Dopo 7 anni risale il Pil al Sud, ma aumentano anche i poveri

Economia | 28 ottobre 2015
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 Piccoli spiragli di ripresa tornano a illuminare il Mezzogiorno, con il Pil che dopo 7 anni di cali torna finalmente a salire, seppure di un timido 0,1%. L'ottimismo però viene subito smorzato dai dati sui redditi che dimostrano, una volta in più, come i cittadini delle regioni del Sud restino i più poveri d'Italia: il 62% di loro guadagna al massimo il 40% del reddito medio di un italiano. La fotografia scattata dal rapporto Svimez 2015 sull'economia del Mezzogiorno mostra un divario Nord-Sud ancora molto esteso e difficile da colmare, in cui i segnali positivi non sono risolutivi. «Non posso non rilevare degli elementi di ripresa» - ha commentato la presidente della Camera Laura Boldrini - ma potremmo considerarci fuori dal tunnel della crisi solo quando saranno i cittadini a dirci che sono migliorate le loro condizioni di vita e ad oggi non mi pare che siamo ancora in questa situazione«, ha sottolineato la presidente della Camera, preoccupandosi soprattutto del divario tra Nord e Sud che ha definito »uno dei maggiori ostacoli alla ripresa«. A causa della crisi, negli ultimi anni - secondo Svimez - la povertà assoluta in Italia, sia al Sud che nel Centro-Nord, è più che raddoppiata superando i 4 milioni di cittadini in gravi difficoltà economiche. Un trend che si spera possa essersi fermato, visto che nel 2014 la povertà assoluta ha smesso di crescere al Centro-Nord ed è leggermente diminuita nel Mezzogiorno.  Ad andare meglio è anche il mercato del lavoro, che vede »una decisa inversione di tendenza, riguardante anche il Mezzogiorno«. Secondo il rapporto Svimez, infatti, nel secondo trimestre del 2015, rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, il numero degli occupati è cresciuto più al Sud (con 120 mila unità) che al Centro-Nord (con 60 mila unità). La ripresa dell'occupazione riguarda tutte le regioni, tranne la Calabria, e interessa specialmente l'agricoltura e il terziario. Anche la disoccupazione scende leggermente, ma in questo caso il calo riguarda solo le regioni del Centro-Nord (-0,2 punti), mentre al Mezzogiorno resta ferma al 20,2%.  Per i primi due trimestri dell'anno in corso, Svimez però avverte: »bisogna valutare con un pò di cautela la dinamica più accentuata nel Mezzogiorno«, visto che lo stesso periodo del 2014 »era stato particolarmente negativo«.


ILO: IL 99% DEI GIOVANI VEDE NERO,IL 55% E’ PRONTO PARTIRE


L'Italia non è un paese per giovani: la conferma arriva da un sondaggio contenuto nel Rapporto Ilo 2015 sui giovani, presentato oggi in Cgil, secondo il quale il 99% dei ragazzi tra i 15 e i 24 anni intervistati si dichiara pessimista sulle prospettive del mercato del lavoro, mentre il 55% si dice pronto a emigrare alla ricerca di migliori opportunità occupazionali. «Forse - dice il direttore dell'Ilo Italia, Gianni Rosas - è la percezione della carenza di opportunità di lavoro e del deterioramento della qualità del lavoro che ha spinto il 99% dei giovani italiani intervistati ad essere pessimisti. Nonostante lievi miglioramenti, alla fine del 2014 l'Italia era il quarto paese dell'Ue con il tasso di disoccupazione giovanile più alto (42,7%, il doppio di quello pre crisi). Inoltre durante il periodo 2010-14, il lavoro a tempo determinato tra i giovani lavoratori italiani è cresciuto di 9,2 punti percentuali e quello a tempo parziale involontario di 13,3 punti. Il rischio di povertà nel periodo è cresciuto di 5,5 punti».  Il peggioramento dei dati sull'occupazione giovanile si rispecchia nelle opinioni rilevate dal sondaggio Gallup secondo le quali la percentuale di giovani pessimisti sul mercato del lavoro in Italia (99%) è significativamente più alta di quella francese (82%), greca (78%) e spagnola (79%) ma soprattutto più alta di quella media del Nord Africa (58%) e del Medio Oriente (68%).  A livello mondiale il tasso di disoccupazione giovanile (fascia 15-24 anni) nel 2014 si è attestato al 13%, molto superiore all'11,7% del periodo pre crisi. Per il 2015 si stima che arrivi al 13,1%. A livello globale c'erano 73,3 milioni di giovani disoccupati nel 2014 con un calo di 3,3 milioni rispetto al picco registrato nel 2009. Tra il 1991 e il 2014 la popolazione attiva in questa fascia di età è diminuita di 11,6 punti percentuali passando dal 59% al 47,3%. Nel complesso nel 2014 i disoccupati nel mondo erano 201 milioni (ma secondo le previsioni dell'Organizzazione internazionale del lavoro potrebbero arrivare a 2012 nel 2019). Le difficoltà dei giovani italiani sono rilevate anche dal Social Justice Index presentato dalla Fondazione Bertelsmann, che analizza ogni anno l'andamento delle opportunità di partecipazione nei 28 Stati membri dell'Ue. Nell'indice globale, l'Italia - secondo la ricerca - si posiziona al 25 posto tra i 28 paesi dell'Unione. «Le possibilità di inserimento nel mondo del lavoro, limitate per un numero sempre crescente di giovani per via della mancanza di formazione e di esperienza sul mercato del lavoro - sottolinea la ricerca - celano una vera e propria »bomba a orologeria« sociale, pronta a esplodere in futuro», è la conclusione.
 di Francesca Scaglione

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