Gli alunni stranieri nelle scuole italiane e la sfida dell’inclusione

Giovani | 25 gennaio 2022
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Nonostante lelevato numero di alunni stranieri iscritti nelle scuole italiane, si registrano ancora dei divari nei riguardi dei compagni di nazionalità italiana, soprattutto rispetto al percorso scolastico intrapreso. A metterlo in luce è il rapporto del Miur sugli alunni con cittadinanza non italiana relativo allanno scolastico 2019/20. In tale periodo sono risultati iscritti nelle scuole del nostro paese 877mila ragazzi e ragazze di nazionalità straniera. È un dato- secondo quanto riportato da all’osservatorio povertà educativa #conibambini di Openpolis nel rapporto “La sfida dell’inclusione”- che dagli anni 80 ad oggi è andato progressivamente aumentando, ma che ultimamente ha registrato una tendenza alla stabilizzazione. Nel decennio tra gli anni scolastici 2000/01 e 2009/10 il numero di studenti senza nazionalità italiana è cresciuto del 357% (+526mila persone), nel decennio successivo (tra gli anni scolastici 2009/10 e 2019/20) laumento è stato di entità inferiore, attestandosi al 23,4%. A essere aumentato è soprattutto il numero di ragazzi di seconda generazione, cioè nati in Italia ma senza cittadinanza italiana. Un aumento che ha riguardato nello specifico la scuola secondaria di II grado, dove nel passaggio dallanno scolastico 2018/19 al successivo questa categoria è cresciuta del 15,4%. Lincremento è stato invece leggermente inferiore nella scuola secondaria di I grado (+9%) e più limitato in quella dellinfanzia (+1%) e primaria (+0,5%). Nel 2019/20, il 10,3% degli studenti era di nazionalità non italiana, mentre il 6,8% erano stranieri nati in Italia (pari al 65,4% di tutti gli alunni stranieri).

Secondo i dati del Miur, quella degli studenti stranieri nati in Italia è l’unica componente in crescita nella popolazione scolastica italiana. La percentuale di nati in Italia rispetto al totale degli alunni stranieri è infatti aumentata in maniera preponderante nella scuola secondaria di II grado (+18 punti percentuali tra 2018 e 2019) e di I grado (+12,8 punti). La crescita tuttavia è stata inferiore per la scuola primaria (+3 punti) e nel caso della scuola dell’infanzia si è addirittura registrato un calo (-3,3 punti percentuali). La distribuzione territoriale degli alunni di nazionalità straniera nel nostro paese non è omogenea. La presenza è particolarmente forte in Lombardia (il rapporto è 1 su 4), dove risiede il 25,6% degli studenti stranieri, a fronte del 15,4% di quelli italiani. Segue sotto questo aspetto l’Emilia-Romagna, dove risiede il 12% di tutti gli studenti stranieri e il 6,7% di quelli italiani. Analizzando invece i dati a livello territoriale, si nota che ad ospitare la quota più elevata di alunni stranieri, nel 2019, era la provincia di Prato, in Toscana (28%). La seguivano, sotto questo aspetto, Piacenza (23,5%) e Mantova (19,4%). A registrare le cifre più basse invece erano le province sarde, in particolare quella di Oristano (1,5%) e Nuoro (1,7%). A livello comunale, oltre alla prevalenza già emersa nei territori del centro-nord, emerge anche una spaccatura in base alla “centralità” del comune. Nelle città polo, baricentriche in termini di servizi, circa il 13,5% della popolazione minorile è di origine straniera, contro una media nazionale del 10,8%. Quindi è soprattutto nelle città e nei comuni maggiori che la presenza di famiglie straniere tende a concentrarsi maggiormente. Nei comuni cintura, invece, l’hinterland delle realtà urbane principali, il dato scende al 9,93%. Per poi calare ulteriormente nelle aree interne: 9,41% nei comuni intermedi (distanti tra 20 e 40 minuti dai poli), 6,6% in quelli periferici (oltre 40 minuti di distanza dal polo più vicino) e 4,76% in quelli ultraperiferici (oltre 75 minuti). Isolando solo le città maggiori riemerge la prevalenza di quelle settentrionali. Milano è, tra i 10 comuni italiani più popolosi, quello con più bambini e ragazzi stranieri: 23,49% del totale; seguono Torino (21,86%) e Bologna (20,93%). Al quarto posto Firenze, con il 18% di popolazione minorile con cittadinanza non italiana. Oltre al capoluogo toscano, anche Genova e Roma superano il dato medio nazionale. Al contrario, tutte le maggiori città meridionali si trovano molto al di sotto di questa media: Napoli (4,7%), Catania e Palermo (attorno al 4,2%) e infine Bari (3,8%).

Gli studenti stranieri, nonostante costituiscano una componente significativa e consolidata della popolazione scolastica del nostro paese, compiono ancora degli iter spesso differenti rispetto ai loro compagni di nazionalità italiana. Il percorso scolastico con la più alta quota di stranieri ad esempio è quello professionale. In particolare, i percorsi di istruzione e formazione professionale complementare, ovvero percorsi di competenza regionale, triennali o quadriennali, che portano all’ottenimento di qualifiche e diplomi professionali (26,4%). Quello con la quota più bassa di ragazzi stranieri nell’anno scolastico 2019/20 era il liceo, e in particolare il liceo classico (1,6%). Mentre infatti circa la metà degli alunni con cittadinanza italiana, nel 2017, sceglieva il liceo, nel caso dei ragazzi stranieri questa quota risultava dimezzata. Un rapporto ribaltato- come evidenzia Openpolis- invece nel caso della formazione professionale, scelta dal 36% degli studenti con cittadinanza straniera e dal 18,9% di quelli di nazionalità italiana. Si tratta di un sintomo rilevante da un punto di vista sociale perché il percorso scolastico che si sceglie ha un impatto significativo sulla futura integrazione all’interno del mondo del lavoro e sulla capacità di emanciparsi economicamente e socialmente. Come riportano infine i dati del Miur, tra gli stranieri è anche maggiore l’incidenza del ritardo e dell’abbandono scolastico e, in quanto al divario tra autoctoni e stranieri rispetto a questi fenomeni, l’Italia è uno dei primi paesi in Europa. Solo garantendo a tutti un’istruzione di qualità, a prescindere dall’origine o dalla condizione sociale- nello spirito della convenzione sui diritti dell’infanzia- si creano i presupposti per una società con minori disuguaglianze e rischio esclusione. In questo senso, scuola e comunità educante costituiscono il primo vero motore di integrazione nonché di inclusione sociale.

Melania Federico

 di Melania Federico

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