Il dovere di cercare la verità ad ogni costo

Società | 19 luglio 2022
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Ho incontrato per la prima volta Agnese e Manfredi Borsellino ad una iniziativa svolta nel settembre del 1992 e la sensazione che ricordo, come cittadina e palermitana, era di un profondo senso di colpa verso un ragazzo ed una famiglia distrutta per una strage annunciata, come troppe volte era già accaduto in Italia e della responsabilità politica delle persone inserite nelle istituzioni di quel periodo.

Oggi, a trent’anni dalla strage in cui oltre a Paolo Borsellino persero la vita Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina - con un unico sopravvissuto, Antonio Vullo - leggiamo che la sentenza sul depistaggio della strage di Via D’Amelio, che rispettiamo, e di cui aspettiamo le motivazioni, contiene al proprio interno addirittura delle prescrizioni.

La prescrizione è sempre una sconfitta: per lo Stato, perché non può punire i colpevoli, per l'imputato stesso perché viene 'assolto' solo per una questione di tempo e non perché dichiarato innocente e soprattutto per le vittime, perché non ottengono giustizia. Nel caso specifico, questa sentenza, a distanza di 30 anni, rende responsabili tutti noi cittadini nel continuare ad impegnarci per mantenere alta l’attenzione sulla scoperta della verità anche per le famiglie distrutte dalla strage di Via D’Amelio e che ancora aspettano giustizia.

 di Loredana Introini

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