I professionisti della mafia che non invecchiano mai
Cultura | 27 luglio 2015
Quasi trent'anni e ancora lì siamo. Nei giorni del caso Crocetta, dell' intercettazione-fantasma e del ritorno (o della continuità?) della Palermo dei veleni. Siamo anc o r a a i " p r o f e s s i o n i s t i dell' antimafia".Viene perfino pudore a parlarne. Ma siccome c' è un vasto mondo che ne discetta sferzante e c' è una variopinta umanità che sembra inventata apposta per dargli ragione, occorre prendere l' argomento per le corna. Sapendo di attirarsi gli strali degli uni e degli altri.Strane creature, questi professionisti. Nacquero per decreto mediatico-politico nel gennaio dell' 87 (il 10 gennaio per la precisione) grazie al titolo di prima paginachesul CorrieredellaSera annunciava un lungo articolo interno di Leonardo Sciascia. Furono da subito una specie umana deplorevole, messa all' indice dall' intellettuale scomodo per antonomasia, benché nell' occasione comodissimo al Palazzo. Lodarono infatti Sciascia tutti i giornali e le tivù, tutti i partiti, di governo e non, tuttiisindacati. Destino raro per gli anticonformisti.Ricordiamolo dunque, per chi non era ancora nato e per chi era adulto e si ostina a non volere ricordare : all' originedituttovierastatalanomina di Paolo Borsellino a procuratore capo di Marsala.BORSELLINO AVEVA vinto quel posto nella mafiosissima provincia di Trapani per gli straordinari meriti acquisiti sul campo, tra cui l' istruzione con Giovanni Falcone del celebre maxiprocesso di Palermo, alloraincorso. Eun magistrato concorrente se ne era adontato : e dove stiamo mai finendo, che i magistrati non vengono scelti a quei posti per anzianità o per titoli formali ma per capacità specifica, di indagare e di rischiare?Aveva perciò rappresentato le sue doglianze allo scrittore. Che raccogliendole e argomentandole per una pagina intera sul Corriere aveva perentoriamente così concluso : " I lettori, comunque, prendano atto che nulla valepiù, inSicilia, perfarcarriera nella magistratura, del prender parte a processi di stampomafioso". Cinqueanni dopo Borsellino fece carriera saltando per aria in via D' Amelio. Ed è precisamente questo che è un po ' scomodoricordare. Perchéinrealtà Sciascia aveva dato voce a un fastidio crescente.Fino all' alba degli anni ottantainfattinonesistevainItalia un movimento antimafia. Nacque sull' onda dei delitti eccellenti del ' 79- ' 82 coagulandosi intorno ad alcuni magistrati e poliziotti, familiari di vittime, preti di frontiera, singoli giornalisti, singoli politici. Conquistando un seguito del tutto imprevedibile tra insegnanti e s t u d e n t i. E s u s c i t a n d o, all' opposto, un formidabile moto di insofferenza in un potere che con la mafia trescava in affari e voti e trovava impertinente questa rivolta che non si esauriva nelle lacrime davanti alle bare o nelle denunce giornalistiche da sfornare rituali e " coraggiose " dopo i grandi delitti. Ma checonintransigenzafaceva nomi e chiedeva giustizia, cercandopuredicostruireuna nuova sensibilità civile.Tutti i giorni che Dio mandava in terra.Per questo il movimento divenne oggetto di un processo di delegittimazione morale come nemmeno la mafia aveva subito. I magistrati divennero " protagonisti" ; i familiari " una nuova piùnobilemafia" ; gliavvocati delle parti civili, altra novissima specie, " giureconsulti da corteo" ; i sindaci " esibizionisti " (Leoluca Orlando, pur non nominato, era statooggettodell' invettivadi Sciascia).TUTTI FURONO battezzati a tambur battente " giustizialisti " e " intolleranti " (e in effetti intolleranti verso la mafia un po ' lo erano …), mentre gli insegnanti che li sostenevano divennero " giacobini " alla testa di studenti " khomeinisti". Venne coniato un interovocabolarioperportare tutti sul banco degli imputati. Colpevoli, insieme, di non mollare. Come se fossero appunto dei " professionisti " dell' antimafia.Ma professionisti bisognava essere. Perché dall' altra parte lo erano eccome. E perché, comeinsegnavaGiovanni Falcone, la mafia non può essere combattuta da dilettanti allo sbaraglio. O da gente che ci pensa una volta all' anno. La differenza vera, felicemente teorizzata da un mio giovane laureato, si sarebberivelatainrealtàquella tra " carrieristi " e " professionisti". Edicarrieristiinnome dell' antimafia purtroppo ce ne sono stati. Tanti. Solo che difficilmentelitroverestetra i professionisti. Stanno invece fra i dilettanti. O tra i mestatori. Persone che hanno goduto dell' appoggio del potere, prontoalegittimarliper interesseconquellanobileetichetta. Oppure dell' appoggio dei social, perennemente pronti a creare miti ed eroi mai sperimentati sul campo.Mi permetto in proposito di rinviare al mio Benvenuti al circo dell' antimafia uscito su queste pagine nel dicembre del 2013. È stato un diluvio.Il tale magistrato fu " impegnato nella trincea di Palermo ai tempi di Giovanni Falcone". Seguono applausi, che cos' abbia fatto non si sa, magari complottava contro Falcone.Iltaleèinveceunfreelance minacciato dalla mafia e dunque censurato (magari hasolofattoundvdounlibro fallimentare) : subito invitato nelle scuole, anche a pagamento. Un nullasapiente gioca a spararla più grossa di tutti, delirando di trame e di complotti (poi purtroppo ci sono quelli veri)? È l' unico che ha il coraggio di dire le cose come stanno, meno malechec' èlui. Epoiilcommerciante che pretende di essere inpericolodivitaeselaprende con " gli antimafiosi da tastiera " che non solidarizzano abbastanza, salvo scoprire che paga un delinquente per sparargli contro il chiosco. E non è finita.C' È ANCORA IL LEADER o la leader dell' associazione antimafia che si ciuccia a fini personali i soldi (tanti) ricevuti a sostegno della sua nobile attività : ' io rischio in prima fila, mica sono come gli antimafiosi di maniera'. Senza parlare della sindrome " da scorta". Quella per cui chi, con raccomandazione politica o simulazione, si procura una scorta diventa il Verbo per eccellenza. E naturalmente ci sono le schiere di politici che amano " la legalità " e le foto con i familiari delle vittime, adorano comparire con il faccione alle commemorazioni e poi tramanoconilnemico, cheneso io di chi incontro o mi capita a tavola? Intorno, eccoci al punto, le schiere di giornalisti, politici e intellettuali che davanti a questi casi truffaldini (tutti figli del dilettantismo di chi osserva e accredita) fanno a gara a sentenziare che " aveva ragione Sciascia sui professionisti dell' antimafia".No, Sciascia allora non ebbe ragione. È sempre il " contesto", perusareunterminea lui caro, che distribuisce le ragioni e i torti della storia. E il contesto era quello che un anno dopo portò il Csm a rifiutare la nomina di Falcone a capo ufficio Istruzione di Palermo, a beneficio di un collega dilettante di mafia ma molto più anziano, perché occorreva chiudere con l' epoca dei professionisti … Strana cosa, insomma, l' Antimafia. Che quando è fatta per finta regala carriere e tappeti rossi. E quando è fatta sul serio porta umiliazioni e censure. Od onori che costano caro. Non è ancora di questo, nella Palermo dei veleni e del caso Crocetta, che bisognerebbe parlare? (Il Fatto Quotidiano)
di Nando Dalla Chiesa
Ultimi articoli
- La marcia del 1983, si rinnova la sfida alla mafia
- Bagheria, consiglio
aperto sulla “marcia” - La nuova Cortina
di ferro grande campo
di battaglia - La riforma agraria che mancò gli obiettivi / 2
- Mattarella, leggi
di svolta dall'incontro
con il Pci - Mattarella fermato
per le aperture al Pci - La legalità vero antidoto per la cultura mafiosa
- Natale, un po' di rabbia
e tanta speranza
nella cesta degli auguri - Lotte e sconfitte
nelle campagne siciliane
al tempo di Ovazza / 1 - La legge bavaglio imbriglia l'informazione