Gli sprechi della Sanità in Sicilia allarmano la Corte dei conti
Economia | 3 luglio 2015
Malgrado numerose misure «ispirate a rigorose politiche d'intervento», i conti della Regione siciliana vanno peggiorando. Lo dicono le sezioni riunite della Corte dei conti per la Sicilia nella relazione sul rendiconto 2014 della Regione. I giudici sottolineano una «condizione di difficile sostenibilità dei conti pubblici regionali». E richiamano il «generalizzato e significativo deterioramento dei saldi fondamentali di bilancio, che presentano significative involuzioni rispetto al 2013 e valori negativi anche per quelle poste che, invece, avevano realizzato risultati negativi». Fra i dati più critici quelli della sanità che è stata di 9 miliardi e 508 milioni: 615 milioni in più rispetto al 2013. Per la salute dei suoi cittadini la Regione siciliana impegna il 54 per certo dell'intera spesa che nel 2014 è stata di 17 miliardi e 599 milioni. Dopo avere osservato come «non appaia dimostrabile» che le politiche economiche abbiano «governato efficacemente» le variabili della crisi generale, la Corte segnala «con maggiore urgenza e preoccupazione rispetto al passato» l'esigenza che lo stato dei conti pubblici regionali «venga al più presto» sottoposto a percorsi adeguati di risanamento. Si tratta di misure che, secondo i giudici contabili, vanno «concordati con il livello centrale, così come si è provveduto in altre occasioni da parte del legislatore statale». Per la Corte sarebbe necessario un piano pluriennale di rientro «per il ripristino strutturale dell'equilibrio del bilancio regionale». E per questo occorrono apposite intese tra lo Stato e la Regione.
di Angelo Meli
I PARADOSSI DELLA SPESA SANITARIA
Per evitare il commissariamento della sanità la Regione siciliana si è impegnata ad anticipare liquidità che la vincoleranno fino al 2045 a pagare quote di ammortamento per 96 milioni all'anno. Si aggiungono ai 128 milioni che paga per restituire allo Stato un prestito di circa 2,6 miliardi. I siciliani vengono quindi chiamati a sostenere uno sforzo fiscale per un lungo periodo che lascia perplessa la Corte dei conti sulla affidabilità dello «strumento individuato» per sanare il deficit sanitario. C'è poi da considerare la sostanziale inefficacia di altre misure. Diminuiscono infatti la spesa farmaceutica e quella per il personale, si intensificano i controlli sulle prescrizioni, si decurtano le somme pagate per l'assistenza ospedaliera convenzionata ma nel 2014 la Regione siciliana ha impegnato 9 miliardi e 508 milioni di euro, 615 milioni in più rispetto al 2013. Com'è possibile? Il pg Diana Calaciura Traina trova una spiegazione nel fatto che sono in costante incremento le spese per l'acquisto di beni e servizi. Servono, sostiene, «maggiori e più incisivi controlli da parte dell'assessorato vigilante». «Sarebbe auspicabile - aggiunge - ancorare le valutazioni dei manager aziendali alla effettiva e sostanziale applicazione delle disposizioni in materia di spending review, tanto più in questo periodo di difficoltà economiche». Ci sono però note positive. Il pg le riserva all'attività dell'assessorato alla salute con la quale si cerca di ridurre gli sprechi mantenendo inalterata la qualità della prestazione. «Mi riferisce - conclude il pg - ai controlli sulle cartelle cliniche, al monitoraggio sull'appropriatezza dei ricoveri, all'attenzione dedicata agli eventi cardiologici che, da soli, costituiscono una parte ingente della spesa regionale».NEL 2014 IL DEBITO E’ CRESCIUTO A 5,5 MILIARDI
«Al 31 dicembre 2014 il debito residuo complessivo della Regione è pari a 5.508 milioni di euro. Di cui 5.300 a proprio carico e la restante parte, 208, rimborsata dallo Stato anche se formalmente a carico della Regione». «Lo stock del debito si attesta a un livello superiore rispetto a quello del 2013 registrando un trend crescente pari al 3.05% - viene sottolineato -. L'onerosità della situazione debitoria della Regione si percepisce ancora con maggiore evidenza se si considera che, entro il 2015, allo stock del debito già contratto si aggiungerà la prevista sottoscrizione di un ulteriore prestito pari ad oltre 1.776 milioni di euro. Per effetto di tale ulteriore operazione - conclude la Corte dei Conti - l'importo complessivo dell'onere restitutorio dell'Amministrazione regionale ammonterà a circa 7900 milioni».L’INGIUSTIFICABILE ESERCITO DEI DIRIGENTI MAL PIAZZATI
