I sindaci siciliani evitano i controlli, chi rischia il posto

Economia | 21 agosto 2019
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Il sistema dei controlli interni degli enti locali è stato riformato con il Decreto Legge. n. 174/2012 col quale è stato integralmente sostituito l'art. 147 del Testo Unico Enti Locali e sono stati introdotti, ex novo, gli articoli 147 bis, ter, quater e quinques. In questo modo si è passati da quattro forme di controllo a sei, invertendo la tendenza all'alleggerimento dei controli che era stata introdotta con la legge costituzionale del 2000 che aveva abolito i CORECO (Comitati Regionali di Controllo). La nuova normativa distingue i Comuni a seconda della loro dimensione demografica prevedendo che alcune tipologie di controlli interni, quali quelli sulle società partecipate e sulla qualità dei servizi erogati, siano obbligatorie solo negli enti sopra i 10.000 abitanti. I controlli interni devono essere organizzati, da ciascun ente in osservanza al principio di separazione tra funzione di indirizzo e compiti di gestione. Sono parte dell'organizzazione del sistema dei controlli interni il segretario comunale, il direttore generale (se nominato), i responsabili di servizio e le unità di controllo (nuclei di valutazione, organismi indipendenti di valutazione), laddove previste. 

Con l'introduzione di tre nuove tipologie di controllo, il sistema in vigore si articola ora su sei livelli: il controllo di regolarità amministrativa e contabile teso a garantire la legittimità, la regolarità e la correttezza dell’azione amministrativa; il controllo di gestione finalizzato a verificare l’efficacia, l’efficienza e l’economicità dell’azione amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante tempestive azioni correttive, il rapporto tra obiettivi e azioni realizzate, nonché fra risorse impiegate e risultati; il controllo strategico per valutare l’adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed ogni altro strumento di determinazione dell’indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti; il controllo degli equilibri finanziari allo scopo di garantire il costante controllo degli equilibri finanziari dell’Ente, anche ai fini della realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica; il controllo sulle società partecipate teso a verificare l’efficacia, l’efficienza e l’economicità degli organismi gestionali esterni; il controllo di qualità per garantire il controllo della qualità dei servizi erogati sia direttamente sia mediante organismiesterni.

 Più enti locali possono istituire uffici unici per svolgere le attività di controllo in forma associata. La norma del 2012 impose agli enti locali di approvare in Consiglio Comunale, entro il 10 gennaio 2013, un regolamento disciplinante il sistema di controlli interni e di darne formale comunicazione al Prefetto ed alla sezione regionale di controllo della Corte dei Conti; prevedendo che in caso di inadempienza il Prefetto avrebbe invitato l'ente ad adempiere entro il termine di 60 giorni. Decorso inutilmente anche questo termine, il Prefetto aveva il potere di avviare il procedimento di scioglimento del Consiglio Comunale per gravi e persistenti violazioni di legge (cfr. Nicola Sorgente su “Studio Cataldi”).

 La Corte dei Conti ha attivato un costante monitoraggio dell'applicazione della riforma che ha trovato ora pieno svolgimento nella Relazione sull'analisi e i controlli interni degli enti locali relativa all'esercizio 2017 approvata qualche giorno fa. Emerge un quadro dei controlli in continua evoluzione che “tradisce difficoltà operative ancora numerose e forti resistenze culturali nella loro applicazione”. Soprattutto si rilevano diffusi ritardi di attuazione per l'assenza della contabilità analitica, l'inadeguatezza delle tecniche di campionamento, il carente ricorso ad alcuni indicatori e l'insufficienza di direttive. L'indagine è stata svolta su 852 amministrazioni nel territorio nazionale, di cui 747 comuni sopra i 15.000 abitanti e 105 enti di ratea vasta (aree metropolitane ed ex province). L'esistenza di modelli attuativi eterogenei ha permesso alla Corte di stimare quale sia il “rischio di controllo” risultante dalla capacità di ciascuna amministrazione locale di prevenire, individuare e correggere le irregolarità gestionali e gli errori contabili più significativi.

 Per quanto riguarda la Sicilia sono inadempienti i comuni di Partinico e Rosolini, che non hanno risposto al questionario della Corte. 83 enti locali a livello nazionale risultano compresi nelle aree a rischio elevato o medio-alto in quanto evidenziano l'inesistenza dei sistemi di controllo strategico, sulle partecipate e sulla qualità dei servizi, con la contestuale presenza di forti criticità nell'attuazione dei controlli di regolarità contabile, di gestione e degli equilibri finanziari. 

Nelle categorie dei meno virtuosi si collocano diversi comuni dell'isola. Belpasso, Biancavilla nel catanese e Pozzallo nell'ex provincia di Ragusa mostrano gravi carenze sul controllo di qualità; per quanto riguarda Licata (Agrigento) le sezioni riunite della Corte per la Sicilia avevano già rilevato il carattere cronico e persistente delle irregolarità sul sistema dei controlli. Altrettanto critiche le condizioni di Favara (Ag), di Milazzo (Me) dove non è praticabile “l’indispensabile rilevazione di costi e ricavi dell’azione amministrativa, che consenta di valutare la corretta ed economica gestione delle risorse pubbliche e l’efficienza che deve improntare l’attività della Pubblica Amministrazione” e di Castelvetrano nel quale si sono verificate gravi carenze nel controllo di gestione e nel controllo strategico.

 di Franco Garufi

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