Fondi europei, ricercatori siciliani in aiuto della Regione

Economia | 14 gennaio 2016
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Incrocio le dita in attesa in attesa che, alla scadenza del prossimo 31 marzo, la Commissione Europea confermi le cifre di disimpegno delle risorse FESR 2017-2013 preannunciate ieri dal
dirigente del dipartimento Programmazione, Vincenzo Falgares, nel corso dell’audizione davanti la competente commissione dell’ARS. Se così sarà il disastro che si preannunciava  due anni fa si sarà trasformato in una bastonatura, solenne e dolorosa ma non esiziale. Vorrei tuttavia ricordare che il responsabile regionale della programmazione europea non ha fornito le cifre relative al FSE (non era sua competenza) che, dal monitoraggio della fine di ottobre 2015, risulta ancora più in ritardo. Sarebbe bene la Commissione Parlamentare se ne occupasse, chiarendo a quanto ammonta il probabile disimpegno. Per accelerare le verifiche sulla spesa e la certificazione si sarebbero, per esempio, potute verificare  le professionalità esistenti in alcune delle  società partecipate: è stato un errore non averlo fatto. Lo sguardo va ora rivolto agli impegni del prossimo ciclo di programmazione 2014-2020 per evitare di ripetere errori d’impostazione e di gestione che l’Europa non sarebbe più disposta a perdonarci. Il direttore Falgares ha certamente ragione quando pone alla radice della deludente performance i problemi ed i ritardi organizzativi della Regione, per  superare i quali la UE ha posto la  condizionalità ex ante  della formulazione di un piano di rafforzamento amministrativo, sotto la diretta responsabilità dell’autorità politica, che ad oggi resta ben celato nei cassetti più segreti della presidenza della Regione.   Mi permetto una modesta proposta per far fronte alla solitudine paventata dal dottor Falgares: destinare una quota significativa di risorse dell’assistenza tecnica del 2014-2020 all’ utilizzo presso il Dipartimento della programmazione della Regione, di cinquanta dottori di ricerca in materie coerenti con gli obiettivi dei programmi operativi che abbiano compiuto il loro ciclo di studi in una della quattro Università siciliane ed abbiano età inferiore ai 35 anni. Tutto ciò potrebbe essere realizzato, rispettando le norme costituzionali sulle assunzioni nella pubblica amministrazione e senza creare nuovo precariato, attraverso convenzioni con ciascuno degli Atenei siciliani. Un contributo serio all’uso efficiente ed efficace, dopo tante delusioni, delle risorse europee, ma soprattutto un decisivo supporto allo sviluppo della Sicilia e alla lotta contro la fuga dei cervelli che sta  privando delle migliori energie la nostra terra.

 di Franco Garufi

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