Il dragone in Italia e il cappuccino che apre le porte ai cinesi

Cultura | 27 gennaio 2016
Condividi su WhatsApp Twitter

Questa sembra proprio non fiction. È un'indagine camuffata in forme narrative. O può sembrare anche un romanzo, ma ha dietro una tale mole di documentazione e viaggi dell'autrice, da avvicinarsi terribilmente alla realtà. La realtà in questione è quella dei cinesi che approdano in Europa ed è stato affrontata con concretissimo piglio giornalistico da una canadese di origine cinese, Suzanne Ma, reporter per importanti testate statunitensi. Pubblicato da Giunti, nella traduzione di Laura Melosi, il suo “Ci vediamo a Venezia” (272 pagine, 14,90 euro) è un libro probabilmente poco reclamizzato e lodato, ma che merita di non passare inosservato ma di avere attenzione assoluta.

Ye Pei, minorenne cinese, molla le proprie certezze in patria e, sulle orme della madre, raggiunge l'Italia, anzi un piccolo comune della provincia di Padova da una cittadina del sud est della Cina. Comincia a lavorare in nero nel bar di una connazionale, sorride, saluta, cerca di imparare a fare un cappuccino, come se fosse il frutto di una miscela segreta (così le viene fatto credere), quasi la chiave di volta per fare davvero il suo ingresso in un Paese agognato (visto in modo assolutamente originale e con uno sguardo “altro”), per cui fa tutto quello che crede serva. E anche di più: turni massacranti di lavoro, a spazzare il pavimento, servire ai tavoli, pulire i piatti, risparmiando anche il centesimo. Il mito di Venezia – che poi non è dietro l’angolo, visto che la vicenda si svolge principalmente nella provincia patavina – alimenta i sogni di Ye Pei, che cozzano però con una realtà molto più complessa.

Il volume di Suzanne Ma ha il merito – seguendo la parabola di una ragazzina – di andare oltre e di spiegare con naturalezza e con una lingua chiara quel mondo “sommerso” dei cinesi d’Italia, guardato spesso con sospetto o superficialità. Il suo “Ci vediamo a Venezia” è un racconto di sconfinata umanità, un inno alla comprensione di un’altra cultura che, però, come la nostra si nutre di infinite speranze e di tentativi per raggiungerle. Sasso nello stagno delle indifferenze, l’opera di Suzanne Ma troverà un posto speciale negli scaffali di chi crede, non solo a parole, all’accoglienza e alla convivenza.

 di Salvatore Lo Iacono

Ultimi articoli

« Articoli precedenti