Gigi Proietti porta al cinema un malinconico Babbo Natale
Un Babbo Natale volutamente fiacco, stanco, stremato, ormai privo d’ardore e pronto a cedere la funzione ad un successore da lui stesso designato. Così Gigi Proietti, inimitabile mattatore e one man show, torna a vivere sul grande schermo ad un anno esatto dalla morte (che ha lasciato un vuoto incolmabile nel rutilante mondo dello spettacolo), interpretando il ruolo del vecchio barbuto trasferitosi a Roma dalla Lapponia, infiacchito e dall’epa “gonfiabile”, adorato (anche in era tecnologica, a cui obtorto collo si è adeguato con slitta supersonica) dai bimbi del mondo intero. Intriso di dovuto buonismo, diretto dal regista-sceneggiatore romano Edoardo Falcone, Io sono Babbo Natale (2021), fortunatamente eterna sopravvivenza cinematografica, redenzione morale d’un incallito delinquente (Marco Giallini, indovinato coprotagonista, nei panni di Ettore, afflitto da triste infanzia), per astrusi calcoli distributivi, circola in questi giorni nelle sale, a quasi due mesi di distanza dalla festa più amata dell’anno, incongruo anticipo che ne brucia fuori tempo le potenzialità d’incasso e di visibilità, assicurate in genere dal lungo periodo festaiolo di fine anno… pandemia permettendo. Evidentemente, più che alla luttuosa ricorrenza (Proietti è morto il 2 novembre dell’anno passato), probabili accordi in alto loco tra distributori e produttori ne hanno deciso l’uscita anticipata, per dare spazio ad altri blockbuster del periodo cinematograficamente più redditizio dell’anno. L’immancabile sfascio sentimentale - ormai costante irrinunciabile d’ogni trama (richiamo realistico alla crisi di coppia, efficace per quanto scontato sotto plot) - è qui rappresentato dal rapporto sbagliato dell’ex galeotto Ettore-Giallini con la compagna (Barbara Ronchi), da cui ha avuto una figlia, che dopo un fallimentare tentativo di riconquistarla alla fine, in un fiotto d’altruismo, si prodigherà per far ricongiungere la donna - già in procinto di separazione - con il nuovo compagno che la bimba crede essere suo padre. Fiaba delicata, forse un po' troppo prevedibile, pervasa da un sottofondo di malinconia che tuttavia riporta tutti in quella dimensione fantastica di cui si avverte sempre la mancanza, travolti ogni giorno da una disumanizzante razionalità. Una tristezza, nonostante l’happy end, che la scomparsa del grande Gigi - quasi involontario pendant dell’abdicazione di Babbo Natale - aggiunge al film un surplus di commozione umana, nonostante la divertente missiva del commiato al successore investito dell’indispensabile mandato: "Caro Ettore sei solo un adulto rimasto bambino. [...] A questo punto me ne posso andare in pensione, magari in Portogallo, c'è il mare, si pagano anche meno tasse". Addio indimenticabile, amatissimo, impareggiabile mattatore, padrone assoluto della scena come in pochissimi hanno saputo fare. Il film è stato presentato in preapertura all’ultima edizione della Festa del Cinema di Roma.
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