Il fronte antimafia: trasparenza sui beni confiscati

Società | 15 dicembre 2020
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Massima trasparenza e condivisione dei dati sui beni confiscati, un aumento degli spazi di partecipazione e progettazione, con un confronto serrato tra i soggetti assegnatari e gli uffici amministrativi: sono alcune delle richieste emerse in una riunione promossa da Libera sull'utilizzo dei beni confiscati e alla quale il centro studi Pio La Torre ha aderito, insieme a un fitto cartello di associazioni e sindacati. Le istanze, rappresentate per esteso in una lettera – appello inviata al Comune di Palermo, nascono in seguito alla discussione ospitata in queste settimane in consiglio comunale per l'approvazione di un nuovo regolamento. 

Nella lettera si sottolinea l'importanza di un'amministrazione “protagonista di politiche di gestione dei beni confiscati che non deleghino in alcun modo alle sole realtà associative l'onere e la cura di un patrimonio tanto centrale per la storia e il futuro della nostra città. Gli enti gestori, infatti, si trovano spesso a dover affrontare una serie di ostacoli fisici e burocratici - prosegue il documento - che rallentano e complicano la piena restituzione del bene alla collettività: la durata delle concessioni, gli oneri straordinari (condominiali e non) di cui farsi carico o la gestione delle utenze sono solo alcuni degli aspetti organizzativi che sentiamo il bisogno di portare all'attenzione del Comune come ente titolare dei beni”.

Un riuso sociale dal valore simbolico e strategico per il rilancio della città, se si considera che il 10% dei beni confiscati destinati ai Comuni sul territorio nazionale sono destinati al solo Comune di Palermo. “Fin dall'approvazione della legge Rognoni La Torre sulla confisca dei beni e in seguito grazie all'approvazione della legge 109/96 sul riuso sociale – si legge ancora nell'appello - la città di Palermo si è distinta quale terreno fertile per esperienze virtuose e innovative di gestione dei beni, che hanno visto associazioni, enti del terzo settore, sindacati e gruppi di cittadini collaborare in vista della valorizzazione di un patrimonio che rappresenta oggi una sede di buone pratiche un'occasione di riscatto”.

Non solo, nell'appello si chiede all'amministrazione comunale la promozione di specifiche azioni in grado di pubblicizzare all’esterno ogni progetto rappresentativo del riscatto di un luogo o di un bene al servizio della collettività. Un modo per favorire la sensibilizzazione e la partecipazione della società. Ci sono poi due punti più specifici che il cartello di associazioni chiede nel documento: la costituzione di un osservatorio composto dai protagonisti del terzo settore più impegnati nel riuso sociale dei beni confiscati, ma anche dalle organizzazioni sindacali e dall'assessore con delega in materia e da convocare almeno due volte l'anno. Per quanto riguarda poi il “destino” dei beni, si precisa “che possono essere utilizzati per finalità di lucro solo nel caso in cui non assegnati né per uso istituzionale, né per emergenza abitativa, né per finalità sociali, e i relativi proventi reimpiegati esclusivamente per finalità sociali, garantendo massima trasparenza tramite gli standard open data”.

Con una postilla sul rinnovo della concessione: garantire preferenzialità nella riassegnazione se, a parità di punteggio in graduatoria con altri soggetti, l’attuale assegnatario è già in possesso di un bene “che mantenga inalterati e validi tutti i requisiti previsti dalle norme”.



 di Antonella Lombardi

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