I venti di guerra agostani e l'incoscienza delle superpotenze
L'analisi | 23 agosto 2022
Se errare è umano perseverare è diabolico. Il 14 agosto una delegazione di cinque membri del Congresso americano guidata dal senatore del Massachusetts Ed Markey è giunta a sorpresa nella capitale Taipei per dare “forte sostegno” a Taiwan “senza temere le minacce della Cina”. Una replica della visita di pochi giorni prima, del 3 agosto, della speaker della Camera dei rappresentanti del Congresso Usa. Della quale non si avvertiva affatto la necessità. Irritazione imbufalita da parte di Pechino che definisce gli Stati Uniti “disgregatori e distruttori di pace” e riprende esercitazioni e sconfinamenti mandando cinque navi e trenta aerei nello Stretto di Taiwan.
Non vorremmo che nei palazzi di Washington si stia diffondendo una - definiamola così - “sindrome giapponese”. Ossia la convinzione che, come nel secolo scorso gli Stati Uniti hanno sconfitto il pur potente e bellicoso Giappone, in questo secolo XXI possano fare altrettanto con la Cina. Sarebbe una sottovalutazione fatale. Ora siamo in epoca di armamento nucleare dilagante e si deve ragionare con una mentalità che di questa fondamentale variabile deve tenere conto.
Nel mese di luglio ma soprattutto in questo mese di agosto diventano massime le apprensioni per la centrale atomica di Zaporizhzhia, città di settecentocinquantamila abitanti nell’Ucraina sudorientale. Sei reattori, la più grande centrale nucleare d’Europa. Nella quale comunque resta al proprio posto di lavoro il personale ucraino. Mosca vorrebbe scollegare la centrale dalla rete elettrica ucraina e dirottare l’energia prodotta dall’impianto verso la “sua” Crimea. Con un approccio criminale i russi si sono acquartierati dentro e sparano con i mortai dall’interno della centrale. Come essere in una gabbia di ferro. Convinti che gli ucraini non ardirebbero mai di bersagliarli per non mettere a repentaglio l’enorme struttura. La centrale colpita potrebbe significare una nube radioattiva che si estenderebbe sull’Europa: ecco servita una nuova variante di ricatto nucleare. Nelle vicinanze della centrale – situata sul fiume Dnepr, ormai linea del fronte - piovono missili, probabilmente di entrambi i contendenti, con immancabile rimpallo di responsabilità. Concreti i rischi di una ben più catastrofica replica di quanto accaduto a Chernobyl nel 1986 e di incontrollabile fuga radioattiva se si colpisse il “sancta sanctorum” dell’impianto. Altissimo livello di preoccupazione anche nelle sedi delle Nazioni Unite e dell’Agenzia dell’ONU per l’energia atomica, l’AIEA.
Con la stessa criminale incoscienza e con uno sfoggio spudorato della sua “galleria degli orrori”, l’esercito russo continua ad usare in Ucraina le bombe termobariche, nuova tipologia di arma convenzionale che utilizza l’ossigeno dell’aria circostante per generare una detonazione ad altissima temperatura. Quando scoppiano in un luogo chiuso, ma non solo, le armi termobariche creano una fortissima onda di pressione che dilania gli organi interni di chi è nelle vicinanze. Sono state usate per la prima volta durante la guerra sovietica in Afghanistan e più di recente in Cecenia e in Siria. Negli spazi ristretti viene generata una serie di onde d'urto. Mantengono la palla di fuoco e possono estendere la sua durata tra i 10 e i 50 millisecondi poiché si verificano reazioni esotermiche di ricombinazione. Ulteriori danni possono derivare dal fatto che i gas si raffreddano e la pressione scende bruscamente, portando a un vuoto parziale. Questo effetto di rarefazione ha dato origine al termine improprio "bomba a vuoto". L'esplosione ha l'effetto di distruggere l'ossigeno, provocando uno spostamento d'aria letale e una fiammata devastante che si disperdono anche dietro i ripari. I missili armati con proiettili termobarici sono capaci di uccidere anche chi è protetto in un bunker.
Come scrive Davide Maria De Luca sul quotidiano “Domani” dell’1 marzo 2022 in un articolo dal titolo “Cosa sono le bombe termobariche”, “quelle che vengono chiamate comunemente bombe termobariche fanno parte della più ampia categoria dei cosiddetti “esplosivi volumetrici”, che funzionano tutti secondo il medesimo principio.
Normalmente una molecola di esplosivo contiene al suo interno il carburante necessario all’esplosione e l’ossidante necessario a generare la reazione esplosiva, di solito ossigeno.
In una bomba termobarica (così come in tutti gli esplosivi volumetrici), la sostanza esplosiva è composta al 100 per cento da carburante, mentre l’ossidante utilizzato è l’ossigeno dell’atmosfera. Questo permette di avere bombe molto più efficienti a parità di peso, poiché non hanno bisogno di contenere il loro ossidante.
