Dalla rivoluzione al governo sotto tutela, la resistenza di Crocetta
Politica | 14 luglio 2015
Dalla rivoluzione fallita con la «giunta supersonica» di Zichichi e
Battiato, al 'commissariamentò di pezzi di amministrazione, come nel caso del bilancio con
l'assessore 'inviatò da Roma (Alessandro Baccei) per risanare i conti disastrosi e ai
summit a Palazzo Chigi con ministri, sottosegretari e big siciliani del Pd ma senza il
presidente della Regione siciliana. Fino all'ipotesi di elezioni anticipate ad aprile,
caldeggiata negli ultimi giorni dai renziani e 'sfumatà, almeno per ora, sotto le resistenze di
quel plotone di deputati che malvolentieri mollerebbe le 90 poltrone dell'Assemblea
regionale siciliana, anche perchè dalla prossima legislatura gli scranni saranno ridotti a 70.
Rosario Crocetta, insomma, sembra avere sette vite. L'uomo solo, in realtà, non è così
solo.
Il governatore della Sicilia non molla. E neppure i suoi alleati: nonostante proclami,
sgambetti, maldipancia, ambizioni e mozione di sfiducia in casa, come quella minacciata
dal deputato dem Fabrizio Ferrandelli. Le dimissioni di tre assessori in pochi giorni, tra le
quali spiccano quelle di Lucia Borsellino, fin dall'inizio a fianco di Crocetta, sembravano
avere messo fine all'«epopea» del «presidente rivoluzionario» che si autodefinisce più
rottamatore dei renziani e più grillino dei grillini. Giampiero D'Alia, Davide Faraone, Enzo
Bianco solo alcuni dei nomi già in campo per il post.
Ancora una volta, però, la realpolitik, ha stoppato il countdown. Crocetta rimane in sella:
«Il mio governo porterà la Regione a fine legislatura», dice dopo la tempesta. Intanto, il Pd
rafforza il suo 'pesò piazzando l'ex capogruppo all'Assemblea nella giunta, Baldo
Gucciardi (delega alla Sanità, il 37mo assessore in tre anni) e l'Udc placa i suoi ardori con
l'ingresso nell'esecutivo dell'ex segretario regionale Giovanni Pistorio (delega alla
Funzione pubblica). Certo, i cespugli della maggioranza, come Sicilia democratica e Pdr,
mugugnano. Ma una soluzione soft la politica la trova sempre. Sicuramente, avverte
Crocetta, «non voglio sentire proposte di rimpastoni o rimpastini». Avanti così. Anche se
nel Pd gli ex cuperliani sono convinti che «non è più il governo di Crocetta ma con
Crocetta». E il governatore, sotterra l'ascia, facendo il moderato: «Io voglio rinnovare il
patto di governo con le forze alleate». E parla «di lealtà con tutto il Parlamento e di
confronto pattizio con il governo del Paese», messaggio rivolto a quei 'renzianì pronti a
farlo cadere a ogni passo falso. Per Crocetta «si può fare, dunque». E «in questo 'we can'
che - insiste il presidente - noi lanciamo l'idea di una Sicilia che si rinnova per candidarsi a
diventare una delle regioni più moderne e avanzate d'Europa, attraverso un rapporto
rinnovato di relazioni con l'Europa stessa e con lo Stato e una grande proiezione nel
Mediterraneo». Le riforme da fare, quelle che tutti invocano nella maggioranza e nelle
opposizioni, però rimangono al palo. Solo alcune: acqua pubblica, rifiuti, Province,
formazione professionale. Ancora: Camere di commercio, testo unico delle attività
produttive, liquidazione e dimissione degli enti pubblici ritenuti inutili. Infine la riforma
elettorale. Forse quella che sta più a cuore, 20 posti in meno all'Ars dalla prossima
legislatura non è questione da poco.
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