Di mafia non si parla
Politica | 17 settembre 2022
È da giorni che mi arrovello il cervello ascoltando le dichiarazioni rilasciate da vari esponenti politici, candidati o no alle prossime elezioni politiche e regionali. E, man mano che ascolto tento di andare alla ricerca di qualcuno che faccia anche solamente un piccolo cenno al problema "mafia" e ai programmi eventualmente posti in essere dai partiti con l’intento di consegnare alla magistratura ed alle forze dell’ordine, tutti gli strumenti giuridici necessari affinché la lotta alla criminalità organizzata possa finalmente restituire risultati soddisfacenti.
Nessuno ha speso una sola parola, eccezion fatta ovviamente per Roberto Scarpinato. Ma su di lui nessuno poteva avere dubbi; la lotta a "cosa nostra" è stata e continua ancor oggi, ad essere il suo "credo" quotidiano e quindi non perde l’occasione per trattare l’argomento facendo sentire la sua voce rassicurante.
Purtroppo però è una sola voce alla quale nessuno altro ha sentito il dovere – almeno finora - di associarsi.
C’è qualche partito politico o coalizione che oggi può affermare in tutta sincerità che nei propri programmi esistono nuovi strumenti o stanziamenti per combattere il cancro della mafia? Pare proprio di no.
E allora la spiegazione non può che essere una sola, la solita: la normalizzazione del fenomeno. Il fenomeno mafia è divenuto un vero e proprio sistema che si è radicalizzato anche nella cultura della gente comune. Nessuno se ne accorge più.
Oggi si parla, giustamente, di pandemia, di guerra russo-ucraina, di gas e di fonti energetiche, di bollette. Si parla cioè – come è giusto che sia – di tutti quei problemi che investono direttamente la società civile, ignara purtroppo del fatto che all’ombra di quei problemi ne esiste un altro ben più consistente: la mafia.
Come ho sempre sostenuto nei miei vari interventi scritti e in pubblico: “la mafia c’è ma non si vede”.
Qualche tempo fa sono allibito quando un noto politico palermitano – paladino della legalità – ebbe a dire che Palermo ormai era affrancata dalla mafia per via dell’impegno e dei positivi risultati della magistratura e delle forze dell’ordine. E infatti è vero che la lotta alla criminalità organizzata ha dato risultati apprezzabili e soddisfacenti ma affermare addirittura che Palermo si è liberata della mafia, mi pare un’affermazione eccessiva e smisurata. E non fu il solo perché molti altri si appropriarono di tale attestazione. In quell’occasione pensai subito che si fosse trattato di una dichiarazione scellerata magari “voce dal sen fuggita”.
Ebbene, oggi mi devo forse ricredere? Nessuna scelleratezza?
No! La mafia c’è, esiste ancora e riesce a riorganizzarsi trasformandosi, con una capacità camaleontica fino a divenire "normalità".
D’altronde il legislatore non ha fatto quasi nulla e, per quanto possa avere adottato strumenti legislativi di lotta, è riuscito solo a mettere nelle mani della magistratura e delle forze dell’ordine, strumenti non sempre validi e talvolta paradossalmente utili solamente a garantire il "sistema".
Ecco il motivo per cui in campagna elettorale non si parla di mafia. Meglio tacere sull’argomento, tanto la gente non se ne accorge e, seppure se ne dovesse accorgere, si gira dall’altra parte.
E allora, egregi candidati, mancano solo pochi giorni, approfittatene e venite allo scoperto spiegando alla gente che la politica c’è e lo Stato c’è. Spiegate – se così veramente fosse – che i vostri programmi contengono leggi rigorose e severe per combattere la mafia.
Purtroppo però questo inquietante silenzio si verifica quando nella scena politica siciliana appaiono nuovamente, risorti dalle carceri, eccellenti criminali, che con arroganza rinnovata, tentano il colpo grosso in politica per riappropriarsi di quei posti di potere che erano stati costretti ad abbandonare temporaneamente per motivi di detenzione.