In concreto, questo tipo di esplosivo funziona in due fasi. Una prima esplosione nebulizza il contenuto della bomba: una mistura di combustibile e particelle metalliche. In questo modo si crea una nuvola di aerosol infiammabile che nelle bombe più grandi può raggiungere un diametro di decine e decine di metri.
Dopo la dispersione del carburante e dopo che questo si è mischiato con l’aria, quindi con l’ossidante necessario all’esplosione, una seconda carica esplosiva, oppure in certi casi una reazione naturale, incendia la nuvola creando un’esplosione gigantesca che genera a sua volta una potente onda d’urto.
Quello generato dagli esplosivi volumetrici è un meccanismo non così diverso da quello che si è verificato in seguito ad un incidente ferroviario nella stazione di Viareggio nel giugno 2009, quando una fuga di carburante nebulizzato da un treno cisterna ha causato un’esplosione che ha ucciso 33 persone.
Le bombe volumetriche possono essere costruite in ogni foggia e dimensione. Esistono bombe a mano termobariche e razzi termobarici che si posso lanciare da lanciamissili portatili. Altre sono così grandi che vengono trasportate dagli aerei e generano esplosioni in grado di rivaleggiare con le più piccole testate nucleari tattiche”.
In un esecrabile attentato terroristico a Mosca il 20 agosto salta in aria Darya Dugina, figlia ventinovenne dell’ideologo sovranista Alexandr Dugin, meglio noto come “l’ideologo di Putin” o “il Rasputin di Putin”. Il padre, più probabile obiettivo dell’attentato, si salva solo perché aveva deciso all’ultimo minuto di non salire sulla Toyota guidata dalla figlia nella quale era stata collocata una carica esplosiva. Da chi? Dugin in realtà non ha legami personali con Putin. Anche se non ha molta influenza in Russia, è piuttosto accreditato presso i circoli sovranisti e complottisti americani ed europei. Nel 2014 aveva evocato “il massacro degli ucraini”. Dugin teorizza la “Quarta teoria politica”: dopo il fascismo, il comunismo e il liberalismo ecco il “Movimento internazionale euroasiatico”. Propugna una delirante unificazione di tutti i territori russofoni (Ucraina compresa) ed europei in un nuovo vastissimo impero “da Dublino a Vladivostok”. Manco a farlo apposta guidato da Mosca, “Terza Roma” dopo Costantinopoli. Obiettivo: combattere l’Occidente individualista, “eterna Cartagine” da radere al suolo. (Rosalba Castelletti La famiglia con la “Z” amata dai sovranisti, tra fake news e odio per l’Occidente, repubblica.it 21 agosto 2022).
Con un tempismo tanto perfetto quanto sospetto in meno di 48 ore il FSB, erede del KGB sovietico, risolve il caso (ma perché dell’indagine non si occupava l’antiterrorismo della polizia moscovita?). Postando tanto di video della presunta attentatrice: la quarantatreenne Natalia Vovk. Sarebbe una agente ucraina appartenente ai servizi segreti (secondo altre fonti russe ancora meno attendibili appartenente anche al battaglione Azov) arrivata in Russia il 23 luglio e fuggita in Estonia dopo l’attentato. Fonti della sicurezza russa hanno ipotizzato che potrebbe avere usato la figlia dodicenne che l’accompagnava per piazzare la bomba telecomandata sotto il SUV della Dugina.
Dugin ha definito l’omicidio della figlia “un attacco terroristico compiuto dal regime nazista ucraino”. “I nostri cuori bramano non solo la vendetta, a noi serve la Vittoria. E allora vincete, per favore!” ha aggiunto l’ideologo, convinto sostenitore dell’invasione russa dell’Ucraina. (ANSA, 22-23 agosto 2022) Dugin aveva definito l’invasione dell’Ucraina “una guerra santa contro l’Anticristo e il satanismo” rappresentato dal “moderno sistema di valori occidentali”. Per Dugin l’invasione dell’Ucraina è “una questione di essere o non essere” che la Russia farà di tutto per vincere, “anche fino a una collisione nucleare”. (ANSA, 21 agosto 2022)
Anche se non mancano osservatori che considerano il brutale attentato “made in Russia” e non “made in Ucraina”, ossia organizzato da frange estremistiche di oppositori russi a Putin, diventano realistiche le preoccupazioni che quella autobomba sarà motivo di un giro di vite nella guerra. Kiev, preoccupata, in tutti i modi nega coinvolgimenti: “l’Ucraina non ha nulla a che fare con l’autobomba. Non siamo uno Stato criminale come la Federazione russa e tantomeno uno Stato terrorista” dichiara Mikhail Podolyak, consigliere di Zelensky. Ma non è difficile ipotizzare che in qualche modo Mosca nelle prossime settimane cercherà una feroce vendetta per l’ingiustificabile assassinio della Dugina (non meno incendiaria del padre, allineata sulle sue posizioni). E il Cremlino farà diventare ancora più feroce la sua condotta aggressiva nella ormai sempre meno “operazione speciale” e sempre più “guerra totale” sul suolo ucraino.
