Giustizia riparativa a Palermo per imputati e famiglie
Società | 28 settembre 2015
Si chiama «Vale la pena», il progetto di giustizia riparativa finalizzato al reinserimento sociale e lavorativo messo in campo a Palermo per le persone in esecuzione penale. La particolarità è infatti quella di non fermarsi al singolo recluso classificato come «beneficiario diretto» ma di coinvolgere tra i «beneficiari indiretti», le famiglie dei destinatari dell' intervento e la comunità intesa come cittadinanza «sensibilizzata alla reintegrazione delle persone sottoposte a procedimenti penali secondo il modello riparativo», si legge nelle note del progetto. La durata prevista è di 36 mesi presso il Centro diaconale «La Noce» Istituto valdese di Palermo, partner del progetto con l' Ufficio di esecuzione penale esterna della città. A guidarlo un pedagogista e criminologo, un educatore, un volontario psicologo, un medico Asl e un funzionario Uepe - Ufficio esecuzione penale esterna, tutte professionalità indicate per l' operatività del progetto.Nell' elenco delle attività, sono previsti: un progetto educativo individuale e colloqui di verifica periodica, l' affiancamento nella ricerca attiva del lavoro con bilancio di competenza, stesura cv, lettura di giornali per la ricerca lavoro e scouting aziendale insieme allo sviluppo di percorsi di autonomia abitativa, laboratori di genitorialità e creazione di network e spazi di socialità a partire dal coinvolgimento delle varie realtà di volontariato presenti nel territorio. Gli obiettivi che il progetto insegue son tanti, a cominciare dalla costruzione e sviluppo della rete locale di accoglienza per le persone sottoposte a procedimenti penali e dal potenziamento degli interventi di accompagnamento sociale ed educativo per le persone accolte fino allo sviluppo di partnership. Dal punto di vista lavorativo, vanno identificati eventuali fabbisogni di formazione, un progetto individualizzato e l' affiancamento alla ricerca attiva del lavoro con avvio di tirocini e borse lavoro per arrivare all' offerta di risorse e occasioni concrete di inserimento lavorativo in azienda. I professionisti coinvolti saranno tenuti a testare la disponibilità dei soggetti ad avviare eventuali percorsi di mediazione e giustizia riparativa con l' accompagnamento, presa in carico e mantenimento delle relazioni con la famiglia del soggetto dalla fase di detenzione alla fase di reinserimento sociale. Mentre sul piano personale, la persona dovrà lavorare sul potenziamento della propria autostima e autonomia riappropriandosi della dignità personale e dell' autoconsapevolezza ferma restante la promozione della cultura della legalità e la sensibilizzazione della cittadinanza alla reintegrazione secondo il modello riparativo che orienta tutto il progetto. Il progetto si inquadra nell' ambito della legge 67/2014, la legge sulle misure alternative al carcere e di riforma del sistema sanzionatorio, «Delega al governo in materia di depenalizzazione, sospensione del procedimento con messa alla prova, pene detentive non carcerarie, nonché sospensione del procedimento nei confronti degli irreperibili», conosciuta come «messa alla prova». Un provvedimento che prevede importanti misure di carattere strutturale e di sistema per ridurre il problema del sovraffollamento carcerario attraverso l' istituto della messa alla prova o probation, la previsione di pene detentive non carcerarie e la depenalizzazione di un' ampia categoria di reati. A tal riguardo, va sottolineato che l' Uepe, con questa legge delega, acquisisce nuove competenze istituzionali in ambito di Messa alla Prova: prende in carico l' imputato ammesso dal giudice alla messa alla prova e alla fine del periodo di sospensione del procedimento per messa alla prova, è chiamato a scrivere una relazione conclusiva su cui si baserà il giudice per la sua decisione finale che in caso di esito positivo, porta all' estinzione del reato.(italia oggi)
di Marzia Paolucci
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