I poveri siciliani che la politica si ostina a ignorare

Economia | 9 ottobre 2016
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La povertà assoluta in Italia nel 2015 (stima Istat pubblicata nel luglio 2016) coinvolge 1milione 582 mila famiglie pari a 4 milioni e 598 mila persone, cioè il 7,6% della popolazione residente, il numero più alto dal 2005 ad oggi. Una percentuale che sale al 9,1% delle famiglie e al 10% delle persone nel Mezzogiorno e tocca in Sicilia il 15,8% delle famiglie ed il 18,6% delle persone (circa 900.000 in numero assoluto secondo dati Res 2014). Tra le persone coinvolte 2 milioni 277 mila sono donne, 1 milione 131 mila sono minori, 1milione 13 mila hanno un'età compresa tra 18 e 34 anni e 538 mila sono anziani.


Preciso, per chiarezza di ragionamento, che la soglia di povertà assoluta rappresenta la spesa minima necessaria per una determinata famiglia per acquisire i beni e servizi inseriti in un apposito paniere e considerati essenziali ad uno standard di vita minimamente accettabile. Un minore su dieci, quindi, nel 2015 si trovava in condizioni di povertà assoluta. Peggiorano in particolare le condizioni delle famiglia di quattro componenti e in particolare delle coppie con due figli e delle famiglie con l'adulto di riferimento non occupato di età compresa tra 45 e 54 anni. Insomma i soggetti più deboli appaiono le donne ed i minori insieme agli adulti capofamiglia privi di lavoro ed ultra-quarantacinquenni. Si tratta di un fenomeno sociale in espansione amplificato dalla lunghissima crisi economica e che richiede interventi efficaci e rapidi. Essenziale perciò che si metta mano, a livello nazionale e locale, a politiche capaci di dare risposte a cittadini che vedono messo in discussione il fondamentale diritto alla sopravvivenza.


Sulla situazione delle politiche contro la povertà in Italia si sofferma la Caritas italiana in “Non fermiamo la riforma- Rapporto 2016 sulle politiche contro la povertà in Italia” che denunci l'assenza nel nostro paese, unico in Europa insieme alla Grecia, di una misura universalistica contro la povertà assoluta. Tuttavia le misure introdotte dal Parlamento con la legge finanziaria 2016 hanno segnato un primo, ancor insufficiente, cambio di passo con lo stanziamento di 600 milioni di euro per l'anno in corso e 1 miliardo per il 2017. Gli stanziamenti finanziano due misure provvisorie il SIA (sostegno all'inclusione attiva) che si presenta come l'evoluzione di uno strumento sperimentato dal 2012 nelle aree metropolitane e l'ASDI (assegno per la disoccupazione) che saranno successivamente assorbite dalla REI (reddito inclusione). La SIA prevede l'erogazione di un beneficio economico alle famiglie in condizioni economiche disagiate nelle quali almeno un componente sia minorenne oppure sia presente un figlio disabile o una donna in stato di gravidanza. Il nucleo familiare dovrà aderire ad un progetto personalizzato di attivazione sociale e lavorativa sostenuto da una rete di interventi individuati dai servizi sociali dei Comuni , instaurando un patto che implica una reciproca assunzione di responsabilità e di impegni. Dal 2 settembre i cittadini in possesso dei requisiti possono presentare richiesta per la SIA. I requisiti sono i seguenti:

-ISEE inferiore a 3000 euro

-non beneficiare di altri trattamenti economici superiori ai 600 euro

-non beneficiare di sostegni al reddito dei disoccupati

-assenza di beni durevoli di valore ( non aver acquistato un'automobile nei precedenti 12 mesi)

-valutazione multidimensionale del bisogno attraverso un apposito punteggio.

Ai beneficiari verrà concesso un beneficio economico mensile che va, in base alla numerosità del nucleo familiare, da 80 a 400 euro.