di Pino Scorciapino
Non vorremmo che nei palazzi di Washington si stia diffondendo una - definiamola così - “sindrome giapponese”. Ossia la convinzione che, come nel secolo scorso gli Stati Uniti hanno sconfitto il pur potente e bellicoso Giappone, in questo secolo XXI possano fare altrettanto con la Cina. Sarebbe una sottovalutazione fatale. Ora siamo in epoca di armamento nucleare dilagante e si deve ragionare con una mentalità che di questa fondamentale variabile deve tenere conto.
Nel mese di luglio ma soprattutto in questo mese di agosto diventano massime le apprensioni per la centrale atomica di Zaporizhzhia, città di settecentocinquantamila abitanti nell’Ucraina sudorientale. Sei reattori, la più grande centrale nucleare d’Europa. Nella quale comunque resta al proprio posto di lavoro il personale ucraino. Mosca vorrebbe scollegare la centrale dalla rete elettrica ucraina e dirottare l’energia prodotta dall’impianto verso la “sua” Crimea. Con un approccio criminale i russi si sono acquartierati dentro e sparano con i mortai dall’interno della centrale. Come essere in una gabbia di ferro. Convinti che gli ucraini non ardirebbero mai di bersagliarli per non mettere a repentaglio l’enorme struttura. La centrale colpita potrebbe significare una nube radioattiva che si estenderebbe sull’Europa: ecco servita una nuova variante di ricatto nucleare. Nelle vicinanze della centrale – situata sul fiume Dnepr, ormai linea del fronte - piovono missili, probabilmente di entrambi i contendenti, con immancabile rimpallo di responsabilità. Concreti i rischi di una ben più catastrofica replica di quanto accaduto a Chernobyl nel 1986 e di incontrollabile fuga radioattiva se si colpisse il “sancta sanctorum” dell’impianto. Altissimo livello di preoccupazione anche nelle sedi delle Nazioni Unite e dell’Agenzia dell’ONU per l’energia atomica, l’AIEA.
Con la stessa criminale incoscienza e con uno sfoggio spudorato della sua “galleria degli orrori”, l’esercito russo continua ad usare in Ucraina le bombe termobariche, nuova tipologia di arma convenzionale che utilizza l’ossigeno dell’aria circostante per generare una detonazione ad altissima temperatura. Quando scoppiano in un luogo chiuso, ma non solo, le armi termobariche creano una fortissima onda di pressione che dilania gli organi interni di chi è nelle vicinanze. Sono state usate per la prima volta durante la guerra sovietica in Afghanistan e più di recente in Cecenia e in Siria. Negli spazi ristretti viene generata una serie di onde d'urto. Mantengono la palla di fuoco e possono estendere la sua durata tra i 10 e i 50 millisecondi poiché si verificano reazioni esotermiche di ricombinazione. Ulteriori danni possono derivare dal fatto che i gas si raffreddano e la pressione scende bruscamente, portando a un vuoto parziale. Questo effetto di rarefazione ha dato origine al termine improprio "bomba a vuoto". L'esplosione ha l'effetto di distruggere l'ossigeno, provocando uno spostamento d'aria letale e una fiammata devastante che si disperdono anche dietro i ripari. I missili armati con proiettili termobarici sono capaci di uccidere anche chi è protetto in un bunker.
Come scrive Davide Maria De Luca sul quotidiano “Domani” dell’1 marzo 2022 in un articolo dal titolo “Cosa sono le bombe termobariche”, “quelle che vengono chiamate comunemente bombe termobariche fanno parte della più ampia categoria dei cosiddetti “esplosivi volumetrici”, che funzionano tutti secondo il medesimo principio.
Normalmente una molecola di esplosivo contiene al suo interno il carburante necessario all’esplosione e l’ossidante necessario a generare la reazione esplosiva, di solito ossigeno.
In una bomba termobarica (così come in tutti gli esplosivi volumetrici), la sostanza esplosiva è composta al 100 per cento da carburante, mentre l’ossidante utilizzato è l’ossigeno dell’atmosfera. Questo permette di avere bombe molto più efficienti a parità di peso, poiché non hanno bisogno di contenere il loro ossidante.
In concreto, questo tipo di esplosivo funziona in due fasi. Una prima esplosione nebulizza il contenuto della bomba: una mistura di combustibile e particelle metalliche. In questo modo si crea una nuvola di aerosol infiammabile che nelle bombe più grandi può raggiungere un diametro di decine e decine di metri.
