Gli smartphone, i bambini e i problemi della crescita

Società | 7 ottobre 2016
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Come saranno tra 10 anni i bambini a cui oggi è permesso di glissare le relazioni interpersonali per trascorrere molto del loro tempo giocando con uno Smartphone?

Riformulo.

Come si struttura un bambino che intrattiene una relazione a volte ossessiva (quasi dipendente) con una scatoletta di metallo che invia impulsi fotoelettrici continui che sollecitano reazioni costituite da micro-movimenti diversi tra loro per intensità, durata e direzione in una tensione nervosa che esclude qualsiasi articolazione motoria, relazionale, logica, linguistica, affettiva, che non sia strettamente connessa al gioco momentaneo?

Le leggi della crescita si fondano su un susseguirsi più o meno costante e continuo ritmo di conquiste raggiunte con l’esperienza e l’esercizio. Sperimentare contesti e situazioni unitamente alla maturazione, consente l’acquisizione di competenze e abilità: sappiamo camminare perché la maturazione fisica si è accompagnata con l’esperienza motoria in un contesto che ci ha facilitato in questo senso. Non potere acquisire o non avere esperienza nell’uso della lingua parlata, non ci farà buoni oratori anche se l’apparato vocale e neurologico connesso è in ordine. Leggere il manuale del nuotatore provetto non ci garantisce che entrando in piscina staremo a galla.

Il bambino conosce il mondo perché ci si muove dentro. Dalla nascita alla sua maturazione completa, il corpo è il mediatore attraverso cui ciascuno di noi prende le misure del mondo e si rappresenta, si fa idea della realtà in cui vive. Anche da adulti sperimentiamo quanto il nostro corpo ci dice sui contesti in cui siamo inseriti. “Di pancia”, “a pelle” sono espressioni di cui ci serviamo quando abbiamo dei pensieri che nascono dalle sensazioni. Il più delle volte sono intuizioni che saranno confermate. Ma anche le esperienze “in situazione” mettono la nostra corporeità al primo posto in contesti di apprendimento, e solo successivamente il senso logico di quanto è stato realizzato diventerà non solo più chiaro ma parte di noi.

Conosciamo il mondo perché abbiamo un corpo e con questo corpo instauriamo relazioni con chi ci sta intorno. Il tipo, la durata, l’intensità delle relazioni è variabile e contestualizzata, ma la costante è che senza relazioni la vita sarebbe innaturale, patologica.

Oggi i videogiochi, sotto l’occhio a volte interessato, a volte preoccupato, spesso orgoglioso del genitore-amico, stanno creando delle variabili non sempre controllabili nel ritmo della crescita.

Il videogioco impone l’immobilità fisica, la tensione attentiva, assorbe tutto lo spazio della memoria di lavoro, il rapporto è 1/1 cioè un bambino vs un apparecchio elettronico. La musica è costituita da semplici giri sonori, i personaggi sono irreali, le storie sono spesso impostate sulla violenza e sull’uccisione di qualcuno, e la conquista finale è data dal superamento di livelli. Quanto di tutto questo può essere utilizzato nella vita vera?

Se il loro uso fosse limitato a pochi minuti al giorno, non staremo qui a porci la questione. Il dato invece è che lo Smartphone con tutti gli annessi e le app connesse, incrementa la sua presenza nella vita di ogni bambino occupando quegli spazi una volta riempiti dai compagni di gioco, dalle attività all’aperto, dalle attività familiari, dai momenti che costruiscono la propria identità. L’apparecchio elettronico è oggi il regalo ambito al posto della bicicletta, è il compagno dei momenti liberi o appositamente liberati, è il premio per avere agito taluni comportamenti o rispettato determinate regole. La stessa trasmissione del sistema di valori familiari e sociali è spesso barattata con l’uso dello Smartphone.

Come immaginiamo, dunque, tra 10 anni il bambino di oggi che resta seduto per ore a reagire agli impulsi visivi e sonori del suo videogioco, spesso da solo o con qualche amico accanto a lui che fa la stessa cosa, e con in mente solo livelli da superare e bonus da guadagnare?

Non conosco studi scientifici sull’effetto delle continue stimolazioni visive sul sistema neurologico di chi fa uso apprezzabile di videogiochi o della costante presenza egli apparecchi televisivi nelle stanze dove dormono i bambini. Ci dovrebbe bastare sapere che gli impulsi luminosi intermittenti sono utilizzati nella misurazione della attività dell’encefalo: la misurazione elettroencefalografica rileva infatti eventuali anomalie che si manifestano con la stimolazione luminosa mirata.

Eppure la tecnologia da intrattenimento che offre il mercato è in continua evoluzione e arricchimento. Di pari passo è in aumento il manifestarsi di forme di disagio e forme di dipendenza da schermo. A scuola sono in aumento gli alunni con atteggiamenti di instabilità, minore rendimento scolastico, scarsa capacità di concentrarsi e di mantenere sufficiente attenzione, difficoltà di seguire le regole, la suscettibilità alla noia, l’intolleranza alla frustrazione dell’attesa, l’incapacità di perseguire obiettivi progettuali e, soprattutto, la caduta della motivazione in parecchie aree della vita scolastica.

Tutta colpa degli Smartphone? No, certamente. Si tratta pur sempre uno strumento ossia quello col quale o per mezzo del quale si opera. E’ la tata elettronica che riempie gli spazi che genitori ed educatori lasciano vuoti, impoverendo il ruolo che non rivestono sino in fondo, preferendo delegare ad “Altri” non meglio definiti alcune delle funzioni proprie svolte con efficacia per secoli dagli “Adulti di riferimento”. E in questi Altri il videogioco ha un suo tempo e un suo spazio. Del resto lo Smartphone è solo un strumento a cui gli adulti devono attribuire un senso e un valore commisurato in maniera inversamente proporzionale al senso e al valore che attribuiscono alla propria presenza nella vita del bambino a loro affidato./p>

 di Marilù Calderaro

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