Giovani in campo contro l'odio, le mafie e il terrorismo
Una criminalità organizzata pronta a saccheggiare rituali e sentimenti religiosi per legittimarsi, forte delle connivenze e degli appoggi ricevuti in passato. Tre leader religiosi diversi che ribadiscono la distanza abissale tra la fede e la violenza. In mezzo, le curiosità di centinaia di studenti che si soffermano su quei silenzi, pesanti come macigni, che hanno segnato l'anima di un Paese lacerato e diviso nella lotta alla mafia. Scorre attraverso queste corde il sentire degli interventi della terza videoconferenza promossa dal centro studi Pio La Torre e dedicata a “Le religioni e il loro impegno antimafia e antiviolenza: unità tra credenti e laici contro ogni forma di odio e intolleranza”.
“Ciò che accomuna la mafia e il fondamentalismo religioso è la ricerca del potere. Lo ha ricordato anche Papa Francesco nella sua enciclica 'Fratelli tutti': non sono le religioni, ma i leader a strumentalizzare le religioni. Le organizzazioni mafiose che cercano di propiziarsi santi e divinità, appropriandosene indebitamente, lo fanno per un'ostentazione di potere. La violenza non trova alcuna base nelle convinzioni religiose”. È la ferma condanna di ogni tipo di connivenza tra mafia e religione fatta dall'arcivescovo di Palermo, don Corrado Lorefice.
All'incontro di oggi, aperto dal presidente del centro, Vito Lo Monaco, hanno anche partecipato in collegamento streaming per il rispetto delle norme anti contagio: Peter Ciaccio, pastore della Chiesa Valdese, Ahmad Abd al Majid Macaluso, imam responsabile per la Sicilia della comunità religiosa islamica, e il giornalista Franco Nuccio, direttore di ANSA Sicilia, che ha moderato il dibattito. Al centro della conferenza il rapporto tra mafia e Chiesa, passato negli anni alla complicità all'anatema, portando in dote, come pegno del proprio cambiamento, il sangue dei suoi figli, da padre Pino Puglisi a don Peppe Diana, fino al giudice Rosario Livatino. “L’Isis è un’associazione criminale che ha utilizzato dei principi riconosciuti da tutti per distorcerli e usarli a proprio uso e consumo - ha detto l'Imam - accanendosi, oltre che contro il popolo occidentale, contro gli stessi musulmani che ne subiscono le sue ripercussioni nefaste. Il messaggio dell'Islam è un’altra cosa”. Così Ahmad Abd al Majid Macaluso, responsabile per la Sicilia della comunità religiosa islamica, ha condannato le strumentalizzazioni religiose fatte dal terrorismo islamico.
“Qui siamo un pastore valdese, un Imam e un arcivescovo. In passato ci siamo fatti la guerra, oggi sappiamo di dover unire le nostre forze per un obiettivo comune di pace”, ha detto il pastore valdese Peter Ciaccio, che ha ricordato anche lo storico leader del Pci Emanuele Macaluso, recentemente scomparso, “Amico di Pio La Torre e del centro studi, un uomo che ha lottato per il bene e lo stato di diritto, non solo contro la mafia ma contro le ingiustizie sociali del nostro Paese. Una figura di alto valore sociale e politico la cui statura va riconosciuta anche da chi non era necessariamente comunista”. Franco Nuccio ha ricordato le tante ombre e luci di un rapporto, quello tra mafia e religione, che ha attraversato la storia della Sicilia e del nostro Paese: “Il mafioso ha sempre cercato di condizionare il potere politico – ha ricordato il giornalista - Dall'inchino davanti alle abitazioni dei boss al rituale dell'affiliazione mafiosa della 'puncìuta' con tanto di santino religioso, dalle nozze del boss Totò Riina celebrate da padre Agostino Coppola, nipote di un boss mafioso, alla figura controversa di don Frittitta, parroco della Kalsa, che ha confessato il boss Pietro Aglieri nel suo covo mentre era latitante”.
Numerose le domande provenienti dalle scuole e dalle carceri tra i 650 collegamenti in streaming, dalla strumentalizzazione degli aspetti esteriori al silenzio della Chiesa prima delle stragi. “C'è un aspetto molto doloroso che emerge dalle domande degli studenti – ha sottolineato il pastore valdese Ciaccio – la percezione diffusa tra i ragazzi di una certa connivenza della Chiesa con la mafia, come se gli esseri umani facessero fatica a perdonarsi. E questo nonostante il tributo di sangue pagato dai sacerdoti e le ferme condanne di due pontefici. Le Chiese non possono minimizzare le manifestazioni del male, perchè poi recuperare è molto difficile, va ribadito: siamo contro la mafia e ogni violenza”.
“C'è una grande unità tra credenti e non, laici e religiosi, nel ripudiare la mafia, vera minaccia alla nostra democrazia – ha detto Vito Lo Monaco - una condanna che in realtà come centro studi registriamo nettamente nella somministrazione dell'indagine sulla percezione del fenomeno mafioso. Le risposte degli studenti contro la violenza delle mafie, infatti, ogni anno superano il 90%”. “La religiosità di un mafioso o di un fondamentalista non appartiene alla religione, ma è una deviazione – ha precisato ancora l'arcivescovo Lorefice – Accade anche nelle feste religiose in Sicilia, spesso nelle mani di organizzazioni extraecclesiali che non hanno alcun interesse spirituale, ma sono folklore e strumentalizzazione di quella manifestazione usata come paravento. Per questo tre anni fa (il 25 gennaio 2019, festa della conversione di San Paolo) ho firmato un decreto che richiede a chiunque voglia iscriversi a una confraternita religiosa di Palermo la presentazione del certificato dei carichi pendenti del casellario giudiziale: gli affiliati alla mafia non possono farne parte”. Il progetto educativo antimafia e antiviolenza promosso dal centro Pio La Torre e finanziato dal MIUR, coinvolge centinaia di istituti da Nord a Sud Italia e ha come scuola capofila il Liceo classico 'Vittorio Emanuele II' di Palermo.
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