Dopo la dispersione del carburante e dopo che questo si è mischiato con l’aria, quindi con l’ossidante necessario all’esplosione, una seconda carica esplosiva, oppure in certi casi una reazione naturale, incendia la nuvola creando un’esplosione gigantesca che genera a sua volta una potente onda d’urto.
Quello generato dagli esplosivi volumetrici è un meccanismo non così diverso da quello che si è verificato in seguito ad un incidente ferroviario nella stazione di Viareggio nel giugno 2009, quando una fuga di carburante nebulizzato da un treno cisterna ha causato un’esplosione che ha ucciso 33 persone.
Le bombe volumetriche possono essere costruite in ogni foggia e dimensione. Esistono bombe a mano termobariche e razzi termobarici che si posso lanciare da lanciamissili portatili. Altre sono così grandi che vengono trasportate dagli aerei e generano esplosioni in grado di rivaleggiare con le più piccole testate nucleari tattiche”.
In un esecrabile attentato terroristico a Mosca il 20 agosto salta in aria Darya Dugina, figlia ventinovenne dell’ideologo sovranista Alexandr Dugin, meglio noto come “l’ideologo di Putin” o “il Rasputin di Putin”. Il padre, più probabile obiettivo dell’attentato, si salva solo perché aveva deciso all’ultimo minuto di non salire sulla Toyota guidata dalla figlia nella quale era stata collocata una carica esplosiva. Da chi? Dugin in realtà non ha legami personali con Putin. Anche se non ha molta influenza in Russia, è piuttosto accreditato presso i circoli sovranisti e complottisti americani ed europei. Nel 2014 aveva evocato “il massacro degli ucraini”. Dugin teorizza la “Quarta teoria politica”: dopo il fascismo, il comunismo e il liberalismo ecco il “Movimento internazionale euroasiatico”. Propugna una delirante unificazione di tutti i territori russofoni (Ucraina compresa) ed europei in un nuovo vastissimo impero “da Dublino a Vladivostok”. Manco a farlo apposta guidato da Mosca, “Terza Roma” dopo Costantinopoli. Obiettivo: combattere l’Occidente individualista, “eterna Cartagine” da radere al suolo. (Rosalba Castelletti La famiglia con la “Z” amata dai sovranisti, tra fake news e odio per l’Occidente, repubblica.it 21 agosto 2022).
Con un tempismo tanto perfetto quanto sospetto in meno di 48 ore il FSB, erede del KGB sovietico, risolve il caso (ma perché dell’indagine non si occupava l’antiterrorismo della polizia moscovita?). Postando tanto di video della presunta attentatrice: la quarantatreenne Natalia Vovk. Sarebbe una agente ucraina appartenente ai servizi segreti (secondo altre fonti russe ancora meno attendibili appartenente anche al battaglione Azov) arrivata in Russia il 23 luglio e fuggita in Estonia dopo l’attentato. Fonti della sicurezza russa hanno ipotizzato che potrebbe avere usato la figlia dodicenne che l’accompagnava per piazzare la bomba telecomandata sotto il SUV della Dugina.
Dugin ha definito l’omicidio della figlia “un attacco terroristico compiuto dal regime nazista ucraino”. “I nostri cuori bramano non solo la vendetta, a noi serve la Vittoria. E allora vincete, per favore!” ha aggiunto l’ideologo, convinto sostenitore dell’invasione russa dell’Ucraina. (ANSA, 22-23 agosto 2022) Dugin aveva definito l’invasione dell’Ucraina “una guerra santa contro l’Anticristo e il satanismo” rappresentato dal “moderno sistema di valori occidentali”. Per Dugin l’invasione dell’Ucraina è “una questione di essere o non essere” che la Russia farà di tutto per vincere, “anche fino a una collisione nucleare”. (ANSA, 21 agosto 2022)
Anche se non mancano osservatori che considerano il brutale attentato “made in Russia” e non “made in Ucraina”, ossia organizzato da frange estremistiche di oppositori russi a Putin, diventano realistiche le preoccupazioni che quella autobomba sarà motivo di un giro di vite nella guerra. Kiev, preoccupata, in tutti i modi nega coinvolgimenti: “l’Ucraina non ha nulla a che fare con l’autobomba. Non siamo uno Stato criminale come la Federazione russa e tantomeno uno Stato terrorista” dichiara Mikhail Podolyak, consigliere di Zelensky. Ma non è difficile ipotizzare che in qualche modo Mosca nelle prossime settimane cercherà una feroce vendetta per l’ingiustificabile assassinio della Dugina (non meno incendiaria del padre, allineata sulle sue posizioni). E il Cremlino farà diventare ancora più feroce la sua condotta aggressiva nella ormai sempre meno “operazione speciale” e sempre più “guerra totale” sul suolo ucraino.
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