I profitti esagerati dei partiti politici

Politica | 27 maggio 2015
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Da strumenti di libera associazione per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale, così come sancito dall’art.49 della Costituzione, ad imprese con profitti derivanti dalle risorse pubbliche. I partiti politici in Italia sembrano aver cambiato status, almeno stando ai dati forniti da Openpolis che ha calcolato i costi della politica negli ultimi 20 anni. Dall’approfondimento del finanziamento pubblico ai partiti dal 1994 ad oggi emerge che il tesoretto messo da parte dai questi nel ventennio preso in considerazione è di circa un miliardo e 700 milioni. In particolare, analizzando i rimborsi per le tornate elettorali regionali, politiche ed europee, i partiti hanno speso 726,9 milioni di euro a fronte di oltre 2,4 miliardi erogati dallo Stato. Le occasioni elettorali più ‘proficue’ per gli ‘utili’ sono state le politiche 2001, 2006 e 2008 che da sole hanno lasciato in eredità un gruzzoletto di oltre un miliardo di euro. Per le ultime elezioni nazionali, viste anche le riduzioni apportate dalla riforma del 2012, i partiti hanno limitato le spese accertate e iniziato ad utilizzare altri tipi di finanziamento. Il Governo Letta, infatti, ha recentemente abolito sia il rimborso delle spese elettorali sia i contributi pubblici erogati per l’attività politica e a titolo di cofinanziamento. Così, per politiche del 2013, quasi il 20% dei soldi utilizzati è giunto o da somme elargite da persone fisiche o da contributi di persone giuridiche. In quella stessa tornata i partiti hanno speso 45 milioni, ma ne hanno raccolti dai privati 46 e ne riceveranno dalla Stato 54. Il surplus - secondo l'Osservatorio - sarà quindi del 222%. Dunque, nonostante gli ultimi cambiamenti normativi, le elezioni continuano a restare «un grande affare». Ma non sono solo le tornate elettorali a rappresentare un business per i partiti. Anzi, in seguito ai provvedimenti più stringenti del Governo Letta, i partiti sembrano aver trovato un altro modo per ottenere maggiori finanziamenti pubblici: quello delle spese per l’attività dei gruppi politici. Proprio perché i Gruppi drenano una gran parte di denaro pubblico, Openpolis ritiene che «sempre più il finanziamento pubblico ai partiti si sta spostando dai rimborsi elettorali alle spese per il funzionamento e la gestione dei gruppi politici». A supporto di questa intuizione, si noti come alla Camera e al Senato nel 2013 «i soldi ricevuti in un anno dai gruppi equivalgono a 2 anni di rimborsi elettorali». Sono 38,50 milioni di euro i finanziamenti incassati dai gruppi presenti al Parlamento nazionale (rispettivamente 24,77 milioni alla Camera e 14,05 milioni di euro al Senato), mentre i fondi ricevuti da quelli attivi al Parlamento Europeo sono stati 58,78 milioni di euro. A livello regionale, sempre nello stesso anno, la cifra si è attestata sui 30 milioni di euro, con la Regione Sicilia che, da sola, ha sborsato oltre 6 milioni ai gruppi del Parlamento siciliano. Se si considera che «tutti i gruppi hanno chiuso il 2013 in attivo, con un avanzo totale di esercizio di 15 milioni», sembra proprio che anche i fondi per i gruppi costituiscano una fonte di business per i partiti. Alla Camera, ad esempio, il gruppo del Pd ha ricevuto oltre 13 milioni di euro ed ha avuto uscite per 8,7 milioni; Forza Italia ha incassato 3,7 mld e speso 3,5 e il M5s ha ottenuto quasi 3,8 milioni e ne ha utilizzati 2 mln. Un capitolo a parte riguarda i media. In 10 anni - dal 2003 al 2013 - i media di partito hanno ricevuto 344,54 milioni di euro. Di questi 252 sono andati ai giornali e 92 alle radio. Il 64% di questi, tuttavia, ha ormai cessato le proprie attività. I dati sono ancora più netti per quanto riguarda i giornali di partito: il 77,78% ha chiuso e il 5,56% pubblica solo una versione online.
 di Alida Federico

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