Fuga letale verso l'Europa, troppi naufragi ignorati nel Canale di Sicilia
Dopo la strage delle donne nel naufragio di martedì scorso tra Lampedusa e l’isolotto di Lampione, ancora tragedie nel mare che separa le coste africane da quelle italiane. Al largo della Tunisia si contano almeno 43 persone annegate mentre tentavano l’attraversamento, mentre sulla spiaggia di Zawiya, in Libia, sono stati ritrovati 14 cadaveri di migranti, tra i quali una donna ed un bambino.
Cresce dunque il bilancio delle vittime dei viaggi della speranza: sono quasi 800 nel 2021. Secondo il comandante generale della Guardia di finanza, ammiraglio Giovanni Pettorino, «noi dovremmo evitare che queste imbarcazioni fatiscenti al limite della galleggiabilità, senza la conduzione di uomini di mare e senza dotazioni di sicurezza si avventurino in mare. I viaggi di questo genere non possono che portare a lutti o a dolori ed è per questo che il problema andrà e va risolto a terra, là dove queste persone partono».
Con quelli di oggi gli arrivi in Italia nel 2021 hanno superato quota 21mila, il triplo di quelli registrati nel primo semestre dello scorso anno: bengalesi (3.332) e tunisini (2.974) le nazionalità più rappresentate.
A comunicare i numeri del naufragio al largo delle coste tunisine di Zarzis è stata la Mezzaluna rossa. La barca era partita da Zuwara, costa nord-occidentale della Libia, con a bordo persone provenienti da Egitto, Sudan, Eritrea e Bangladesh. I sopravvissuti sono 84 ed osserveranno un periodo di quarantena nei vari centri di accoglienza di Medenine, nel sud del Paese, dove le strutture sono già piene. Dalla vicina Libia non arrivano notizie migliori, con il ritrovamento dei 14 corpi in spiaggia. Si tratta, avverte la portavoce dell’Oim Safa Msehli, «di un triste monito per ricordare che molte persone annegano nel Mediterraneo in naufragi invisibili, in assenza di un’efficace e responsabile ricerca e soccorso di Stato».
E sono tante in questi giorni - complice il mare favorevole - le partenze da Libia e Tunisia. A Lampedusa oggi sono arrivati - su 8 diverse imbarcazioni - 252 migranti. Nelle acque dell’isola, intanto, sono state sospese dopo 4 giorni le ricerche di eventuali superstiti del naufragio di martedì. La Procura di Agrigento, che indaga sul caso, vuole provare a raggiungere il relitto naufragato con un robottino per appurare se i 9 dispersi sono rimasti impigliati all’interno dell’imbarcazione.
Nel Canale di Sicilia in questo momento è presente una sola nave umanitaria, la Ocean Viking di Sos Mediterranee, che ha a bordo 44 persone salvate nei giorni scorsi al largo della Libia.
Il fermo amministrativo è stato disposto oggi per la Geo Barents di Medici senza frontiere, dopo un’ispezione della Guardia costiera nel porto di Augusta che ha riscontrato 22 carenze, alcune delle quali possono «compromettere non solo la sicurezza degli equipaggi, ma anche delle stesse persone che sono state e che potrebbero, in futuro, essere recuperate a bordo, nel corso del servizio di assistenza svolto». Non ci sta la ong, che accusa: «è la tredicesima volta in 3 anni che l’Italia blocca navi umanitarie. Faremo tutto il possibile per tornare in mare a salvare vite. Siamo di fronte a un’evidente realtà: mentre le navi umanitarie delle ong sono bloccate, molte persone continuano a morire nel Mediterraneo».
Infine, sulla vicenda degli spari di una motovedetta della Guardia costiera libica contro un’imbarcazione di migranti documentata dall’aereo di Sea Watch la ong ha presentato alla procura di Agrigento una denuncia per tentata strage in mare. E Oxfam denuncia che nel 2021 il Governo ha stanziato 500mila euro in più per sostenere l’attività della Guardia costiera libica, per un totale di 32,6 milioni di euro spesi dal 2017.
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