Dalla vittoria di Mahmood un piccolo grande segnale in controtendenza
C’è
un’altra Italia che emerge dalla vittoria di Mahmood al 69.o
Festival della canzone italiana di Sanremo. Un piccolo grande segnale
in controtendenza rispetto al clima politico imperante, nella
vittoria assolutamente a sorpresa di questo ragazzo di 26 anni nato e
cresciuto a Milano da madre sarda e padre egiziano. Un “nuovo
italiano”, come l’albanese Ermal Meta, vincitore lo scorso anno
assieme a Fabrizio Moro.
Al
netto delle polemiche in sala stampa e sui social di Ultimo, che
forse si sentiva già la vittoria in tasca e in effetti avrebbe
stravinto se il televoto non fosse stato “corretto” dal responso
delle giurie (quella degli esperti che contava per il 20 per cento,
quella della sala stampa che esprimeva il 30 per cento).
Al
netto della clamorosa contestazione della platea del Teatro Ariston
all’annuncio del quarto posto di Loredana Bertè, la cui canzone
probabilmente avrebbe meritato maggiormente la vittoria o almeno il
podio: sarebbe stato quasi un premio alla carriera, alla vigilia
della fiction che Raiuno dedicherà nei prossimi giorni alla sorella
Mia Martini, scomparsa nel ‘95.
Al
netto del “caso Achille Lauro”, la cui “Rolls Royce” è stata
accusata sin dal titolo (il nome della celebre marca di automobili è
lo stesso impresso su alcune pasticche di Ecstasy…) di essere
infarcita di riferimenti all’uso delle droghe. La verità è che la
canzone spacca, funziona, un rock che rimane in testa. Qualcuno si è
spinto a paragonarla alla “Vita spericolata” con cui Vasco Rossi
lasciò un segno indelebile nel Sanremo dell’83.
Al
netto di queste e altre cose (le polemiche della vigilia sulle frasi
di Baglioni sui migranti, il clima da “libertà vigilata” che
sembrava incombere sulle serate, l’esplosione liberatoria dei venti
minuti contro tutto e tutti di Pio e Amedeo, senza censura né
autocensura…), rimane questa vittoria che ha fatto storcere la
bocca a molti, ma è un bel segnale per tutti coloro che lo vogliono
cogliere.
Alessandro
Mahmoud, in arte Mahmood, nato nel 1992, si fece veder per la prima
volta nell’edizione 2012 di “X Factor”. Concorreva nella
categoria Under Uomini, eliminato alla terza puntata. Tre anni dopo
vince il concorso Area Sanremo, che gli vale l’accesso al Sanremo
Giovani del 2016. Quarto con il brano “Dimentica”. Da notare che
quella finale di Sanremo Giovani (al comando del Festival c’era
Carlo Conti) ha espresso i vincitori delle edizioni successive:
Gabbani nel 2017, il citato Ermal Meta nel 2018, appunto Mahmood
quest’anno. Occhio agli altri finalisti di quell’anno,
insomma…
Ma
torniamo a noi. Due mesi fa il ragazzo milanese vince con “Gioventù
bruciata” il Sanremo Giovani collegato all’edizione 2019 del
Festival (l’altro vincitore: Einar) e per la prima volta anticipato
e staccato temporalmente dalla kermesse. Vittoria che gli apre le
porte della rassegna, fino alla clamorosa vittoria finale.
La
sua “Soldi” comincia così: “In periferia fa molto caldo, Mamma
stai tranquilla sto arrivando, Te la prenderai per un bugiardo, Ti
sembrava amore era altro, Beve champagne sotto Ramadan, Alla tv danno
Jackie Chan, Fuma narghilè mi chiede come va, Mi chiede come va come
va come va, Sai già come va come va come va, Penso più veloce per
capire se domani tu mi fregherai, Non ho tempo per chiarire perché
solo ora so cosa sei, È difficile stare al mondo quando perdi
l’orgoglio lasci casa in un giorno, Tu dimmi se pensavi solo ai
soldi soldi soldi…”.
Mahmood
spiega che il testo parla di quanto i soldi possono cambiare i
rapporti all’interno di una famiglia, a scapito dei valori veri. A
casa parla in sardo, non l’arabo, dice che la frase in arabo nel
testo (“Figlio mio, amore, vieni qui…”) è un ricordo della sua
infanzia. Definisce il suo un “Morocco pop”, afferma di essere
cresciuto musicalmente con Battisti, Dalla, De Gregori e le canzoni
arabe di suo padre. Il suo motto? “Non fare agli altri ciò che non
vorresti gli altri facessero a te…”.
Il
“nuovo italiano” Mahmood rappresenterà il nostro Paese al
prossimo EuroFestival. (Articolo21.org)
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