Gli insulti contro Liliana Segre: "Gente di cui avere pena"
Sono in media circa 200 al giorno gli insulti e le minacce ricevute sui social da Liliana Segre, come emerso dal rapporto dell’Osservatorio antisemitismo. “Sono persone di cui avere pena”- risponde con il garbo di sempre la ottantanovenne senatrice a vita, sopravissuta ad Auschwitz e testimone dell'Olocausto, in occasione del convegno ‘Dal binario 21 ad Auschwitz, il linguaggio dell'odio’, tenutosi allo Iulm di Milano lo scorso 28 ottobre. Un incontro organizzato in un particolare momento storico, in cui la deriva alla discriminazione torna ad essere piuttosto evidente. Ad alimentare questo clima culturale dell’odio sono spesso anche i social, per via dell’anonimato e del fatto che non ci sono conseguenze per chi esprime concetti che offendono popoli, singoli individui e buon senso. Liliana Segre ha raccontato ai giornalisti lombardi e agli studenti delle scuole il dramma delle leggi razziali antisemite, la persecuzione nazi-fascista e la Shoah. Ha ricordato cosa accadde quando fu costretta a lasciare la scuola, che cosa rappresentò quel viaggio sul carro merci con destinazione i campi di concentramento e di sterminio, e ha descritto l’orrore di quei luoghi. La Segre, infatti, aveva 13 anni quando, a causa delle leggi razziali fasciste del 1938, fu espulsa dalla scuola, arrestata e, nel 1944, caricata sul carro merci del binario 21 della Stazione Centrale di Milano per essere deportata al campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau durante la Seconda guerra mondiale. La sua famiglia ebrea italiana era completamente assimilata nella vita del nostro Paese. Soltanto in seguito alla promulgazione di quelle leggi razziali fasciste, la allora adolescente Segre prese coscienza della sua differenza. La Segre fu una dei pochi bambini, tra gli oltre un milione e mezzo deportati, che riuscirono a sopravvivere ai campi di sterminio.
L’iniziativa allo Iulm è stata organizzata affinché le parole della sopravvissuta della Shoa possano fungere da monito contro le discriminazioni di qualsiasi tipo. Alla domanda su come si possono sconfiggere queste persone che esprimono odio per le altre, la Segre ha risposto che “non esiste un modo. Sono persone che vanno curate. Sono odiatori seriali, che devono odiare qualcuno". E affida alla “scuola, le famiglie” il compito di arginare questa deriva alla discriminazione, considerato che “noi, come testimoni, siamo rimasti numerosi come le dita di una mano”. Traspare un po’ di sconforto nelle sue parole sulla possibilità di recuperare gli hater. Nonostante “la speranza, in una nonna” permane sempre, “la realtà, qualche volta, si abbatte sopra la speranza con una bastonata tremenda. Io di bastonate ne ho prese tante e sono ancora qua”. Il colpo più duro che la Segre ha subito è stato “quando hanno ucciso mio padre”. La senatrice a vita ha lanciato l’invito a godere e soffrire ogni minuto. “Bisogna studiare, vedere le cose belle che abbiamo intorno, combattere quelle brutte”. E, con un pizzico di ironia contro chi la attacca sui social, ha aggiunto che è una perdita di tempo scrivere “a un novantenne che le si augura la morte... tanto c’è già la natura che ci pensa...”.
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