Fondi europei: l'Italia spende meglio, la Sicilia ancora no
È stato pubblicato il Rapporto del valutatore indipendente sul FESR e sul fondo di coesione per il periodo di programmazione 2007-2013. Ne dà notizia il Sole 24 ore del 7 novembre citando i dati pubblicati dalle società di consulenza Ismeri Europa, Applica e Cambridge Economics Associates per conto della Commissione UE che mettono in evidenza una serie di aspetti, anche critici, della programmazione appena conclusa. Il valutatore indipendente è l'organismo esterno alle amministrazioni statali ed alla Commissione al quale viene affidato, tramite bando pubblico, l'incarico di effettuare la valutazione, cioè il giudizio di merito sulle iniziative da attuare (valutazione ex ante), in corso di attuazione (valutazione in itinere), o già attuate (valutazione ex post).
Il fondo di coesione non si applica, com'è noto, all'Italia ma l'analisi del FESR che costituisce il principale strumento di investimento europeo è senza dubbio utile. Il quotidiano di Confindustria, avvalendosi anche di informazioni di fonte ministeriale, ha concentrato la sua attenzione sulla certificazione delle risorse che sarà finalmente completata il 31 marzo del 2017: solo a quella data sapremo con esattezza a quanto ammontano le risorse che saranno “disimpegnate”, cioè restituite all'Unione.
Per questo è stato più volte segnalato, anche da chi scrive, che le cifre di volta in volta emerse nella polemica politica erano mere esercitazioni teoriche.
Tutte le amministrazioni stanno praticando l'overbooking (cioè presentano spese e progetti superiori alla dotazione complessiva) per mettersi al sicuro. I pagamenti a fine agosto hanno raggiunto il 105, 8% per i programmi del Centro-Nord e il 96,93% per quelli del Sud. La Sicilia è, tanto per cambiare, il fanalino di coda: il FESR ha fatto da giugno uno scatto di due punti ma i pagamenti sono il 78,5% della dotazione. Troppo bassi per considerarci fuori dall'area di rischio. Si tratta di dati in gran parte noti, ma essi presentano il vantaggio di una visione generale e consentono di vedere con una maggiore profondità d'analisi molte aree tematiche prima non esaminate. Preferisco perciò non soffermarmi sull'ormai abbastanza scontata diatriba sulle risorse destinate all'Italia (poche? Troppe? Ben utilizzate? Sprecate?) ed approfondire alcune tematiche di valenza generale, scorrendo il testo pubblicato sul sito della Commissione Europea lo scorso 6 ottobre.
Il valutatore fa rilevare che il monitoraggio della politica di coesione è stato rafforzato rispetto al precedente periodo 2000-2006 e c'è stato un forte focus sull'investimento delle risorse, la realizzazione dei progetti e la produzione di risultati. Tuttavia, davvero pochi progetti 2007-2013 contengono un “focus sui risultati” mettendo in opera progetti chiari di cambiamento al livello delle regioni e selezionando i progetti in accordo agli obiettivi programmati. I programmi 2007-13 sono stati realizzati in un contesto di varie sfide che includono da una parte la profonda crisi economica e finanziaria globale, dall'altro lato la necessità di costruire l'economia, le infrastrutture e la capacità amministrativa dei tredici stati membri che si sono associati dal 2004 in avanti (e per molti di loro questo è stato il primo periodo di programmazione gestito per intero).
La valutazione che il Rapporto dà dei risultati della politica di coesione è nel complesso positiva: “vi sono evidenze che la politica di coesione 2007-2013 ha effettivamente risposto a quelle sfide e ha determinato una vasta gamma di risultati positivi. Sulla base dei dati monitorati, stimiamo che sono stati creati circa un milione di posti di lavoro.
Inoltre i modelli macroeconomici stimano che la politica di coesione nel periodo 2007-13 ha probabilmente generato circa mille miliardi di Pil addizionale nell'intera Unione. Infine queste politiche hanno mostrato la capacità di essere flessibili durante la crisi”. Tuttavia vengono anche evidenziati i limiti e le contraddizioni emerse nel corso del periodo: “il carattere rotativo di strumenti finanziari li rende più efficienti sul lungo periodo, ma il 90% della spesa degli strumenti finanziari FESR nel 2007-13 è stata concentrata solo in un settore- il sostegno all'impresa”.
Per questo, continua il Rapporto, è opportuno utilizzare ampiamente la possibilità, prevista dai regolamenti del nuovo ciclo di programmazione 2014-20 di estendere l'utilizzo degli strumenti finanziari dei fondi a nuove aree di investimento come l'efficienza energetica, le energie rinnovabili e le infrastrutture. In conclusione, la principale lezione che emerge dall'esperienza è che solo una minoranza degli investimenti ha risposto ad una chiara logica di intervento programmatorio.
A tal fine i programmi 2014-20 dovranno avere obiettivi specifici tradotti in chiari indicatori di risultato con traguardi e punti di riferimento precisi; i criteri di selezione dei progetti dovranno rispondere ai risultati prestabiliti al livello del programma; la valutazione dell'impatto dovrà avvenire a livello degli obiettivi specifici.
I valutatori indipendenti in realtà insistono con molta forza sulla necessità di un cambiamento culturale innanzitutto delle amministrazioni chiamate a gestire i programmi operativi: a tal proposito il principale nodo da sciogliere è la messa in opera dei programmi di rafforzamento amministrativo (la cui responsabilità va assunta direttamente dall'autorità politica di riferimento) che hanno costituito una delle condizionalità ex ante del nuovo ciclo di programmazione.
I PRA richiedono un salto di qualità e un mutamento profondo del modo di operare della pubblica amministrazione: qui risiede il vero ritardo della situazione siciliana che non sarà facile recuperare senza una svolta nel modo di concepire, amministrare e gestire la spesa per lo sviluppo da parte della Regione e degli Enti locali siciliani.
Lo ha recentemente ribadito il presidente delle sezioni riunite per la Sicilia della Corte dei Conti quando ha sottolineato la lentezza con cui stanno partendo i bandi per il 2014-20 ma soprattutto la stranezza dell'eccezione tutta siciliana – e dalla Corte tutt'altro che gradita- di sottoporre a preventivo parere di legittimità tutte le spese europee, quasi a sottrarre i dirigenti regionali all'obbligo di assumersi le proprie responsabilità. Se ricominciamo così saranno guai, chiunque sarà l'inquilino di Palazzo d'Orleans dopo l'ottobre 2017.
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