Ecco dove trovano i soldi i partiti politici italiani

8 agosto 2019
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Le tasche dei partiti sono tornate a crescere nel 2018. Dopo anni di calo delle entrate, in seguito all’abolizione dei rimborsi elettorali nel 2013, tra il 2017 e 2018 le casse dei partiti si sono rimpinguate. Un risultato riconducibile soprattutto all’aumento del 62% delle donazioni da parte dei parlamentari, in occasione della campagna elettorale per le politiche 2018. Proprio i contributi degli eletti ai vari livelli oggi rappresentano il 40% degli introiti dei partiti. Restano invece esigue, a dispetto delle aspettative del legislatore, le risorse provenienti dal 2X1000 e dalle donazioni private non riconducibili agli eletti, queste ultime orientate soprattutto verso fondazioni, comitati elettorali, singoli candidati, piuttosto che verso i partiti politici.

Ad analizzare i bilanci dei partiti - che, per legge, devono essere trasmessi entro il 15 giugno alla commissione di garanzia e, dopo il controllo di regolarità e conformità, entro il 15 luglio pubblicati sul sito internet dei partiti stessi - è stata Openpolis, che non manca di sottolineare come al momento di raccolta dei dati (16 luglio 2019) dei 27 partiti iscritti al registro valido per accedere al 2x1000 e dell'associazione Movimento 5 stelle, non è stato possibile rinvenire i rendiconti 2018 di Scelta civica, Sinistra italiana, Italia dei valori, Movimento la Puglia in più, Energie per l’Italia. 

Il 2x1000 e le donazioni private rappresentano la nuova fonte di finanziamento pubblico dopo l’abolizione dei rimborsi elettorali nel 2013. Con il decreto 149/2013, che ha introdotto il 2x1000, non viene più diviso ai partiti un ammontare fisso (91 milioni di euro, e fino al 2012 il doppio) in base ai risultati elettorali di elezioni politiche, europee e regionali, bensì una quota dell'irpef che ogni contribuente può scegliere se destinare ad una forza politica iscritta nell’apposito registro. Trattasi, comunque, di una somma irrisoria. Basti pensare che dei circa 25 milioni di euro provenienti dal 2x1000 dal 2017, solo il 56% di quella cifra è stata  incassata dai partiti. Un po’ più consistenti, invece, le donazioni private ai partiti, incentivate dalle agevolazioni fiscali (detrazioni irpef e ires del 26% su quanto donato alle forze politiche, per cifre comprese tra 30 e 30mila euro). Tuttavia queste hanno avuto un consistente aumento, pari al 42%, solo tra il 2017 e 2018, per via della competizione elettorale del 2018. Come già accennato, infatti, l’incremento di questa voce è da ricondurre in gran parte alle quote di indennità che gli eletti versano ai partiti.

Le nuove forme di finanziamento hanno degli effetti sul sistema politico. Le risorse a disposizione dei partiti dipendono in gran parte dal numero dei membri eletti ai vari livelli, dal momento che, come previsto dagli statuti o regolamenti interni di quasi tutte le forze politiche, consiglieri regionali, membri di giunte e presidenti di regione, devono versare una quota della loro indennità al partito. Allo stesso tempo, un numero maggiore di eletti assicura più contributi ai gruppi parlamentari -  una forma di finanziamento pubblico pari a 53 milioni di euro annui - che, di fatto, rappresentano la vera cassa dei partiti politici. E sono proprio i gruppi parlamentari, le fondazioni e le associazioni che si vanno sempre più sostituendo ai partiti indeboliti dal nuovo sistema di finanziamento, con conseguenze anche sul piano della trasparenza. Monitorare questi nuovi attori è più complesso, così come è più facile per queste strutture aggirare le norme. 

Le riforme degli ultimi anni hanno cercato di garantire maggiore trasparenza  nel finanziamento della politica. Ad esempio, è stato introdotto l’obbligo per i partiti di avere una società di revisione indipendente e di far verificare i bilanci da una commissione terza, composta da magistrati. Nella pratica, però, non sempre i bilanci pubblicati sono conformi agli standard di trasparenza richiesti.

 di Alida Federico

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