Diritto alla scuola negato, Italia tra i peggiori in Europa
La percentuale di giovani italiani nella fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni che abbandona precocemente gli studi è stata del 13,5% nel 2019. Sebbene i progressi degli ultimi anni, il nostro Paese rientra tra i peggiori dell’UE nel garantire ai ragazzi un titolo di studio adeguato (il diploma o una qualifica professionale) per avere maggiori possibilità di entrare nel mondo del lavoro. Restiamo ben lontani dal parametro di riferimento fissato dall'Unione Europea per il 2020, ossia il 10%. Peggio di noi solo Spagna, Malta, Romania (che sfondano il tetto del 15%) e Bulgaria (più o meno sui livelli dell'Italia, al 14,6%). Mentre Portogallo (11%) e Grecia (4%), che solitamente occupano con l’Italia le ultime posizioni nelle classifiche di rendimento nei vari settori produttivi, fanno meglio del bel Paese. È quanto riporta il portale Skuola.net, secondo quanto emerge dalla Relazione di monitoraggio del settore dell’istruzione e della formazione per il 2020 sulla base dei dati diffusi dalla Commissione Europea.
L’indice ELET (Early leavers from education and training), riferito al 2019, è più incoraggiante rispetto a quello dell’anno precedente, quando era al 14,5%, e lo è ancora di più se si considera il dato di dieci anni fa, pari al 19,1%. Proprio la drammatica situazione di partenza aveva spinto Bruxelles ad assegnarci un obiettivo al di sopra di quello comunitario, ossia il 16%. La distanza rispetto al parametro dell’UE in tema di abbandono scolastico resta comunque significativa, tanto da non farci guardare con ottimismo il prossimo futuro, soprattutto alla luce dell’esperienza pandemica che ha tenuto i giovani lontani dagli istituti scolastici per molto tempo. Si possono, infatti, intuire gli effetti negativi che l’emergenza sanitaria e la chiusura prolungata delle scuole produrranno sul futuro dei ragazzi italiani e, di conseguenza, sulle prospettive di crescita dell’intera Italia. E questi timori diventano più concreti in alcune aree del paese, come dimostrano i dati diffusi da Skuola.net. Le differenze che, da sempre, si registrano tra le regioni d'Italia, sul capitolo istruzione non solo si confermano, ma si amplificano ulteriormente. Se, infatti, nel Nord-Est l'obiettivo europeo si può dire centrato (l'indice ELET si ferma al 9,6%), al Sud la media raggiunge il 16,7%. E, nel complesso, sono i ragazzi che hanno più probabilità delle ragazze di abbandonare la scuola prima del tempo (il 15,4% contro l'11,3%). Tuttavia, i più a rischio sono nettamente gli alunni nati all'estero: il tasso di dispersione scolastica precoce qui copre circa 1 alunno su 3 (il 32,5%), quasi il triplo rispetto a quello di chi è nato in Italia (11,3%), notevolmente superiore anche alla media UE (22,2%).
Oltre ai giovani vittime della dispersione scolastica, “ci sono anche quelli che pur andando avanti nelle classi e avendo formalmente in mano il famoso ‘pezzo di carta’, di fatto non hanno nel proprio bagaglio culturale gli strumenti che dovrebbero essere posseduti con quel tipo di livello d’istruzione”, sottolinea Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net. “A scovarli - prosegue Grassucci - ci possono aiutare le prove INVALSI: soffermandoci proprio sugli ultimi esiti disponibili per l’ultima classe delle superiori (risalenti al 2019) ci si accorge che molti maturandi arrivano a malapena ai traguardi minimi previsti per la terza media, come se cinque anni di superiori non fossero serviti a niente. Ecco, volendo fare una stima di quanti si trovino in questa situazione, lo stesso Istituto INVALSI parla di circa un 7% di studenti. Che, sommati ai ‘dispersi’ ufficiali, potrebbero portare la pattuglia oltre il 20%, più di 1 giovane su 5.”
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