Francesco Paolo Pipitone vittima innocente della violenza mafiosa

Cultura | 13 aprile 2016
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Si è svolta al Teatro Istituto Regina Margherita la manifestazione in memoria di Francesco Paolo Pipitone vittima innocente della violenza mafiosa. Testimonianze di Connie Transirico giornalista e Marialuisa Martorana avvocato Rosaria Cascio docente. Durante la manifestazione Proiezione del Video «Non è mai troppo tardi...» in memoria di Francesco Paolo Pipitone e interventi musicali degli studenti dell’orchestra dell’Istituto Regina Margherita. Erano presenti i familiari di F.P. Pipitone e gli studenti dei Licei D. Cotugno dell’Aquila e Regina Margherita di Palermo. Pubblichiamo l’intervento di Connie Transirico. 


 Anche essere una persona perbene, a volte ha un prezzo. Sopratutto se vivi in una terra dove non si muove foglia che mafia non voglia. In fondo l'onesta dovrebbe essere la regola, la normalità eppure tanta virtù può diventare un macigno per chi è abituato a sentirsi dire sempre si. Chi dice no rappresenta un bel problema, un ostacolo da eliminare per riportare tutto all'ordine costituito, al controllo capillare, a gli affari di famiglia facili, quelli che da sempre ti fanno viaggiare su binari dove sei l'unico treno che passa. Cosa nostra non tollera gli eroi, piccoli o grandi che siano. Non prevede i coraggiosi, i giusti. Francesco Paolo Pipitone non aveva certo idea di essere a suo modo un rivoluzionario. Vita tranquilla, gran lavoratore, l'amore per la sua campagna che abbelliva con aiuole di fiori ogni volta che poteva. Era assoluto il suo senso della famiglia, determinato il suo sacrificio per comprare quella villa, caparbio il suo desiderio di aiutare gli altri. La banca rurale della quale era diventato presidente negli anni ottanta serviva proprio a questo e a lei come ad una figlia, si era dedicato anima e corpo. Era difficile in quegli anni di piombo per la Sicilia potere fare gli agricoltori senza aiuti economici. 


Ecco, a questo serviva la banca; creare sinergie tra i proprietari terrieri e svincolarli dalle ”attenzioni” del clan. Un nome riecheggiava in quella valle, Giovanni Brusca. Non era ancora troppo famoso allora. Eppure, ci sono il suo volto e la sua firma sull'omicidio di Pipitone. Nessuno avrebbe osato fare una rapina, un furto, spacciare droga o chiedere il pizzo senza l'autorizzazione della mafia. Io c'ero quel triste giorno, uno dei tanti che si susseguivano in fotocopia in quegli anni. Ricordo ognuno di quei morti, di quelle vite spazzate via in un secondo, con ferocia e calcolo. Ricordo i cattivi, che pur sempre uomini erano, figli avevano e lacrime lasciavano dietro di sé. Ricordo i buoni, gli indifesi, le vittime di un sistema che sembrava inarrestabile. Ormai non veniva risparmiato nessuno: donne, bambini, imprenditori, poliziotti, le loro mogli, un bollettino di guerra che ci teneva tutti prigionieri di un futuro negato. Quando finirà, ma finirà??? Me lo chiedevo spesso e confesso che ho pensato mille volte di andare via perchè non vedevo speranza. Ma io amo la mia terra, la sua gente fiera e taciturna, ma capace di battersi con l'orgoglio e la forza di una leonessa a cui vogliono strappare i suoi cuccioli.


 Io ricordo, Brusca l'assassino invece no. Questa è stata la sua confessione: “ ho ucciso Giovanni Falcone. Ma non era la prima volta: avevo già adoperato l'autobomba per uccidere il giudice Rocco Chinnici e la sua scorta. Sono responsabile della morte del piccolo Giuseppe Di Matteo e ho commesso ed ordinato personalmente centocinquanta delitti. Ancora oggi non riesco a ricordare tutti i nomi di quelli che ho ucciso”. La memoria, che gran patrimonio. Nella mia c'è una parte con i sorrisi, le parole argute, le intuizioni, la forza dello sguardo l'entusiasmo del traguardo raggiunto di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino. Li ho conosciuti personalmente e li ho visto morire. Entrambi. Anche lì io c'ero. E ho scritto, raccontato l'orrore, ho provato una rabbia profonda e si, ho pianto. Per giorni. Pensavo” è finita, se hanno piegato uomini come loro è proprio finita”. Invece, è successo. Come l'araba fenice risorge dalle ceneri, così questa città si è armata di consapevolezza e ha cominciato a reagire, a crescere, a liberarsi. A essere più limpida, più aperta, ha imparato a respirare aria pulita, a osare, a inventare occasioni. 


I giovani, siete voi il motore di ogni cambiamento. Dal nord al sud del mondo, si chiami mafia, o criminalità, o politica corrotta, non conta il nome perchè il nemico di cui non avere paura è lo stesso. La prevaricazione, il coetaneo bullo e violento, il gruppo che vuole importi una idea, una idea che a te non piace, chi ti tiene sottomesso, sotto ricatto. Chi ti deruba, chi ti truffa, chi ti priva di una casa, di un lavoro è la stessa musica. Non vi fate ingannare dall'abito che indossano, dal ruolo che hanno. State allerta, dite no. Perchè solo così si arrenderanno. Falcone lo diceva sempre:” la mafia non è affatto invincibile: è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo l'eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia le forze migliori.” E fra queste, ragazzi, ci siete proprio voi.
 di Connie Transirico

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