Fondi europei, ricercatori siciliani in aiuto della Regione
Incrocio le dita in attesa in
attesa che, alla scadenza del prossimo 31 marzo, la Commissione Europea
confermi le cifre di disimpegno delle risorse FESR 2017-2013 preannunciate ieri
dal
dirigente del dipartimento Programmazione, Vincenzo Falgares, nel corso dell’audizione davanti la competente
commissione dell’ARS. Se così sarà il disastro che si preannunciava due anni fa si sarà trasformato in una
bastonatura, solenne e dolorosa ma non esiziale. Vorrei tuttavia ricordare che
il responsabile regionale della programmazione europea non ha fornito le cifre
relative al FSE (non era sua competenza) che, dal monitoraggio della fine di
ottobre 2015, risulta ancora più in ritardo. Sarebbe bene la Commissione
Parlamentare se ne occupasse, chiarendo a quanto ammonta il probabile
disimpegno. Per accelerare le verifiche sulla spesa e la certificazione si
sarebbero, per esempio, potute verificare
le professionalità esistenti in alcune delle società partecipate: è stato un errore non
averlo fatto. Lo sguardo va ora rivolto agli impegni del prossimo ciclo di
programmazione 2014-2020 per evitare di ripetere errori d’impostazione e di gestione
che l’Europa non sarebbe più disposta a perdonarci. Il direttore Falgares ha
certamente ragione quando pone alla radice della deludente performance i
problemi ed i ritardi organizzativi della Regione, per superare i quali la UE ha posto la condizionalità ex ante della formulazione di un piano di
rafforzamento amministrativo, sotto la diretta responsabilità dell’autorità
politica, che ad oggi resta ben celato nei cassetti più segreti della
presidenza della Regione. Mi permetto una modesta proposta per far
fronte alla solitudine paventata dal dottor Falgares: destinare una quota
significativa di risorse dell’assistenza tecnica del 2014-2020 all’ utilizzo
presso il Dipartimento della programmazione della Regione, di cinquanta dottori
di ricerca in materie coerenti con gli obiettivi dei programmi operativi che
abbiano compiuto il loro ciclo di studi in una della quattro Università
siciliane ed abbiano età inferiore ai 35 anni. Tutto ciò potrebbe essere
realizzato, rispettando le norme costituzionali sulle assunzioni nella pubblica
amministrazione e senza creare nuovo precariato, attraverso convenzioni con
ciascuno degli Atenei siciliani. Un contributo serio all’uso efficiente ed
efficace, dopo tante delusioni, delle risorse europee, ma soprattutto un
decisivo supporto allo sviluppo della Sicilia e alla lotta contro la fuga dei
cervelli che sta privando delle migliori
energie la nostra terra.
Ultimi articoli
- La marcia del 1983, si rinnova la sfida alla mafia
- Bagheria, consiglio
aperto sulla “marcia” - La nuova Cortina
di ferro grande campo
di battaglia - La riforma agraria che mancò gli obiettivi / 2
- Mattarella, leggi
di svolta dall'incontro
con il Pci - Mattarella fermato
per le aperture al Pci - La legalità vero antidoto per la cultura mafiosa
- Natale, un po' di rabbia
e tanta speranza
nella cesta degli auguri - Lotte e sconfitte
nelle campagne siciliane
al tempo di Ovazza / 1 - La legge bavaglio imbriglia l'informazione