Draghi il meridionalista, dalla Bce alla salvezza del Paese

14 febbraio 2021
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Non mi unisco al coro di lai per l'assenza di esponenti siciliano dal governo Draghi perché tratta spesso di esercizi ipocriti: in un governo politico, cioè con ministri in grande maggioranza parlamentari di diretta designazione dei partiti che compongono la maggioranza, è  normale che la compagine di governo  rappresenti, oltre alle articolazioni partitiche, anche la copertura territoriale. Tanto che nel “Conte due”, governo di coalizione tra partiti, la Sicilia ha conosciuto una ministra di diretta rappresentanza del territorio, la  grillina  Nunzia Catalfo eletta in Sicilia Orientale;  altri due grillini siciliani di nascita, Alfonso Buonafede e Lucia Azzolina siciliani di nascita ma eletti rispettivamente in Toscana ed in Piemonte; infine Peppino Provenzano nato in provincia di Caltanissetta ma  in quota al PD nazionale, non parlamentare. A questi va aggiunto il leader storico dei cinquestelle dell'isola Giancarlo  Cancellieri viceministro con delega “pesante “ alle Infrastrutture. 

 Entrare nel merito degli eventuali vantaggi che la Sicilia possa aver tratto dal loro lavoro  ci porterebbe fuori strada. L'assunto  può essere invece  sintetizzato dalla constatazione che  il governo Draghi ha le caratteristiche di esecutivo d'eccezione, nato per volontà del presidente della Repubblica come risposta  alla situazione di stallo tra le forze politiche e con un esplicito appello   all'intero ventaglio dei gruppi presenti in Parlamento. Una compagine in cui, perciò, la rappresentatività dei territori ha minore impellenza e che per di più è caratterizzata da una struttura a cerchi concentrici.

 Il primo cerchio è composto dal nucleo di personalità scelte direttamente dal presidente del Consiglio il MEF, la Giustizia, la Difesa, la Salute, il nuovo dicastero della transizione ecologica, le infrastrutture. Francamente, che Daniele Franco sia nato a Trichiana in provincia di Belluno, Enrico Giovannini a Roma e Marta Cartabia a San Giorgio su Legnano è un mero dato biografico che non qualifica queste personalità di rilievo nazionale come rappresentanti dell'uno o l'altro territorio. 

 Il secondo cerchio, attentamente calibrato in base alla rappresentanza dei singoli gruppi parlamentari, è costituito da politici professionisti titolari di ministeri importanti, ma che non rappresentano il “core”, cioè l'asse strategico del governo orientato verso risultati significativi sul versante del piano vaccinale, dell'emergenza economica e sociale, del Recovery fund e della scuola.

 Il terzo cerchio- viceministri e sottosegretari - serviranno a riequilibrare i vuoti di rappresentanza territoriale ed a risolvere la questione di genere che rappresenta il vero vulnus della formazione del nuovo esecutivo, specialmente per la ex maggioranza, con punte di drammaticità in un PD ingessato dalla rigidità dei rapporti di forza tra le correnti. 

Occupiamoci perciò delle cose che contano veramente. Sarà quello presieduto da Mario  Draghi un governo a trazione nordista? La preoccupazione non è infondata: Giancarlo Giorgetti, vero autore della svolta europeista della Lega al MISE e la ricostituzione dopo trent'anni del ministero del turismo fanno temere che ci sarà soverchiante attenzione, al rapporto con i ceti produttivi del Nord.  Un esempio: nel 2019 le presenze turistiche in Emilia Romagna sono state 40 360.042 (29.748.427 italiani 10.611.605 stranieri.  Nel Veneto sono stati oltre 71,2 milioni con una crescita del 3,6% delle presenze straniere. Nello stesso anno in Sicilia si sono registrate  15.136.259 di presenze, grosso modo le stesse in Puglia, in  Campania 21. 689. 412.  Secondi dati del Sole 24 ore risalenti al 2018, la spesa sostenuta da turisti stranieri nel Mezzogiorno è pari ad appena il 15% del totale. Qui si colloca il nodo da sciogliere: o il governo praticherà  nei territori del Sud una politica di reale riequilibrio a partire da quei settori che hanno visto il crollo del Pil, oppure la lotta alle diseguaglianze territoriali si fermerà alle buone intenzioni di cui sono lastricate le strade dell'inferno. 

