"Ecco l'anima di Buscetta", Favino interpreta "Il traditore"

Cultura | 19 aprile 2019
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Don Masino Buscetta ha avuto due grandi nemici, due implacabili che lo hanno accompagnato per gran parte della sua esistenza: Totò Riina e Pippo Calò, entrambi boss più che affermati, autoproclamati unici interpreti dell' essenza mafiosa, dei costumi, della «cultura» e della «ideologia» di Cosa nostra. Sistema dei «valori» che vede in cima alla propria scala soprattutto l' omertà. E così è stato gioco facile, per entrambi, tentare di annientare la figura del grande nemico gettandogli addosso il marchio del traditore. È ovvio che un Buscetta pentito avesse poco spazio per rintuzzare l' attacco: i muri di Palermo si riempivano di scritte sull' infamia del tradimento di don Masino, i bambini che giocavano ai mafiosi si offendevano a vicenda chiamandosi «cornuto e Buscetta». La sorella di Masino, vedova per «colpa» del fratello «infame» lo aveva maledetto. Insomma il Traditore non navigava in buone acque e il peggio doveva ancora arrivare con la testimonianza pubblica, quando cioè il pentito si sarebbe dovuto presentare nell' aula bunker di Palermo, davanti alla platea mafiosa dei suoi ex amici in gabbia, per ripetere quanto aveva detto a Giovanni Falcone, nel chiuso delle mura della Questura di Roma, dove aveva risposto a tutte le domande.
L' Italia intera - quindi - chi per semplice curiosità, chi per consapevolezza dell' importanza della posta in gioco, rimaneva in attesa della reazione del «Traditore». Qualcuno, specialmente tra la folta schiera degli avvocati difensori e di qualche politico, si augurava un «ritorno di saggezza» di Buscetta e la conseguente scelta di «non confermare» e quindi ritrattare tutto. Così Masino sarebbe rimasto «infamato» a vita.
Ma non andò così. Buscetta non fece un' arringa difensiva, anzi. Avanzò nel silenzio dell' aula giudiziaria, già ammutolita nel vederlo esente da tentennamenti, e immediatamente ribaltò l' accusa di tradimento. «Io non sono un pentito - disse al presidente Giordano -.
Sono loro che devono pentirsi di qualche cosa», aggiunse indicando gli odiati nemici in gabbia. «Sono loro che hanno tradito Cosa nostra»: chiaro, esplicito il riferimento alla strategia stragista e sanguinaria dei «corleonesi». Il «Traditore» che accusa i suoi nemici di alto tradimento, mentre sullo sfondo corre un pezzo importante della nostra recente storia, anche politica.
Attorno a questo tema ruota il film del maestro Marco Bellocchio che passa al microscopio le menti e i sentimenti dei protagonisti, le loro debolezze, i loro incubi, le gioie e i dolori di tanti uomini perduti. E lo stesso Buscetta non è mai «uno»: è dolente per la tragica fine dei figli, è violento, è tenero con la sua terza moglie, è innamorato ma non perde d' occhio la missione intrapresa col giudice Giovanni Falcone. Sembra sincero quando cammina sulla linea sottile della confessione giudiziaria alternata ai racconti privati, con cui cerca di spiegare il senso del «tradimento» operato da Riina. Con Calò ha gioco ancora più facile perchè gli getta addosso la terribile responsabilità di averlo privato dei figli che lui, Buscetta, gli aveva affidato nel momento in cui abbandonava la Sicilia: «Tu non hai fatto nulla per salvarli».
Resta evidente, oggi, a distanza di 30 anni, l' importanza giudiziaria delle rivelazioni di Buscetta. Ma più importante è stato il colpo che il pentito ha inferto all' immagine e alla credibilità di Cosa nostra. Masino ha fatto piazza pulita dell' ipocrisia e delle falsità su cui si reggeva la forza della mafia: basti pensare a tutte le favole sul rispetto delle donne e dei bambini o sulla sacralità di giuramenti e dichiarazioni di amicizia. Masino ha delegittimato Cosa nostra, rivelando al suo popolo che il re è nudo e Riina, lui sì, «è stato il traditore e l' uomo che ha distrutto la mafia». (La Stampa)

Francesco La Licata



«Il Traditore» di Marco Bellocchio è in concorso nella selezione ufficiale della settanduesima edizione del Festival del Cinema di Cannes.  Bellocchio porta sullo schermo la storia di Tommaso Buscetta, interpretato da Pierfrancesco Favino, il primo e più celebre pentito di mafia che permise a Falcone e Borsellino di portare alla luce la struttura di Cosa Nostra. «Mi interessa il personaggio di Tommaso Buscetta perchè è un traditore. Ma in verità chi ha veramente tradito i principi 'sacrì di Cosa Nostra non è stato Tommaso Buscetta, ma Totò Riina e i Corleonesi», spiega il registra annunciando la pellicola. «Come si vede due modi opposti di tradire - aggiunge -. Nella storia tradire non è sempre un’infamia. Può essere una scelta eroica. I rivoluzionari, ribellandosi all’ingiustizia anche a costo della vita, hanno tradito chi li opprimeva e voleva tenerli in schiavitù».  Tommaso Buscetta, la cui famiglia fu interamente sterminata dai Corleonesi, ha permesso di portare alla luce l’esistenza della struttura mafiosa di Cosa Nostra, rivelandone i capi, facendoli imprigionare, svelando le collusioni con la politica, e l’esistenza, con Pizza Connection, del traffico di droga con la mafia italo-americana. 



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