Diste: al Sud meno disoccupati ma aumentano i poveri

6 novembre 2018
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Migliora l’occupazione dell’1,4%,

scende il tasso di disoccupazione (18,8%), s'indeboliscono i

consumi familiari +0,6%; in dieci anni, tra il 2007 e il 2017 le

famiglie in condizioni di povertà sono più che raddoppiate,

sfiorando le 850 mila e crescendo da una quota del 4,6% al

10,3%. Il numero delle persone povere sfiora i 2 milioni 360

mila nel Sud-Isole. Inoltre, rallenta la produzione

dell’attività industriale. La fase di rianimazione dell’economia

sta frenando più rapidamente del previsto e con caratteristiche

più dure rispetto al centro-nord. Sono queste le conclusioni

dell’analisi che emergono dal Report Sud edizione 35, che ha

indotto ad abbassare le previsioni di crescita 2018 della scorsa

primavera. Secondo i risultati dell’indagine Report Sud, dal

titolo «Frenata», condotta dalla Fondazione Curella, in

collaborazione con il Diste consulting, presentata nella sede

della Fondazione Curella, a Palermo, il 2018 che sta per

chiudersi farà registrare un incremento del prodotto interno

lordo dello 0,9%, più modesto dell’aumento del 2017 (+1,4%

secondo l’Istat) e della stima di preconsuntivo dell’altra area

(+1,3%).

Sul mercato del lavoro l'occupazione dovrebbe migliorare dell’1,4% probabilmente grazie al Jobs Act con la creazione netta di 85 mila posti di lavoro, e

grazie alla Puglia e alla Campania, mentre il tasso di

disoccupazione subirà una limatura scendendo al 18,8%.

«Questo tasso è da interpretare, perché ancora siamo con poco

più di sei milioni di occupati compresi i sommersi su 21 milioni

di abitanti, mancano ancora 3 milioni di posti di lavoro per

arrivare al rapporto delle regioni sviluppate», commenta

Alessandro La Monica, presidente Diste consulting.

Nonostante i recuperi dell’ultimo quadriennio, il bilancio

dall’anno 2007, prima della crisi, resta deficitario: mancano

260 mila occupati; nel centro-nord oggi si contano 650 mila

occupati in più di 11 anni fa. Per il tasso di disoccupazione la

riconquista dei livelli pre-crisi è lontana: nel 2007 gli

indicatori erano pari all’11% nel Sud-Isole e al 4% nel

Centro-Nord. «Pensare al Mezzogiorno come una realtà nella quale

dare sussidi, pur nella consapevolezza che qualcosa bisogna fare

per coloro che versano in situazione di difficoltà, è un errore

se a fianco non vi sono politiche per l’attrazione di

investimenti dall’esterno dell’area. Il Mezzogiorno sta subendo

un processo di spopolamento accelerato e sono necessari

investimenti importanti, a cominciare dalle infrastrutture che

in questa recente manovra non si vedono», commenta Pietro

Busetta, responsabile scientifico del Rapporto. E per il 2019 le

proiezioni scontano un ulteriore rallentamento diffuso a tutte

le variabili macroeconomiche, con il Pil stimato in aumento

dello 0,7%, pari a due decimi di punto in meno del 2018.



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