L'ASDI (assegno di disoccupazione) è invece una misura assistenziale- nel senso che non dipende dal versamento di contributi- che mira a tutelare i disoccupati ultracinquantenni, nei cui nuclei familiari si trovino minorenni, che abbiano esaurito l'intero ciclo degli ammortizzatori sociali (NASPI) e versino in condizioni di bisogno attestate da un ISEE inferiore a 5000 euro annui (che senso ha un limite ISEE differente da quello richiesto per la SIA?). Anche in questo caso la corresponsione dell'assegno è condizionata all'adesione ad un progetto personalizzato redatto dai servizi per l'impiego. Ad integrazione dei fondi direttamente destinati a SIA e ASDI intervengono le risorse europee, specificamente il PON-FSE per garantire la copertura finanziaria dei progetti di inclusione sociale gestiti dagli enti locali che rappresentano la componente di politiche attive del percorso di sostegno. A tal fine l'Avviso pubblico 3/2016 pubblicato il 3 agosto scorso ha previsto una dotazione di 486 milioni 943mila euro per l'intero territorio nazionale, di cui 114 milioni 522mila assegnati alla Sicilia e ripartiti ai 55 distretti socio sanitari che si aggiungono ai 112 milioni già assegnati per il finanziamento della carta di pagamento elettronica utilizzabile per l'acquisto di beni di prima necessità.


Secondo le stime della Caritas le somme attualmente stanziate coprono il 35% del fabbisogno nazionale di risorse per far fronte al problema della povertà assoluta. La medesima percentuale vale per la Sicilia, dal momento che le risorse vengono assegnate alle singole regioni sulla base di una media ponderata tra distribuzione della povertà assoluta, della grave deprivazione materiale e delle famiglie senza lavoro. Resta perciò da affrontare il problema di estendere la misura a tutta la potenziale platea di beneficiari. Pur senza indulgere al “benaltrismo” (è l'atteggiamento di chi di fronte ad ogni provvedimento sostiene che si tratta di una piccola goccia nel mare e che “ben altra “ è la soluzione n.d.a), si rende assolutamente necessario un intervento integrativo della Regione Siciliana. In questo senso si sono già mosse altre regioni con diverse forme di reddito minimo. Il Friuli Venezia Giulia ha uno strumento di contrasto alla povertà (MIA, Misura attiva sostegno al reddito istituito nel luglio 2015) che ha già riformato allo scopo di integrarlo con il SIA. In Puglia l'analogo strumento (RED, reddito di dignità) è stato disegnato in misura complementare ed è partito contestualmente a quello nazionale ( cfr. L. Lusignoli, “Il SIA: una prima analisi della misura” in Rapporto Caritas pag.12). La Regione Siciliana purtroppo sta concentrando la sua attenzione esclusivamente sull'attuazione del SIA ma nulla continua a fare per ampliare la platea dei beneficiari.


Si tratta di una gravissima ed ingiustificabile colpa, anche perché ormai da un anno giace in Assemblea Regionale il Disegno di legge di iniziativa popolare presentato da un'ampia coalizione di forze sociali ed associazioni con il coordinamento organizzativo del Centro Studi Pio La Torre. Quel disegno di legge, che ha raccolto oltre 15.000 firme, ha filosofia e struttura per molti versi simili al sostegno all'inclusione attiva ed è facilmente integrabile con la misura nazionale. Nell'articolato vengono inoltre individuate le fonti di finanziamento. Integrando le due misure potremmo arrivare a coprire fino al 70% dei potenziali beneficiari spostando per di più l'attenzione su fasce sociali come gli anziani, che la SIA non riesce attualmente a coinvolgere. Il silenzio che l'ARS ha fatto cadere sul primo disegno di legge di iniziativa popolare presentato dai cittadini siciliani è intollerabile. Leggo che si è costituita anche in Sicilia l'”Alleanza per la povertà” promossa da Caritas, Acli, Cgil, Cisl, Uil, Forum del terzo settore ed altre importanti associazioni che a livello nazionale hanno lanciato insieme la proposta del Reddito di inclusione sociale (REIS). Molti dei soggetti che la compongono sono tra i promotori del disegno di legge di iniziativa popolare per il contrasto alla povertà assoluta. Un'occasione da non perdere per rilanciare a livello di massa la nostra iniziativa per dare risposte serie ed immediate ai drammatici problemi dei troppi poveri che vivono in Sicilia.

 di Franco Garufi

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