Educazione, l’Italia spende meno della media europea

Società | 19 dicembre 2018
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La crisi economica iniziata nel 2008, secondo quanto riportato da Openpolis, ha posto una considerevole pressione sui bilanci pubblici degli stati, soprattutto quelli europei. Il risultato, come ha messo in evidenza anche l’Ocse nel rapporto “Education at a guance 2018, è stato una contrazione della percentuale di spesa pubblica dedicata allistruzione. LItalia già prima della crisi si trovava nella seconda metà della classifica europea per percentuale di spesa in istruzione rispetto al pil e dal 2011 si colloca stabilmente negli ultimi posti. Nel 2016 (ultimo anno disponibile con i dati Eurostat) risultava quintultima tra i 28 paesi dellUnione Europea. L’Italia spende in educazione il 3,9% del pil, un dato inferiore alla media Ue (che è pari al 4,7% del pil). Ed è anche al di sotto di quello dei maggiori paesi europei, in particolare Francia (5,4%) e Regno Unito (4,7%). Durante la crisi la spesa in educazione (intesa in senso complessivo, dalle scuole per l'infanzia alle università) è calata da 72 miliardi annui a 65,4. Su questa cifra si è a grandi linee stabilizzata negli anni successivi, e nel 2016 la spesa totale in educazione vale 65,6 miliardi. Se si considera la spesa rispetto al numero di studenti (calcolata da Ocse), dopo il 2012 si è registrato un incremento.

In Europa la spesa in educazione è pari al 4,7% del Pil. Considerando la media dei 28 paesi dell'Unione Europea, il dato è tendenzialmente stabile. La percentuale di spesa in educazione rispetto al pil è passata dal 4,9% del 2008 al 4,7% del 2016. Rispetto al 2008, Francia e Germania spendono di più in istruzione, mentre l'Italia meno. In Germania e in Francia la quota di pil destinata all'istruzione è rimasta sostanzialmente stabile e ciò ha significato una crescita della spesa. La Francia, al fine di mantenere il 5,4% del pil destinato all’istruzione, ha aumentato la spesa da 107 miliardi nel 2008 a circa 120 nel 2016. Secondo i dati Eurostat, anche la Germania, nello stesso periodo, è passata da circa 100 miliardi in educazione (3,9% del pil) a oltre 132 (4,2% del pil). Negli altri maggiori paesi europei la quota di pil destinata all'istruzione si è ridotta. In Italia tra il 2009 e il 2011, è passata dal 4,6% del pil al 4,1%. In termini assoluti è significato passare da oltre 70 miliardi a circa 65. Negli anni successivi si è stabilizzato su questa cifra (pari a circa il 4% del pil). Nel Regno Unito la quota di spesa in istruzione è passata da oltre il 6% negli anni tra 2008 e 2010 al 4,7% del 2016.

A seguito dell'espansione dei bilanci pubblici durante la crisi, è diminuita la percentuale per l’educazione. In Europa, nei quindici anni tra il 2002 e il 2016, la percentuale di spesa pubblica rispetto al pil è cresciuta di 2,7 punti percentuali. Un aumento che Eurostat imputa soprattutto all’aumento delle spese per la sanità e quelle per la protezione sociale. A parte la Germania, tutti i maggiori paesi europei negli anni della crisi hanno ridotto la percentuale di bilancio pubblico destinata all’istruzione. Ogni paese partiva da livelli diversi: il Regno Unito è passato da oltre il 13% a circa l'11%. L'Italia, che già spendeva meno di 1/10 delle risorse in istruzione, a partire dal 2012 si è attestata attorno soglia dell'8%. Un dato molto più basso della media e del livello degli altri partner europei. In Italia solo il 7,9% della spesa pubblica va in educazione.

 di Melania Federico

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