Elezioni, da dove arriva il calo di prestazione del Pd

Politica | 7 giugno 2016
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Due avvertenze, in premessa.  La prima: l'unica forza politica per la quale è possibile calcolare con esattezza il voto di lista è il Movimento cinque stelle che, dove si è presentato (poco più di 250 comuni su oltre 1300 chiamati al voto), ha usato il proprio simbolo. Le liste dei grillini per i consigli comunali conquistano il 35,6% a Roma e il 30,01 a Torino, sostanzialmente in linea con i risultati delle rispettive candidate sindaco. L'altra: solo il 19 giugno, quando i ballottaggio decideranno chi saranno i sindaci eletti, saranno possibili valutazioni conclusive sull'andamento di queste elezioni amministrative che hanno coinvolto circa tredici milioni di italiani.

Nel frattempo, però, alcune considerazioni balzano in tutta evidenza: i candidati sindaci del PD, orfani di coalizioni ampie di centro sinistra nel complesso non forniscono buone prestazioni (il caso opposto di Cagliari dove Zedda vince al primo turno ne costituisce la controprova), la moltiplicazione delle liste civiche anche in centri medio-grandi rende abbastanza oscuri i flussi elettorali, a sinistra dei Democratici c'è il deserto, cresce ancora di ben cinque punti l'astensionismo. I due dati maggiormente significativi del 5 giugno sono la generale affermazione dei Cinquestelle in moltissimi  dei comuni in cui si sono presentati e la resurrezione di Silvio Berlusconi nella sua città.

  E' solo un caso che a Milano, dove il centrodestra ha realizzato un'operazione- dal suo punto di vista-  di grande intelligenza il movimento di Grillo superi a stento il 10%? Solo una seria analisi dei flussi elettorali potrà chiarirlo.  In ogni caso, Milano appare aperta a tutte le soluzioni dopo l'inaspettata rimonta di Parisi, che mostra un centro destra ancora capace di tenere la sua base elettorale ove riesca a rallentare la deriva lepenista e razzista: personalmente non sono pessimista perché la metropoli meneghina ha una radicata tradizione progressista  e una recentissima esperienza di buon governo nel quinquennio della sindacatura di Giuliano Pisapia.

Tuttavia, mentre il successo dei pentastellati sembra generale, la rimonta di Berlusconi si limita a Milano mentre a Roma la divisione dl centrodestra finisce per costituire un involontario assist a Roberto Giachetti e a Torino i due candidati di centrodestra si fermano sotto il 10%.  Sul piano generale, se a Roma l'affermazione  della Raggi era attesa dopo la vicenda della cacciata di Marino e gli scandali di “mafia capitale”, i dati di Torino e Bologna  inducono alla riflessione. 

Nella metropoli sabauda  Chiara Appendino riporta un successo aldilà delle sue stesse aspettative (ed anche lì il centrodestra diviso scompare). Torino è la città italiana che ha subito in maggior misura gli effetti di una lunga crisi che ha devastato il suo tessuto industriale e produttivo e che ha profondamente trasformato la realtà sociale ed economica ed il modo di sentire della gente.  Piero Fassino, che è persona seria, ha subito individuato negli effetti della crisi sociale la principale causa della flessione elettorale. Sarà interessante verificare la distribuzione del voto negli antichi quartieri operai e capire di quali materiali è composto il successo dei Cinque stelle.

Se il non esaltante risultato di Merola a Bologna dimostra come i tartari abbiano ormai attraversato il deserto e siano penetrati a fondo nelle antiche fortezze rosse, sono le notizie sul voto nei quartieri della capitale che  rilanciano l'allarme sulla debolezza di una sinistra che sembra aver smarrito il suo popolo. La periferia ed i quartieri più popolosi, da Tor Bella Monica, al Pigneto, al Prenestino, a Centocelle hanno scelto compatti Virginia Raggi che ha vinto in ben 13 municipi contro i due conquistati dal PD. Nel V municipio (Pigneto, Prenestino, Centocelle, anche la Meloni supera Giachetti, il quale a sua volta batte la candidata grillina nel centro storico e nel II municipio (Parioli e San Lorenzo).

Due città meridionali, Salerno e Cosenza, consegnano rispettivamente al centrosinistra ed al centrodestra successi in controtendenza, con percentuali superiori al 70%. Com'era purtroppo facilmente prevedibile, né a Roma né a Torino l'autoproclamata “sinistra sinistra” lascia segni significativi della propria esistenza. Tra le curiosità va segnalata l'elezione di Clemente Mastella  a primo cittadino di Benevento: a volte ritornano. In Sicilia ha votato il 63,52% degli aventi diritto, lievemente al di sopra della media nazionale che si è fermata al 63%.  E' evidente il successo dei grillini nei comuni più grandi. Eclatante il caso di Alcamo dove i partiti tradizionali sono sostanzialmente scomparsi ed al ballottaggio vanno Domenico Surdi del M5S che con il 48,1 % dei voti ha sfiorato l'elezione al primo turno e Sebastiano Dora, con il 17, 4% che rappresenta una lista civica locale denominata ABC.

A Grammichele i cinque stelle fanno un exploit e portano alla sindacatura Pippo Purpora, a Favara il 19 giugno si scontreranno due donne, Anna Alba del M5S e Gabriella Bruccoleri del PD. A Vittoria il confronto sarà tra i candidati di due liste civiche, Lo “storico” sindaco comunista Francesco Aiello arrivato secondo con il 26, 93% e Giovanni Moscato con il 35,63%. Lo scompaginato sistema siciliano dei partiti dà un colpo di coda a Caltagirone dove vanno al ballottaggio Franco Pignataro del PD, che in passato già fu sindaco della città e Gino Ioppolo, ex deputato del centrodestra, a lungo considerato il braccio destro di Nello Musumeci.

A Canicattì il candidato democratico Ettore Di Ventura che ha conseguito il 24,74% dei voti va al ballottaggio con Iva Paci rappresentante di un'aggregazione civica che l'ha portata al 18,08% dei voti. Se i chiari di luna son questi, a poco più di un anno dalle elezioni regionali, è facile prevedere che i sommovimenti sismici nella politica siciliana son destinati a durare ed a diventare sempre più intensi. Vedremo cosa succederà ai ballottaggi, ma non mi pare che la tendenza all'ulteriore destrutturazione del sistema dei partiti delineata il 5 giugno sia destinata ad invertirsi.

 di Franco Garufi

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