Ma v’è di più!
Il centro-destra propone, quale candidato alla presidenza della Regione il senatore Renato Schifani, con processo a carico nell’inchiesta riguardante Antonello Montante.
E anche per questo, il silenzio è d’obbligo cosicché i manovratori possano lavorare indisturbati.
di Elio Collovà
Nessuno ha speso una sola parola, eccezion fatta ovviamente per Roberto Scarpinato. Ma su di lui nessuno poteva avere dubbi; la lotta a "cosa nostra" è stata e continua ancor oggi, ad essere il suo "credo" quotidiano e quindi non perde l’occasione per trattare l’argomento facendo sentire la sua voce rassicurante.
Purtroppo però è una sola voce alla quale nessuno altro ha sentito il dovere – almeno finora - di associarsi.
C’è qualche partito politico o coalizione che oggi può affermare in tutta sincerità che nei propri programmi esistono nuovi strumenti o stanziamenti per combattere il cancro della mafia? Pare proprio di no.
E allora la spiegazione non può che essere una sola, la solita: la normalizzazione del fenomeno. Il fenomeno mafia è divenuto un vero e proprio sistema che si è radicalizzato anche nella cultura della gente comune. Nessuno se ne accorge più.
Oggi si parla, giustamente, di pandemia, di guerra russo-ucraina, di gas e di fonti energetiche, di bollette. Si parla cioè – come è giusto che sia – di tutti quei problemi che investono direttamente la società civile, ignara purtroppo del fatto che all’ombra di quei problemi ne esiste un altro ben più consistente: la mafia.
Come ho sempre sostenuto nei miei vari interventi scritti e in pubblico: “la mafia c’è ma non si vede”.
Qualche tempo fa sono allibito quando un noto politico palermitano – paladino della legalità – ebbe a dire che Palermo ormai era affrancata dalla mafia per via dell’impegno e dei positivi risultati della magistratura e delle forze dell’ordine. E infatti è vero che la lotta alla criminalità organizzata ha dato risultati apprezzabili e soddisfacenti ma affermare addirittura che Palermo si è liberata della mafia, mi pare un’affermazione eccessiva e smisurata. E non fu il solo perché molti altri si appropriarono di tale attestazione. In quell’occasione pensai subito che si fosse trattato di una dichiarazione scellerata magari “voce dal sen fuggita”.
Ebbene, oggi mi devo forse ricredere? Nessuna scelleratezza?
No! La mafia c’è, esiste ancora e riesce a riorganizzarsi trasformandosi, con una capacità camaleontica fino a divenire "normalità".
D’altronde il legislatore non ha fatto quasi nulla e, per quanto possa avere adottato strumenti legislativi di lotta, è riuscito solo a mettere nelle mani della magistratura e delle forze dell’ordine, strumenti non sempre validi e talvolta paradossalmente utili solamente a garantire il "sistema".
Ecco il motivo per cui in campagna elettorale non si parla di mafia. Meglio tacere sull’argomento, tanto la gente non se ne accorge e, seppure se ne dovesse accorgere, si gira dall’altra parte.
E allora, egregi candidati, mancano solo pochi giorni, approfittatene e venite allo scoperto spiegando alla gente che la politica c’è e lo Stato c’è. Spiegate – se così veramente fosse – che i vostri programmi contengono leggi rigorose e severe per combattere la mafia.
Purtroppo però questo inquietante silenzio si verifica quando nella scena politica siciliana appaiono nuovamente, risorti dalle carceri, eccellenti criminali, che con arroganza rinnovata, tentano il colpo grosso in politica per riappropriarsi di quei posti di potere che erano stati costretti ad abbandonare temporaneamente per motivi di detenzione.
Ma v’è di più!
Il centro-destra propone, quale candidato alla presidenza della Regione il senatore Renato Schifani, con processo a carico nell’inchiesta riguardante Antonello Montante.
E anche per questo, il silenzio è d’obbligo cosicché i manovratori possano lavorare indisturbati.
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