Il contributo dei migranti all'Italia: 139 miliardi l'anno

Società | 11 ottobre 2019
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Il 9% del PIL italiano nel 2018 è stato prodotto dagli stranieri. Una ricchezza di 139 miliardi di euro generata da 2,5 milioni di lavoratori stranieri, pari al 10,6% degli occupati totali. Dai 2,3 milioni di contribuenti stranieri residenti in Italia, inoltre, proviene un gettito Irpef di 3,5 miliardi di euro (su un ammontare di 27,4 miliardi di redditi dichiarati) e 13,9 miliardi di contributi previdenziali e assistenziali versati. La manodopera straniera, dunque, contribuisce ad accrescere la ricchezza e a sostenere il sistema previdenziale italiano in un difficile periodo storico che, oltre a soffrire da oltre venti anni di un saldo negativo tra nati e morti (l’Istat prevede che nel 2038 gli over 65 saranno un terzo della popolazione, il 31,3%, con conseguenti squilibri economici e finanziari), paga un alto tasso di emigrazione, soprattutto giovanile.

Su 500 mila italiani che hanno lasciato il nostro Paese, sono quasi 250 mila i giovani (15-34 anni) - a netto di quelli rientrati - che hanno preferito cercare all’estero migliori prospettive di vita. Negli ultimi 10 anni abbiamo perso una città come Verona.


Una fuga che, secondo i dati del nono Rapporto sull’economia dell’immigrazione della Fondazione Leone Moressa, presentato martedì 8 ottobre a Roma, ci è costata 16 miliardi di euro (oltre 1 punto percentuale di PIL). Quasi un quinto dei fuggitivi proviene dalla Lombardia. Seguono le partenze da Sicilia, Veneto e Lazio, con oltre 20 mila emigranti ciascuno. E i nostri connazionali sono diretti soprattutto in Inghilterra (Londra è scelta da oltre il 19% di chi è partito negli ultimi dieci anni) e Germania. Tra le destinazioni preferite nel continente europeo seguono Svizzera e Francia, mentre tra quelle dei Paesi extraeuropei vi sono Usa, Brasile e Australia. Tra le cause di questo esodo vi sono sicuramente le poche opportunità occupazionali che l’Italia offre ai propri giovani. Il nostro paese, infatti, registra il tasso di occupazione più basso d’Europa nella fascia 25-29 anni (54,6%, contro una media Ue del 75,0%), mentre il tasso di disoccupazione italiano (19,7%) è il terzo più alto dopo Grecia e Spagna, dieci punti oltre la media europea (9,2%). Nella stessa fascia d’età, anche il tasso di NEET (chi non studia e non lavora) è il più alto d’Europa: 30,9%, a fronte di una media Ue del 17,1%. Inoltre, il livello d’istruzione dei nostri giovani è molto basso: tra i 25 e i 29 anni solo il 27,6% è laureato, quasi 12 punti in meno rispetto alla media europea.

I giovani che vanno via non vengono sostituiti dagli immigrati. Gli occupati stranieri si concentrano nelle professioni non qualificate (33,3%), mentre solo il 7,6% svolge mansioni qualificate (il restante 60% si divide quasi equamente tra operai / artigiani e commercianti / impiegati). Il contributo economico dell’immigrazione è inoltre dato da oltre 700 mila imprenditori nati all’estero (9,4% del totale).


Tipologia di professione degli occupati per cittadinanza (2018)

Professioni

Italiani

Stranieri

Qualificate / Tecniche

38,9%

7,6%

Impiegati / Commercio

30,9%

29,4%

Operai / Artigiani

21,9%

29,7%

Personale non qualificato

8,3%

33,3%

Totale

100,0%

100,0%

Elaborazioni Fondazione Leone Moressa su dati Istat


Secondo i dati Istat ripresi dalla Fondazione Leone Moressa, la presenza straniera in Italia è stabile negli ultimi anni, con 5,2 milioni di stranieri residenti a fine 2018 (8,7% della popolazione). Il saldo migratorio rimane positivo (+245 mila), anche se la composizione dei nuovi arrivi è molto diversa rispetto al passato: prevalgono i ricongiungimenti familiari, si stabilizzano gli arrivi per motivi umanitari, mentre sono quasi nulli gli ingressi per lavoro. Vi è, complessivamente, una lieve prevalenza di donne (52%) e una netta dominanza di paesi dell’Est Europa (oltre il 45% del totale). Le prime nazionalità (23,0% Romania, 8,4% Albania, 8,0% Marocco) evidenziano che la maggior parte degli immigrati è qui da oltre dieci anni.

 di Alida Federico

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