Di ritorno in Italia, dall’altrove
Nel tardo pomeriggio di domenica registrare un ritardo di mezz’ora al Salone Internazionale del Libro per l’incontro con l’autore di Italiani si rimane equivale pressoché al fallimento dell’iniziativa.
E invece?
Beppe Severgnini si avvicina agli addetti alla sala azzurra e
con un sorriso soave, indirizzando lo sguardo ai giornalisti accorsi per
ascoltarlo e recensirlo: Per me nessun problema, vado a
prendere un caffè. Mi spiace per le persone e i colleghi della stampa!
Come sciogliersi di neve al sole, gli organizzatori spariscono,
precipitandosi dentro a interrompere la precedente presentazione, ormai fuori
dall’ora canonica di spettanza.
Malia delle parole!
E del mago, cosa dire?
Nel suo libro, Italiani si rimane, editore Solferino, trovano posto aneddoti, vicissitudini,
mozioni, quanto basta per definirlo il diario sentimentale di un giornalista.
Vezzo di un intuitivo e mordace intellettuale cresciuto alla
scuola di Indro Montanelli e, poi, approdato, sul finire degli anni settanta, a
Londra, quando la scuola di giornalismo anglosassone aveva tanto da insegnare.
Nel naturale intreccio tra professione e vita, Severgnini mostra
se stesso. Giornalista di razza ha avuto inculcato fin dalla culla l’imperativo
di stabilire un patto con i lettori, con i quali ha sperimentato, fin dagli
esordi, una frequentazione di quotidiano confronto non prima di confidenza,
come avviene con i propri amici, ai quali dedicare cure e attenzioni.
Dalla sua prima uscita da inviato, in Australia, il cronista,
nativo di Crema, sperimenta con la giovinezza, ormoni in libera uscita!, un
amore itinerante con una ragazza americana, talmente fascinosa da indurlo ad
abbandonare l’aereo in partenza da Sidney per Milano e a recapitare al
direttore del Corriere della Sera, il mitico
Montanelli, un telegramma nel quale si dichiarava latitante per le vie del
mondo!
A ogni cronista di razza, nell’arco degli anni, sorge il
desiderio di cimentarsi con la scrittura e così è accaduto a Beppe Severgnini,
fin da subito.
Acquisito il mestiere, insieme con la lingua internazionale, un
autentico londinese, al quale tiene tanto, avendo abitato e lavorato nella
capitale del Regno Unito, collaborò con il New York
Times, sperimentò la radio e il teatro, rimanendo catturato dal
fascino dell’impegno letterario.
Così è, se vi pare, affiancando ai
mezzi di comunicazione tradizionali, l’apertura ai social network, di cui il
nostro apprezza l’efficacia comunicativa.
Del temperamento del cremasco ci sarebbe
tanto da dire, lo stesso Severgnini non nasconde la tignosa costanza con la
quale ha inseguito il successo, non fermandosi, di fronte agli ostacoli
disseminati lungo la strada per raggiungere notorietà e pubblico.
A Gardone Riviera, in un pomeriggio piovoso
di primavera, il giornalista si ritrovò a presentare un suo libro, pubblicato
con Rizzoli.
Dalla redazione dell’editrice gli indicarono
di rivolgersi a un tale del posto, Gelati. Alla pioggia si aggiunse la scoperta
del mestiere del procuratore o guida, come lo
si voglia definire, era quello del bancarellaro. Passi! Diventava insuperabile, invece, con quel freddo e con le
sedie ancora bagnate di pioggia, l’assenza di spettatori, anzi a essere
precisi, la presenza di quattro, leggasi quattro, persone.
Signori, - chiede Severgnini. - cosa
vi porta qua?
Siamo parenti di Gelati, l’organizzatore,
ci ha pregati di venire. - risposero i malcapitati.
Ebbene, nonostante il giornalista, appena
diventato scrittore, aveva già deciso di mollare, Ortensia, la moglie lo
obbligò a rispettare l’impegno di parlare agli astanti.
Da lì, il percorso fu in discesa, giacché
Beppe, autore di Interismi, Un italiano in America, Inglesi,Off the rails: a
train trip through life e di tanto altro ancora, quel giorno,
chiamando a raccolta gruppetti di passanti e coinvolgendoli nella presentazione
del suo libro non salvò l’evento dal fallimento, bensì prese coscienza della
capacità di gestione di se stesso, in una parola, la moglie lo aveva instradato
per acquisire l’autostima necessaria a conseguire il successo.
Tra gli italiani, pochi in verità, pubblicati in America da
Penguin Books, come essere editi, in Italia, da Adelphi, Severgnini ha percorso
le vie del mondo per tornare sui suoi passi a rintracciare le orme del passato,
di un padre, notaio in Crema, morto quasi centenario, appassionato di solidarietà, un gesto, affatto parola, al quale
legare l’intero ciclo della propria vita.
Con Italiani si diventa, e La vita è un viaggio, lo scrittore cremasco aveva
seguito le orme della vocazione, rintracciando all’interno di essa
l’insegnamento del padre, Angelo, codificato con Italiani
si rimane. Dall’erranza alla stanzialità, la distanza è stata
coperta dal ribelle Severgnini con una serie di atti, descritti attraverso la
sua infaticabile penna e affidati ai suoi
amici più cari, i lettori.
Adesso, chioma bianca e energia da millennial,
si accosta alla professione con l’entusiasmo di chi vuole lasciare eredità di
segreti e consigli, ai giovani. Non a caso, anni fa, in una preziosa
pubblicazione delle edizioni Corriere della Sera, curò
la sezione di scrittura giornalistica in Io scrivo.
Ecco, se la scrittura fosse un demone, come riferiremo in un
altro articolo, Severgnini ne è posseduto, sebbene non sia preda della
glossolalia, riesce a pregare, lodare e sacrificare alla letteratura con lo
stesso piglio di un narratore di razza.
Angelo Mattone
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