Il Giorno della civetta, la mafia e la Sicilia negli anni Cinquanta

Cultura | 25 gennaio 2024
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Il Giorno della Civetta di Leonardo Sciascia è un romanzo di grande importanza poiché per la prima volta in un’opera letteraria viene affrontato il tema della mafia in una prospettiva non apologetica.
Nella cornice di un romanzo poliziesco, Sciascia riesce a offrire un’immagine della mafia degli anni Cinquanta e del contesto in cui opera che è degna di un’accurata indagine sociologica. Non a caso Italo Calvino dirà in una lettera privata che si tratta di un “racconto documentario”, in cui il gusto letterario si fonde con la chiarezza e la precisione di un saggio. Ispirandosi a questo lucidissimo giudizio di Calvino, la compagnia teatrale dell’associazione ‘’Art&Fatti APS’’ ha voluto proporre quest’opera sulle scene teatrali, con la drammaturgia e la regia di Giuseppe Pagano, cercando di mantenere intatto il suo valore documentario e sfruttando la vividezza di un allestimento teatrale per offrire dinamismo a una storia già di per sé ricca di pathos e colpi di scena. Lo spettacolo andrà in scena al Teatro Marcello Puglisi di Palermo, il 27 gennaio alle ore 21:00.
La storia prende le mosse dall’omicidio di matrice mafiosa dell’appaltatore Salvatore Colasberna, in un clima di assoluta omertà che Sciascia riesce a dipingere con realismo e ironia. A seguire le indagini sarà il capitano Bellodi, di origini parmensi, ex partigiano, fedele ai principi dello Stato di diritto e dell’antifascismo. Ben presto le indagini del capitano porteranno fino al capo mafia locale don Mariano Arena, uomo stimato e rispettato dal paese e sostenuto da importanti uomini politici. Uno degli elementi innovativi di Sciascia è la denuncia della connessione strutturale che vi è tra associazionismo mafioso e apparati deviati delle istituzioni, che in un’ottica clientelare intrattengono relazioni di mutuo vantaggio e favoreggiamento.
In tal senso lo spettacolo segue due filoni paralleli: da una parte le indagini del capitano Bellodi, con le sue le strategie, i dubbi, i punti ciechi, l’omertà della popolazione; dall’altra i retroscena di misteriose figure politiche che muoveranno i fili delle indagini, tentando di ostacolare gli sforzi dei carabinieri. Per sottolineare la corruzione della classe dirigente, il suo agire nell’ombra e la sua spregiudicatezza, le scene dei politici sono presentate in chiave grottesca, laddove invece i personaggi connessi alle indagini del capitano sono più incentrati sul realismo e l’approfondimento psicologico. Il taglio dello spettacolo è quello del teatro sociale, volto a incoraggiare nello spettatore la riflessione critica su quanto avviene in scena. Per far questo lo spettacolo fa ricorso ad alcune strategie di straniamento, come cambi scena fatti alla vista del pubblico, attori che interpretano più di un personaggio, uso di determinati tipi di luci e musiche. 

Il contesto storico dei secondi anni Cinquanta è molto diverso da quello odierno, l’associazionismo mafioso non era ancora un reato, vi era una forte tendenza al negazionismo anche nelle istituzioni politiche ed ecclesiastiche, non era ancora nata un’antimafia trasversale capace di mobilitare tutte le fasce della società civile. Tutti questi elementi sono fortemente presenti nell’analisi di Sciascia. Oggi il contesto è molto cambiato: abbiamo la legge Rognoni-La Torre, l’esistenza della mafia è da tutti riconosciuta e nessuno dichiarerebbe mai pubblicamente di essere a favore della mafia (nemmeno i mafiosi o i collusi!). Pur tuttavia, tornare al Giorno della Civetta può essere molto utile per la riflessione e la formazione di una coscienza sociale. In primis, perché una corretta comprensione della mafia nella sua storia ci rende immuni da certe informazioni a dir poco approssimative che passano attraverso i mezzi di informazione (nei canali social, ma anche in certi libri pubblicati da prestigiose case editrici!). In secondo luogo, perché Sciascia insiste sempre su come la lotta per la legalità non possa essere separata da una cultura democratica, antifascista e solidaristica. In terzo luogo, perché l’analisi delle strategie argomentative usate dai protagonisti della vicenda, mafiosi o politici, carabinieri o gente del popolo, ci allena a individuare certi cliché che si ripresentano nel tempo, aiutandoci a distinguere gli argomenti validi da quelli pretestuosi. Infine, perché tornare al periodo delle lotte sociali, basate sulla partecipazione attivista nelle piazze, come nelle campagne, ci offre un’alternativa tanto ai post su Facebook, quanto all’antimafia di facciata, fatta di roboanti discorsi, spesso in contrasto con le scelte politiche concrete.



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