I lavoratori delle aziende confiscate: lo Stato non ci abbandoni

Società | 31 gennaio 2015
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Si è concluso con la tappa di Palermo il viaggio della legalità della Cgil in Sicilia. Lunedì il camper, partito in ottobre da Milano, proseguirà per fare sosta a Napoli. “L’80 per cento delle aziende confiscate non ce la fa a sopravvivere. Spesso da parte degli amministratori giudiziari non c’è la dovuta attenzione verso la ricerca del progetto imprenditoriale che potrebbe aiutare le aziende a stare sul mercato.

Per questo – ha dichiarato il segretario della Cgil di Palermo Enzo Campo alla presentazione dell’iniziativa oggi presso la sede della Cgil - lanciamo un invito al coinvolgimento delle parti sociali, per cercare la prospettiva economica più adeguata e soddisfacente. Finalmente l’Agenzia nazionale dei beni confiscati si è dotata di un direttivo. Adesso non ci sono più motivi per non andare avanti in modo spedito. La Cgil vuole vincere la battaglia contro il fallimento delle aziende confiscate, con interventi per mantenere in vita le attività produttive e dare stabilità occupazionale ai lavoratori. Affinché non passi l’idea che “con la mafia si lavora e quando arriva lo Stato il lavoro scompare”. “Il messaggio – aggiunge Enzo Campo - deve essere quello che la legalità conviene. E chiamiamo a raccolta anche le istituzioni.

Abbiamo chiamato accanto a noi a parlare oggi i protagonisti del riscatto, che stanno tentando con progetti di auto imprenditorialità di andare avanti con le loro gambe. Hanno raccontato le loro esperienze, fatte di sacrifici, a volte di sconfitte ma anche di qualche vittoria. La Cgil, anche attraverso la legge di iniziativa popolare Io riattivo il lavoro, sollecita l’Agenzia a mettere in campo le azioni per un’ imprenditorialità”. La Cgil di Palermo, durante la presentazione alla stampa del Camper della Legalità, ha invitato l’amministrazione comunale e il sindaco Leoluca Orlando a siglare un “patto anti evasione”. “E’ un’iniziativa – spiega Enzo Campo - che vogliamo proporre e lanciare assieme alla Cisl e alla Uil per recuperare le somme dell’evasione fiscale e destinarle alle attività sociali e ai tanti servizi che subiscono i tagli con le decurtazioni delle somme destinate agli enti locali.

A Palermo e provincia si concentrano tra gli 85 e i 100 mila lavoratori in nero, che producono circa 1 miliardo e mezzo di evasione fiscale. In Italia sono 3 milioni i lavoratori in nero, che producono 42,7 miliardi di evasione fiscale. Intanto in tutti i posti di lavoro stiamo portando avanti la raccolta di firme a iniziativa popolare della Cgil per una legge sulla trasparenza negli appalti pubblici e privati”. All’iniziativa hanno partecipato i lavoratori di diverse aziende confiscate alla mafia, raccontando le criticità dei processi in corso per la sopravvivenza delle loro imprese.

Erano presenti i lavoratori della ex Azienda Latticini Provenzano, dell’Ati Group, del San Paolo Palace Hotel, dell’Immobiliare Sansone e Raffaello, del Centro Olimpo, della cooperativa che gestisce il progetto Mandarin’Arte nell’agrumeto di Ciaculli confiscato alla mafia, dell’Abbazia Sant’Anastasia. “Andiamo avanti per la nostra strada con grandi sacrifici. Ci auguriamo che l’Agenzia nazionale dei beni confiscati e lo Stato non ci abbandonino”: è stato l’appello di Francesco Cannizzaro, dell’hotel San Paolo Palace, ripetuto da tanti. A conclusione del viaggio in Sicilia, Luciano Silvestri, del dipartimento Legalità della Cgil nazionale, che ha seguito le varie tappe, ha tracciato un primo bilancio. “E’ un viaggio nel Paese reale, per raccogliere quelle storie che nessuno racconta più. L’obiettivo è di arrivare alla fine del viaggio e documentarlo.

E consegnare poi tutto il materiale che stiamo assemblando al presidente del Consiglio e al presidente della Repubblica – ha detto Silvestri - Vogliamo rimettere al centro il rapporto tra legalità e lavoro, scomparso dall’agenda politica. E l’attenzione principale chiediamo sia posta sulla confisca dei beni: le aziende confiscate oggi stanno vivendo grandissime difficoltà”. “Abbiamo visto di tutto, lavoratori sospesi, bloccati, cantieri sequestrati, aziende in difficoltà. Abbiamo raccolto luci e ombre nelle aziende simbolo visitate in queste quattro tappe siciliane di Palermo, Catania, Ragusa e Trapani – aggiunge Mimma Argurio, della segreteria regionale Cgil – I lavoratori chiedono una cosa sola: il lavoro. Perché sono persone. Non vogliono gli ammortizzatori sociali. Chiedono un lavoro legale. E sollevano il tema degli amministratori giudiziari, che sono pochi e hanno molte aziende a carico, e non sempre riescono ad avere la giusta visione del futuro.

 Il tema lavoro dovrebbe ritornare ad essere nell’agenda politica del governo regionale e di quello nazionale”. PALLOTTOLA CONTRO IL FEUDO VERBUMCAUDO CONFISCATO AI MAFIOSI Il cartellone all'ingresso del vigneto del feudo di Verbumcaudo, a Polizzi Generosa, il terreno confiscato alla mafia e acquisito dalla Regione nel dicembre 2011, è stato sfregiato da una pallottola che ha bruciacchiato il logo della Repubblica italiana, che nel cartellone sovrasta gli altri simboli, quelli della Regione siciliana e dei consorzi che dal 10 marzo 2014 gestiscono il vigneto intitolato a Placido Rizzotto. L'ha denunciato il segretario della Cgil di Palermo, Enzo Campo, nel corso della conferenza stampa a conclusione delle quattro tappe del viaggio del camper della legalità della Cgil in Sicilia.

Il bene, che comprende un vigneto sperimentale di 5 ettari (collezione del germoplasma viticolo siciliano) realizzato dall'assessorato regionale all'Agricoltura, è stato affidato, in vista della costituzione del Consorzio legalità e sviluppo delle Madonie, a tre cooperative: «Lavoro e non solo» di Corleone, «Placido Rizzotto» e «Pio La Torre» di Corleone. «I lavoratori delle cooperative due giorni fa, accompagnando l'agronomo di un ente regionale a una visita del vigneto, hanno notato che il cartello che identifica il terreno come bene confiscato alla mafia era stato danneggiato, e bruciato, da una pallottola esplosa. Un colpo mirato, che ha centrato proprio lo stemma della Repubblica italiana. Abbiamo presentato la denuncia ai carabinieri.

 E oggi è stato accertato che si tratta di un colpo di fucile - dicono Campo e il responsabile della Camera del Lavoro di Corleone Dino Paternostro - Non sappiamo se si tratta o meno di un atto intimidatorio, della goliardata di qualcuno, di un colpo partito dal fucile di un cacciatore o di un atto di stupidità. La Cgil non si lascia intimidire da questi atti. Saremo più che mai vigili». La denuncia è stata presentata da Calogero Parisi, presidente della cooperativa «Lavoro e non solo» di Corleone.



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