ma al Padre Eterno sì. Il giudice Livatino va beatificato». L’uomo
spiega la sua conversione da quel giorno di settembre del 1990 quando
su ordine della Stiddda accettò di far parte del commando che assassinò
il giudice di Canicattì sulla statale che porta ad Agrigento con sei
colpi, l'ultimo dei quali sparato in bocca a bruciapelo. Oggi è preso
da sentimenti di pentimento e di serenità («Lui, Livatino, mi tiene
compagnia, non mi lascia solo»). Pensa al «giudice ragazzino», ma anche
ai suoi genitori: «Quando erano in vita - si legge nella lettera - ho
pensato tante volte di chiedere loro perdono, ma non sono riuscito a
farlo. Oggi ho pensato al passato, confrontandomi con me stesso e
guardandomi dentro. Mi sono odiato, è stato insopportabile, ma non ho
evitato di confrontarmi con me stesso. Mi sono guardato dentro con la
lente d’ingrandimento per cercare tutti i chiaroscuri del mio animo. Ho
provato dolore, tanto dolore, poi, inaspettatamente, ho provato un poco
di serenità. È accaduto – scrive Pace - quando il bene e il male che
prima dentro di me si mischiavano, pian piano si sono distinti e
chiariti. Mi sono sentito meglio. Mi sono così liberato dal peso più
grande della mia esistenza. Vi chiedo perdono in ginocchio e strisciando
ai vostri piedi. Se lo farete, vi guarderò con gli occhi pieni di
gratitudine perché mi avrete liberato dal resto del peso».
Nella lettera Pace utilizza le parole di Gesù: «Perdona il fratello che ha sbagliato settanta volte sette», ed cita Benedetto Sedicesimo: «Perdonare è un dono di Dio e non è ignorare, ma trasformare». «La fede - scrive Pace - mi aiuta a sperare che il giudice Livatino mi abbia perdonato e che sia presto beato». Pace chiede poi che la sua testimonianza venga citata nel processo di beatificazione del giudice. «Non so se può essere usata per questo – scrive – ma spero che ciò avvenga perché lo sento vicino e ogni istante è con me aiutandomi a vivere con forza d’animo la pena infittita che sto scontando». La lettera è stata inviata anche al sacerdote Giuseppe Livatino, arciprete di Raffadali, che segue il processo di beatificazione del giudice. Parlando con la mamma di Livatino, il parroco gli chiese se aveva perdonato gli assassini. E lei rispose, con rispetto di Rosario e della sua fede: «Perdono i carnefici, perché mio figlio lo avrebbe fatto».
di Francesca Scaglione
Nella lettera Pace utilizza le parole di Gesù: «Perdona il fratello che ha sbagliato settanta volte sette», ed cita Benedetto Sedicesimo: «Perdonare è un dono di Dio e non è ignorare, ma trasformare». «La fede - scrive Pace - mi aiuta a sperare che il giudice Livatino mi abbia perdonato e che sia presto beato». Pace chiede poi che la sua testimonianza venga citata nel processo di beatificazione del giudice. «Non so se può essere usata per questo – scrive – ma spero che ciò avvenga perché lo sento vicino e ogni istante è con me aiutandomi a vivere con forza d’animo la pena infittita che sto scontando». La lettera è stata inviata anche al sacerdote Giuseppe Livatino, arciprete di Raffadali, che segue il processo di beatificazione del giudice. Parlando con la mamma di Livatino, il parroco gli chiese se aveva perdonato gli assassini. E lei rispose, con rispetto di Rosario e della sua fede: «Perdono i carnefici, perché mio figlio lo avrebbe fatto».
Ultimi articoli
- La marcia del 1983, si rinnova la sfida alla mafia
- Bagheria, consiglio
aperto sulla “marcia” - La nuova Cortina
di ferro grande campo
di battaglia - La riforma agraria che mancò gli obiettivi / 2
- Mattarella, leggi
di svolta dall'incontro
con il Pci - Mattarella fermato
per le aperture al Pci - La legalità vero antidoto per la cultura mafiosa
- Natale, un po' di rabbia
e tanta speranza
nella cesta degli auguri - Lotte e sconfitte
nelle campagne siciliane
al tempo di Ovazza / 1 - La legge bavaglio imbriglia l'informazione