La Regione siciliana ha un dirigente ogni 8,6 dipendenti, quasi ventimila impiegati ma ci sono uffici dove non lavora nessuno. Il procuratore generale d'appello della Corte dei conti per la Sicilia, Diana Calaciura Traina, aggiorna la mappa del personale che ha sempre una rilevante incidenza sulla spesa corrente, anche se c'è stata una riduzione del 3 per cento con un miliardo e 546 milioni di stipendi pagati. I dipendenti a tempo indeterminato sono quasi 15 mila (ma diventano 17.325 con quelli a tempo determinato) a cui si aggiungono 1.737 dirigenti (diminuiti ma di poco). Altre 2.603 persone sono inquadrate nei servizi «esternalizzati» oppure vengono retribuite «ad altro titolo». Malgrado questa grande dotazione di personale ci sono però servizi che hanno un solo dirigente e nessun dipendente. Questo è il caso limite di una struttura di fondamentale importanza come l'ufficio speciale per la chiusura delle liquidazioni: è stato creato nel 2014 per accelerare le operazioni di liquidazione delle società partecipate. Sono 12 quelle in cui la Regione ha attualmente una posizione maggioritaria e sette quelle in cui detiene quote variabili di partecipazione azionari. Si tratta di società, ha ricordato il pg, in cui già la Corte aveva individuato «profili di criticità e di cattiva gestione».BACCEI: SI' AL PIANO DI RIENTRO MA L’EMERGENZA RESTA
«Un piano di rientro triennale è quello che stiamo cercando di fare. Quest'anno stiamo lavorando sui 300 milioni di euro, che chiudono il bilancio 2015. Abbiamo fatto parecchie poste straordinarie che non potremo utilizzare l'anno prossimo nella stessa misura. Diciamo che l'emergenza per il 2016 diciamo è, se non maggiore, uguale al 2015. L'emergenza rimane». Lo ha detto l'assessore regionale all'Economia Alessandro Baccei, rispondendo ai rilievi mossi dalle sezioni riunite della Corte dei conti in Sicilia sui documenti contabili del 2014. La Corte ha auspicato un piano di rientro triennale dal momento che il deficit ammonta a circa 8 miliardi di euro, da concordare con il governo centrale.CROCETTA: TROPPI TAGLI DALLO STATO
«La Corte ci ha detto che i derivati non li abbiamo creati noi, che lo Stato ha tagliato i fondi Pac è una serie di altri finanziamenti che a fine anno 2014 ci ha impedito di trovare la copertura su diverse voci del bilancio», replica il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta «Quando sono critico verso questa sottrazione di risorse sollevò un problema vero ma mi si dice che c'è l' ho con Renzi e Faraone», continua. «Il giudizio della Corte dei Conti - ha aggiunto il governatore - si svolge ancora con un rito antico, perchè c'e» la requisitoria del Pm, ma non si permette all'imputato di difendersi«. Ai cronisti che facevano notare le critiche mosse dalla Corte sulla rotazione dei dirigenti: »alcuni di questi dirigenti erano accusati di prendere tangenti, altri alla formazione deviavano i bonifici sui propri conti correnti. C'era la necessità di rompere un sistema«. »Nell' immediato ha creato qualche problema - ha detto - ma ne ha risolto altri, alla fine la spesa europea è stata fortemente incrementata. La verità è che i mancati trasferimenti dello Stato hanno creato un deficit per noi assolutamente imprevisto nella fase di bilancio a fine anno».Ultimi articoli
- La marcia del 1983, si rinnova la sfida alla mafia
- Bagheria, consiglio
aperto sulla “marcia” - La nuova Cortina
di ferro grande campo
di battaglia - La riforma agraria che mancò gli obiettivi / 2
- Mattarella, leggi
di svolta dall'incontro
con il Pci - Mattarella fermato
per le aperture al Pci - La legalità vero antidoto per la cultura mafiosa
- Natale, un po' di rabbia
e tanta speranza
nella cesta degli auguri - Lotte e sconfitte
nelle campagne siciliane
al tempo di Ovazza / 1 - La legge bavaglio imbriglia l'informazione