Dalle prime rilevazioni del Report in elaborazione dal Centro studi Pio La Torre emerge un' ulteriore devastazione, provocata dalla pandemia, di un tessuto produttivo già fortemente debilitato dalle crisi del 2008 e del 2011.  Qui si colloca una delle scommesse fondamentali della ricostruzione: o la maggior parte del valore aggiunto creato dalla transizione ecologica si collocherà nel Mezzogiorno e farà da leva ad una stagione eccezionale di rilancio delle infrastrutture fisiche e tecnologiche pari alla prima stagione degli interventi della Cassa per il Mezzogiorno, o il Sud sarà definitivamente condannato alla deriva perché non si ripresenterà un'altra occasione. Identico ragionamento vale per la più enorme delle questioni che il Mezzogiorno è chiamato ad affrontare: La crisi demografica, la marginalizzazione delle donne dal mercato del lavoro, la costruzione di un futuro di lavoro produttivo e pieno di realizzazione  di sé per le giovani generazioni. Tutte scommesse che saranno decisive nell'implementazione del Recovery plan e che sono ben altra cosa rispetto alla richiesta ripetitiva e ormai noiosa di nuove opere pubbliche che viene dal ceto politico siciliano.  

Da questo punto di vista sarebbe necessario che i governi delle regioni meridionali facessero uno sforzo, come avvenne a metà del primo decennio del nuovo secolo, per aprire unitariamente un tavolo di confronto con il governo nazionale, perché da sola ognuna di esse appare troppo debole, Nel novembre 2009 il governatore protempore della Banca d'Italia, aprendo un convegno sulla questione meridionale, affermava: “Abbiamo tutti bisogno dello sviluppo del Mezzogiorno...I flussi migratori verso il Centro Nord sono di nuovo ingenti, coinvolgono molti giovani anche con elevati livelli di scolarizzazione, impoveriscono il capitale umano del Sud. Il tasso di attività nel mercato del lavoro resta tra i più bassi d’Europa, soprattutto per i giovani e per le donne. Un quinto del lavoro è ancora irregolare, più del doppio che nel Centro Nord, che pure presenta valori superiori a quelli di Francia, Germania e Regno Unito. L’integrazione del Mezzogiorno nel sistema economico internazionale è modesta... Il Mezzogiorno sconta la debolezza della sua economia. Il divario tra il Sud e il Centro Nord nei servizi essenziali per i cittadini e le imprese rimane ampio...(Si) rivelano scarti allarmanti di qualità fra Centro Nord e Mezzogiorno nell’istruzione, nella giustizia civile, nella sanità, negli asili, nell’assistenza sociale, nel trasporto locale, nella gestione dei rifiuti, nella distribuzione idrica. In più casi – emblematico è quello della sanità – il divario deriva chiaramente dalla minore efficienza del servizio reso, non da una carenza di spesa. Svolgere un’attività produttiva in Italia è spesso più difficile che altrove, anche per la minore efficacia della pubblica amministrazione; nel Mezzogiorno queste difficoltà si accentuano. Grava su ampie parti del nostro Sud il peso della criminalità organizzata. Essa infiltra le pubbliche amministrazioni, inquina la fiducia fra i cittadini, ostacola il funzionamento del libero mercato concorrenziale, accresce i costi della vita economica e civile. .. Alla radice dei problemi del Sud stanno la carenza di fiducia tra cittadini e tra cittadini e istituzioni, la scarsa attenzione prestata al rispetto delle norme, l’insufficiente controllo esercitato dagli elettori nei confronti degli amministratori eletti, il debole spirito di cooperazione: è carente quello che viene definito “capitale sociale”...”  Quel governatore, Mario Draghi, oggi è il presidente del Consiglio e 

Alla Sicilia, alle sue forze politiche, ai suoi corpi intermedi tocca presentarsi con le carte in regola ad un confronto che sarà decisivo non per le sorti di questa legislatura ma per il destino dell'Italia dopo la pandemia.

 di Franco Garufi

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