Due ragazzini alle armi e un segreto indicibile

Cultura | 24 aprile 2016
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Su vitalità, originalità e intraprendenza della letteratura contemporanea di lingua tedesca non è possibile in questa sede approfondire chissà quali e quanti temi. Bastino alcuni titoli sbarcati in Italia relativamente da poco – “L’ordine delle stelle” di Monika Zeiner, Keller; “Kruso” di Lutz Seiler, Del Vecchio; “L’estate dell'amicizia” di Volker Weidermann, Neri Pozza – per farsi un’idea della polifonia e dell’ambizione di voci interessanti. A ulteriore conferma del fatto che, al giorno d’oggi, la Germania letteraria sia fertilissima – decisamente più interessante di quella economica o politica – c’è il romanzo “Morire in primavera” (205 pagine, 16 euro) scritto da Ralf Rothmann, asciutto e potente, tradotto da Riccardo Cravero, ed edito da Neri Pozza, che guarda sempre con attenzione al mercato librario tedesco (negli ultimi anni da segnalare un altro importante romanzo, “Imperium”, scritto dallo svizzero di lingua tedesca Christian Kracht).

Con iperrealismo che non fa sconti, e senza farne all’inevitabile violenza, Rothmann racconta di due mungitori minorenni, gli amici Walter e Fiete, antieroi avulsi rispetto a qualsiasi contesto bellico, le cui esistenze saranno dilaniate al fronte, morendo o continuando a vivere. Costretti, come tanti giovani, ad andare al fronte in modo coatto da Waffen SS, con tre settimane di addestramento anziché i canonici tre mesi: è il 1945, non c’è molto tempo per la Germania nazista in balia dei soldati russi che avanzano, anzi il tempo è proprio scaduto ma i giovani – che si lasciano alle spalle speranze e amori, con le giovani Liesel e Ortrud – sono mandati allo sbaraglio, presso il fronte ungherese. Fiete, che ha combattuto in prima linea, sarà giustiziato in quanto disertore («Non si è mostrato vigliacco davanti al nemico […] ma davanti all’amico»), l’autiere Walter – che rifornisce le truppe e, a lungo, nel corso della guerra non smarrisce l’umanità, nei confronti dei commilitoni e del padre, sorvegliante a Dachau – resta vivo, ma portandosi addosso l’orrore e, nel cuore, un segreto indicibile, come emerge già dalle prime pagine, con l’anziano Walter in punto di morte.

“Morire in primavera” è una storia per certi versi catartica, la dimostrazione che, dal punto di vista squisitamente letterario, la seconda guerra mondiale si può ancora raccontare: per fare i conti col passato, senza nessuna gloria, con molta malinconia, con l’innocenza fatta a pezzi sempre e comunque.

 di Salvatore Lo Iacono

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