Giornalisti nel mirino della mafia, tre minacce ogni due giorni
Società | 5 agosto 2015
È un «dato allarmante
l'incremento degli atti di ostilità nei confronti dei giornalisti: 2.060 dal 2006 al 31 ottobre
2014, con un costante incremento che ha registrato il suo picco nei primi 10 mesi del 2014,
con 421 atti di violenza o di intimidazione, quasi tre ogni due giorni». Lo hanno sottolineato
la presidente della commissione Antimafia Rosy Bindi ed il vicepresidente Claudio Fava
presentando la relazione sui giornalisti minacciati dalle mafie rilevando la necessità di
contrattualizzare i freelance.
La relazione dell'Antimafia 'Sullo stato
dell'informazione e sulla condizione dei giornalisti minacciati dalle mafiè oltre a basarsi da
quanto emerso in 34 audizioni di giornalisti, direttori di quotidiani, presidenti regionali
dell'Ordine dei giornalisti, del presidente nazionale dell'Ordine e del segretario della Fnsi, si
è avvalsa anche dei dati e delle analisi di 'Ossigeno per l'informazionè, l'osservatorio che
monitora le minacce nei confronti dei giornalisti. La relazione è stata approvata stamani
all'unanimità, come è stato anche sottolineato anche da Uva, commissario antimafia dei
cinque stelle. Il report evidenzia, tra l'altro, la quasi totale impunità degli atti di violenza e
minaccia dal momento che sono «pochissimi gli episodi in cui gli autori sono stati
identificati, giudicati e condannati». Si segnala anche come strumento di 'pressionè per
evitare inchieste 'scomodè, l'uso «spregiudicato ed intimidatorio» di querele temerarie e di
azioni civili per indurre i giornalisti «a comportamenti e scritture più rispettosi». In proposito
si ricorda come, nella sua audizione, Milena Gabanelli ha spiegato di aver ricevuto citazioni
in giudizio per oltre 250 milioni di euro, con un picco paradossale di 137 milioni richiesti da
una multinazionale della telefonia, «a fronte di una sola causa persa per 30.000 euro» una
«sproporzione» che secondo la relazione, «fa cogliere bene l'elemento pretestuoso di
quelle azioni». Poi il report denuncia la «violenza più subdola, ma non meno dolente, che si
manifesta attraverso le condizioni di estrema precarietà contrattuale ed economica di quasi
tutti i giornalisti minacciati». «Molti cronisti auditi, a fronte di un devastante repertorio di
intimidazioni, hanno ammesso di dover lavorare per pochi euro ad articolo, spesso senza
contratti e con editori raramente disponibili ad andare oltre una solidarietà di penna e di
facciata», rimarca la relazione. Per questo la commissione Antimafia ritiene «una lacuna
grave, alla quale dovrà essere posto rimedio al più presto, non aver ancora normato
contrattualmente la figura dei freelance, che è di fatto l'ossatura dell'intero sistema
informativo italiano».
Attualmente sono 20 i giornalisti che vivono sotto scorta, 11 sono stati i giornalisti uccisi
dalle mafie e dal terrorismo in questi anni. Le zone dove è più difficile fare informazione
libera sono la Calabria e la Sicilia. Ci sono inoltre «sacche di informazione reticente» e di
«editori attenti a pretendere il silenzio delle loro redazioni su fatti o nomi innominabili», una
realtà sulla quale «l'Ordine dei giornalisti ha ormai abdicato ad esercitare una funzione di
fattivo controllo, avendola dovuto delegare per legge ai cosiddetti consigli di disciplina che
fino ad oggi hanno funzionato poco o nulla». Tra i giornalisti auditi, Roberto Saviano anche
se invitato dall'Antimafia «non ha ritenuto di accettare l'invito». In proposito la presidente
Bindi ha spiegato che Saviano ha degli impegni molto spesso in America come insegnante«.
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